Sarà la bacchetta di Juanjo Mena (nella foto di Michal Novak), alla testa dell’Orchestra del Teatro La Fenice, a chiudere la Stagione Sinfonica 2023-2024 della Fondazione Teatro La Fenice. Nell’ultimo concerto in cartellone, in programma il 18, 19 e 20 ottobre 2024, il maestro spagnolo proporrà il virtuosistico Rach3, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in re minore op. 30 di Sergej Rachmaninov che sarà interpretato nella parte solistica da Nicolò Cafaro (foto in basso), vincitore della trentottesima edizione del Premio Venezia e il Concerto per orchestra di Witold Lutosławski. Delle tre repliche del concerto, la prima di venerdì 18 ottobre ore 20.00 (turno S) sarà trasmessa in diretta Rai Radio3; la replica di sabato 19 ottobre ore 20.00 fuori abbonamento sarà aperta a tutto il pubblico mentre quella di domenica 20 ottobre ore 17.00 – già esaurita – è riservata agli studenti under35 di Esu Venezia e Padova, che potranno accedervi con un biglietto a prezzo super-agevolato di €10,00 grazie alla promozione La Fenice è giovane. Il concerto è realizzato in collaborazione con McArthur Glen Designer Outlet e Bellussi Spumanti e con il sostegno di ESU Venezia e Padova.
Sergej Rachmaninov (1873-1943) compose il Concerto per pianoforte n. 3 nell’estate del 1909, durante il suo soggiorno nella campagna nella tenuta di famiglia a lvanovka, non lontano di Mosca. Pensò a questa creazione come a una sorta di biglietto da visita per l’imminente tournée negli Stati Uniti. Lo eseguì infatti per la prima volta in pubblico al Metropolitan il 28 novembre 1909, con la New York Symphony Orchestra diretta da Walter Damrosch, e due mesi dopo alla Carnegie Hall, con la New York Philharmonic Orchestra diretta da Gustav Mahler. L’accoglienza, sulle prime, non fu entusiastica, a causa della lunga durata del pezzo (45 minuti), della struttura formale inusuale e del carattere tormentato. Anche le difficoltà estreme della parte solistica – il concerto era dedicato al pianista Józef Hofmann, uno dei maggiori virtuosi dell’epoca, che però non lo suonò mai in pubblico – furono un ostacolo alla sua iniziale diffusione. Tutto il concerto appare congegnato come un unico organismo, imperniato su una cellula che si sviluppa nel primo e nel terzo movimento (con il secondo in funzione di intermezzo), basato sulla proliferazione dei motivi e sulla metamorfosi continua del materiale melodico. L’orchestrazione, nitida e brillante, trascolora spesso in zone delicate e cameristiche, così come la scrittura pianistica, che alterna una grande varietà di soluzioni, dal virtuosismo incandescente a squarci di puro lirismo, dalla densa scrittura accordale ai leggeri passaggi di agilità.
Il Concerto per orchestra di Witold Lutosławski (1913-1994) nacque nel 1950 su commissione di Witold Rowicki, direttore della Filarmonica di Varsavia, che propose al compositore di Varsavia di scrivere un pezzo per orchestra dal carattere brillante, per celebrare la rinascita di quell’orchestra dopo le devastazioni dell’occupazione tedesca. Lutosławski ebbe così modo di innestare frammenti del repertorio folklorico polacco in un importante pezzo per orchestra, al quale lavorò molto lentamente, come sua consuetudine, per circa quattro anni: nacque così il Concerto, diretto il 26 novembre 1954 dallo stesso Rowicki, e accolto subito con grande successo (con l’attribuzione del Premio di Stato), anche se il compositore lo considerò sempre un «lavoro marginale» nella sua produzione, che poi volse alla ricerca di nuove tecniche armoniche e di nuove strutture formali. Oltre alla maestria nella scrittura orchestrale, e alla ricchezza dell’invenzione timbrica, questa partitura mostra una chiara impronta bartókiana, paragone obbligato, non solo perché Bartók fu uno dei principali modelli cui Lutosławski si ispirò nella sua prima fase creativa, ma anche per l’esplicito riferimento al Concerto per orchestra composto da Bartók dieci anni prima. Nella sua partitura, Lutosławski incorporò undici melodie popolari della Masovia (regione della Polonia intorno a Varsavia), raccolte dall’etnografo Oskar Kolberg e pubblicate nel 1880, creando una trama sotterranea che lega insieme i tre movimenti. Queste melodie non servono però a creare atmosfere contadine o danzanti, ma sono usate come microstrutture ritmico-intervallari che consentono al compositore (seguendo l’insegnamento del suo maestro Witold Maliszewski) di creare sofisticate trame contrappuntistiche, articolati e incalzanti sviluppi, subordinando così il carattere ‘nazionale’ del materiale tematico alla pura invenzione compositiva.
Il concerto di venerdì 18 ottobre 2024 sarà preceduto da un incontro a ingresso libero con il musicologo Roberto Mori, che dalle 19.20 alle ore 19.40 illustrerà il programma musicale nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice.
Main partner della Stagione è Intesa Sanpaolo.
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