giovedì 29 febbraio 2024

Orchestra Sinfonica di Milano | Crescendo in musica - Musica Maestre!, sabato 9 marzo, Auditorium di Milano

 

Musica Maestre!
Con la rassegna Crescendo in musica, la rassegna dell’Orchestra Sinfonica di Milano dedicata ai più piccoli, si celebra la Giornata della Donna all’Auditorium di Milano!
Sabato 9 marzo 2023 ore 16
Emilie Mayer Sinfonia no. 1 in Do minore (primo movimento)
Arturo Marquez Danzòn no. 2
Clara Schumann Piano trio in sol minore op. 17 (terzo movimento)
Louise Farrenc Overture no. 2 in Mib maggiore op. 24
Orchestra Sinfonica di Milano
Zoe Marigo e Francesca Massari Attrici
Giorgia Bolognani Progetto e Regia
Azzurra Steri Direttrice
In collaborazione con Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi 

Prosegue la rassegna “Crescendo in musica” dell’Orchestra Sinfonica di Milano, programmazione dedicata ai più piccoli. Sabato 9 marzo alle ore 16 si celebra con il pubblico più giovane la Giornata Internazionale della donna (8 marzo) consci dell’importanza del trasmettere alle nuove generazioni il valore simbolico di questa ricorrenza.
Uno spettacolo, ovviamente, dedicato al mondo femminile: compositrici, direttrici d’orchestra, attrici, registe, e molto altro. La protagonista di questo spettacolo musicale per bambini, dopo molti “no” e molti “non sei capace”, per dimostrare il suo valore, compirà un avventuroso viaggio nel tempo in giro per il mondo per incontrarle, scoprire le loro storie e la loro musica e raccontarle a tutti, accompagnata dall’Orchestra Sinfonica di Milano diretta da Azzurra Steri (nella foto), in uno spettacolo in collaborazione con la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, per la regia di Giorgia Bolognani, con Zoe Marigo e Francesca Massari come attrici.
Per l’occasione, un programma tutto dedicato alle grandi compositrici della storia, con un particolare riferimento a tre meravigliose artiste europee dell’Ottocento: Emilie Mayer, compositrice romantica incredibilmente prolifica, autrice di otto sinfonie e più di quindici Ouverture per orchestra, il primo movimento della Sinfonia no. 1 in Do minore, Clara Schumann, musicista di enorme talento, una delle pianiste più formidabili di sempre e grande compositrice, di cui viene eseguito il terzo movimento dal Trio per pianoforte in sol minore op.14, e Louise Farrenc, compositrice francese di enorme talento, autrice di splendide pagine di pianistiche, cameristiche e sinfoniche, ampiamente apprezzate dalla critica del tempo e senza dubbio alla pari con quella composta dai più ben noti compositor di sesso maschile della sua epoca. Di Farrenc viene proposta l’Ouverture no. 2 in Mi bemolle maggiore op. 24. Completa il programma Danzòn no. 2 di Arturo Marquez.
Crescendo in Musica, la rassegna dedicata ai più giovani e alle loro famiglie, si svolge sabato pomeriggio alle ore 16.00. L’Orchestra Sinfonica di Milano propone una serie di concerti-spettacolo in cui la grande musica viene proposta in una forma adatta ai piccoli spettatori e declinata in una forma interattiva di spettacolo. Una serie di appuntamenti che compongono un’entusiasmante rassegna dedicata ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie, con lo scopo di far comprendere sia l’importanza che svolge la musica nel percorso di formazione di ognuno di noi, sia per contribuire ad avvicinare il pubblico dei più piccoli.

La Stagione 2023/2024 dell’Orchestra Sinfonica di Milano è realizzata con il sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Lombardia, del Comune di Milano, di Fondazione Cariplo e dei Fondatori Promotori Città Metropolitana di Milano, Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, Banco BPM e Intesa Sanpaolo.
Biglietti
Intero: 15 €. Over 60 e Convenzioni: 13 €. Under 30: 13 €. Sostenitori: 10 €.
I biglietti sono in vendita presso la biglietteria dell’Auditorium di Milano, oppure online su Vivaticket.

BEATRICE DI TENDA IN SCENA DAL 15 AL 22 MARZO 2024 AL CARLO FELICE DI GENOVA

 


Beatrice di Tenda, tragedia lirica in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani – il sesto titolo della Stagione Lirica 2023-2024 dell’Opera Carlo Felice – sarà in scena venerdì 15 marzo alle ore 20.00. Tornerà sul podio Riccardo Minasi, direttore musicale del Teatro, per la regia di Italo Nunziata, assistente alla regia Danilo Rubeca, e con le scene di Emanuele Sinisi, i costumi di Alessio Rosati, e le luci di Valerio Tiberi. Orchestra, coro e tecnici dell’Opera Carlo Felice. Maestro del coro Claudio Marino Moretti. Il nuovo allestimento è stato realizzato dalla Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e in occasione del progetto “Genova capitale del Medioevo 2024”.
Beatrice di Tenda sarà in replica domenica 17 marzo alle ore 15.00, martedì 19 marzo alle ore 20.00 e venerdì 22 marzo alle ore 20.00.
 
Il cast si compone di Mattia Olivieri (Filippo Maria Visconti), Angela Meade (nella foto, Beatrice di Tenda), Carmela Remigio (Agnese del Maino), Francesco Demuro (Orombello), Manuel Pierattelli (Anichino) e Giuliano Petouchoff (Rizzardo del Maino).
 
Beatrice di Tenda è il penultimo melodramma di Vincenzo Bellini, composto in soli due mesi all’inizio del 1833 su libretto di Felice Romani. Il debutto avvenne al Teatro La Fenice di Venezia durante il Carnevale dello stesso anno, con il celebre soprano Giuditta Pasta a vestire i panni della protagonista. Beatrice di Tenda è l’unico dramma storico nel catalogo belliniano, e si ispira a una vicenda di cronaca accaduta nel 1418 presso il Castello di Binasco, vicino a Milano. La figura di Beatrice, eroina pura e simbolo di virtù, era particolarmente adatta all’espressione melodrammatica di Bellini, che al suo personaggio dedicò alcune tra le arie più toccanti e ispirate. La natura stessa dell’intreccio, dove trovano posto contrasti, tensioni, desideri e implacabili forme di risolutezza, permise al compositore, nel pieno della propria maturità artistica, di esprimersi attraverso una scrittura intensa e ricca di sottili sfumature.
Commenta Riccardo Minasi (nella foto): «Quest’anno è una grande gioia per me, ma soprattutto un onore, avere l’opportunità di dirigere questa produzione del dramma storico Beatrice di Tenda: è il terzo titolo con il quale ho l’opportunità di misurarmi con il genio compositivo di Vincenzo Bellini e un’occasione splendida dopo l’importante esperienza vissuta sempre qui al Teatro Carlo Felice, l’anno scorso, in occasione della messa in scena di Norma. Nelle prossime settimane, assieme alle straordinarie compagini del coro e dell’orchestra del Carlo Felice ed un cast d’eccellenza, ci accingeremo ad affrontare la messa a punto di una partitura di rara bellezza ed egual valore rispetto a titoli più noti. Vincenzo  Bellini è un compositore a cui sono molto legato. La grande cura per il significato espressivo della musica legato alla parola, elemento cardine dell’estetica delle sue opere, rappresenta ogni volta una nuova sfida nel costante tentativo di porre un’attenzione particolare proprio a questo aspetto, per restituire fedelmente al pubblico le intenzioni della sua musica. Un ringraziamento speciale è rivolto alla sovrintendenza e alla direzione artistica del Carlo Felice per questa ennesima opportunità nel cammino comune intrapreso nell’ultimo anno e mezzo».
La regia di Italo Nunziata (nella foto) mette in luce le implicazioni narrative e psicologiche che definiscono i personaggi: «Tutto è già successo, tutto è avvenuto prima. All’aprirsi del sipario di Beatrice di Tenda, ci troviamo di fronte immediatamente ad un presente del quale avvertiamo la tragicità, in una atmosfera cupa e pesante di ambientazione “gotica”. La sensazione di uno spazio chiuso, dove però sentimenti e passioni possono dominare incontrastati fino quasi ad annullare ogni altra forma di volontà, guidati ad un destino ineluttabile. […] In accordo con lo scenografo Emanuele Sinisi, abbiamo coinvolto nel progetto scenografico, per la prima e l’ultima immagine dello spettacolo, l’artista fotografo finlandese Ola Kolehmainen, che si occupa di spazio, luce e colore attorno all’architettura storica. Insieme a questo, l’utilizzo di dagherrotipi o vecchie foto consunte dal tempo e dal ricordo. Immagini inserite all’interno di una sorta di spazio/agone dove i protagonisti sono quasi costretti ad affrontarsi all’interno del loro dramma, circondati da alcune pareti di specchio che stanno perdendo la loro argentatura di fondo come mangiati dal tempo e dall’incuria, da fondali/pareti anche essi in decadimento e forati da squarci o da rotture che sembrano ormai insanabili. I cambi di scena avvengono senza soluzione di continuità a sottolineare l’ineluttabilità della vicenda. Così come per le scene, in accordo con il costumista Alessio Rosati, anche per i costumi abbiamo trasportato il racconto agli ultimi anni del diciannovesimo secolo, ultimo ed estenuato baluardo di una vita di corte e di regole e comportamenti precisi con i quale relazionarsi all’interno di quel mondo. Abiti come involucri destinati a “vestire” di apparenza, a rilevare intenzioni, a dimostrare il potere e al tempo stesso la fragilità umana, severi nelle loro leggi ferree e integrati totalmente nel meccanismo sociale».


Dichiara il Sovrintendente: «Beatrice di Tenda di Bellini su libretto del genovese Felice Romani torna in scena al Teatro Carlo Felice a quarant'anni di distanza dall'ultima rappresentazione a Genova. Una lunga attesa per un'opera imperdibile e di rara esecuzione, che ha visto le compagini artistiche e tecniche del Teatro fortemente impegnate e motivate, dopo i grandi successi di Madama Butterfly e Idomeneo. Si tratta di una nuova coproduzione tra il nostro Teatro e il Teatro La Fenice di Venezia con la direzione musicale di Riccardo Minasi. Italo Nunziata firma la regia di questo nuovo progetto che vede ancora impegnato il Carlo Felice nella sistematica collaborazione con altre istituzioni musicali nazionali ed internazionali, quali il Teatro Alla Scala di Milano, il Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, la Royal Opera House di Muscat, il Teatro Nazionale di Zagabria, etc. In parallelo con la Stagione d'opera proseguono con successo le programmazioni della Stagione Sinfonica e di Liguria Musica, insieme con le attività dell'Accademia di Canto ed il ciclo della musica vocale da camera».
 

Jessica Nicolini, coordinatrice delle politiche culturali di Regione Liguria, commenta: «Un nuovo grande appuntamento con il nostro Teatro Carlo Felice, pronto a portare sul palcoscenico l’opera di Vincenzo Bellini, padre del melodramma romantico italiano, Beatrice di Tenda, la penultima opera della produzione belliniana. Amore, tradimenti, odi e grandi emozioni con le grandi scene che vedono protagonisti la moglie del Duca di Milano, Beatrice, condannata a morte insieme al suo amante. Un dramma storico risalente al 1418, segno di un grande rinnovamento del Teatro che ha saputo, in questi anni, aprirsi a un pubblico giovane come non l’avevamo mai visto, grazie alla sua generosità e a una programmazione mai banale, oltre che alla presenza dei talentuosi professori d’orchestra e dei suoi artisti. Non dimentichiamo inoltre che proprio nel 2024 si celebreranno i 174 anni di storia dell’orchestra che per la prima volta in Italia è stata diretta con la bacchetta da Angelo Mariani. Una curiosità per un luogo che merita tutto il nostro appoggio, anche per i continui riconoscimenti che sta ricevendo a livello anche internazionale. È infatti reduce del successo in Oman alla Royal Opera House di Muscat del Sogno di una notte di mezza estate. Non è un caso infatti che Regione ed io personalmente come coordinatrice delle politiche culturali abbia voluto recentemente consegnare la Croce di San Giorgio al grande tenore genovese Francesco Meli, uno dei più noti a livello internazionale, la massima onorificenza che la Regione tributa a cittadini che si siano distinti per particolari meriti di carattere culturale, sociale o morale. Un riconoscimento a cui è seguito un concerto aperto alla città che ha visto la partecipazione di tantissimi giovani. Un grande segno di vita per il pianeta lirico che ha saputo aprirsi anche ai giovanissimi grazie a una programmazione innovativa. Tante attività a tutte le latitudini, che vedranno ad esempio il Teatro pronto a sbarcare a New York nel mese di ottobre per sempre nuove emozionanti avventure sotto il segno della musica e dei talent».


MIA - MUSICA INSIEME IN ATENEO 2024 - I concerti di marzo 2024

 
MIA - MUSICA INSIEME IN ATENEO 2024
XXVI edizione
DAMSLAB / Auditorium
Piazzetta Pier Paolo Pasolini 5/b - Bologna


Mercoledì 13 marzo 2024 ore 19.30
THE BALKAN BAROQUE PROJECT
Zefira Valova 
violino
Meila Tomé Pihler 
flauto traverso, flauto dolce
Rosita Ippolito 
viola da gamba
Predrag Gosta 
clavicembalo

Musiche di Telemann

Le multiformi radici culturali dei membri di questo Ensemble, al suo debutto a Bologna, si rispecchiano nelle sonorità e nelle tradizioni “colte”, ma anche nei variopinti colori e nell’energia della musica popolare balcanica


Mercoledì 27 marzo 2024 ore 19.30
VILLE LUMIÈRE
Alessio Bidoli violino
Matilda Colliard (nella foto) violoncello
Bruno Canino pianoforte

Musiche di Debussy, Fauré, Saint-Saëns, Ravel
in collaborazione con La Soffitta – Dipartimento delle Arti

Quattro pietre angolari della grande musica francese a cavallo fra Otto e Novecento campeggiano in questo programma tutto “parigino”, che ricorda anche, con il suo splendido Trio, il 100° anniversario della morte di Gabriel Fauré.
 
 
BIGLIETTERIA
Posto unico € 10
Ingresso gratuito per tutti gli studenti e per il personale docente e tecnico-amministrativo dell'Università di Bologna, su presentazione del proprio badge. 

Musica Insieme - I concerti di marzo/aprile 2024

 I CONCERTI 2023|2024

XXXVII edizione
Teatro Auditorium Manzoni (Via de' Monari 1/2, Bologna)  


Lunedì 4 marzo 2024 ore 20.30
ORCHESTRA DEL MOZARTEUM DI SALISBURGO
LUIGI PIOVANO violoncello solista e direttore
Musiche di Šostakovič, Mozart

Il grande violoncellista abruzzese corona la sua residenza a Musica Insieme alla guida della gloriosa compagine austriaca


Lunedì 11 marzo 2024 ore 20.30
DOMENICO NORDIO violino
GIOVANNI GNOCCHI violoncello
ORAZIO SCIORTINO pianoforte
LAURA MORANTE attrice
Musiche di Lizst, Szymanowski, Janáček

Un progetto assolutamente inedito: non un melologo in senso stretto, ma un affascinante intrecciarsi di musica e parole interpretate da un trio di solisti e dalla voce di una delle più brillanti attrici italiane



Lunedì 8 aprile 2024 ore 20.30
ALESSIO ALLEGRINI corno
MARCO RIZZI violino
BENEDETTO LUPO pianoforte
Musiche di Brahms, Ligeti, Bartók

Tre solisti tra i più preparati del panorama internazionale, che si ritrovano insieme per costruire un programma a ‘geometrie variabili’ in un affascinante percorso che si snoderà tra Otto e Nocevento.

 

Lunedì 22 aprile 2024 ore 20.30
ANASTASIA KOBEKINA violoncello
JEAN- SÉLIM ABDELMOULA pianoforte
Musiche di Schumann, Šostakovič, Boulanger, Mjaskovskij

 Un doppio debutto a Bologna: la violoncellista definita “capace di superare i confini della musica classica” con il suo talento musicale unico in duo con Jean Selim Abdelmoula al pianoforte, definito dal New York Times “Un musicista insolitamente poetico”

 

BIGLIETTERIA
I biglietti, da € 10 a € 60, sono disponibili presso Bologna Welcome, online sul sito Vivaticket e nei punti vendita convenzionati. Il giorno del concerto, vendita biglietti presso il Teatro Manzoni a partire dalle ore 17.

Speciale riduzione dedicata agli studenti Under 25, che a Teatro potranno acquistare biglietti ridotti a € 10.


Domenica 3 marzo, al Teatro Niccolini, in concerto l’eclettico Vision String Quartet

 

Domenica 3 marzo, ore 21.00, presso il Teatro Niccolini, torna invece in Stagione il Vision String Quartet (nella foto di Harald Hoffmann). Moderni, dinamici, popolari sui social per la loro passione per le contaminazioni con altri generi musicali, suoneranno Prélude, B. 63 di Bloch, il Quartetto n. 2 in la minore, op. 13 di Mendelssohn e il Quartetto in do minore, op. 51 n. 1 di Brahms. Basta fare un giro su YouTube per trovarli in camicia hawaiana mentre si cimentano in una Samba per quartetto d'archi, o per ascoltarli in The Shoemaker, brano in cui la musica imita i suoni della bottega di un calzolaio.
Nel 2016 il Quartetto ha vinto tutti i premi speciali al Concorso Felix Mendelssohn-Bartholdy di Berlino e al Concorso Internazionale di Ginevra. Alla fine del 2016 l’ensemble ha ricevuto il prestigioso Würth Prize e il premio del pubblico al Mecklenburg-Vorpommern Festival.
Da allora può vantare una carriera costantemente in ascesa.
Il Quartetto sperimenta format concertistici innovativi che ha portato nelle principali sale da concerto, quali Elbphilharmonie Hamburg, Philharmonie di Berlino, Gewandhaus Leipzig, Oji Hall Tokyo, Philharmonie Luxembourg, Fick Collection New York e Wigmore Hall di Londra. È inoltre stato ospite di festival quali Festspiele Mecklenburg-Vorpommern, Rheingau, Schleswig-Holstein, Lucerna Music Festival, Trondheim e Aarhus Chamber Music Festival.
 
La Stagione Concertistica degli Amici della Musica di Firenze è realizzata con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Toscana, Comune di Firenze, Fondazione CR Firenze, Fondazione Carlo Marchi, American Friends of Florence Music, Unicoop Firenze.
 
I biglietti per i concerti sono in vendita online su Viva Ticket e nei punti vendita del circuito Viva Ticket.


Sabato 2 marzo in arrivo al Teatro della Pergola il mago del violoncello da spalla: debutta in Stagione Sergey Malov

 

Sabato 2 marzo, ore 16.00, al Teatro della Pergola, debutta in Stagione il poliedrico violinista russo Sergey Malov (nella foto, di Julia Wesely). Un programma in bilico tra Barocco e Novecento, tra Bach e Bartók, con una particolarità: oltre al violino Malov si esibirà al violoncello da spalla, raro strumento diffuso all'epoca di Bach ma poi caduto in disuso. Malov si è specializzato nella sua tecnica esecutiva diventando uno dei maggiori promotori del suo recupero in tempi moderni. 
Altra curiosità sarà l'esecuzione di brani originariamente per strumenti diversi, come Unisono da Mikrokosmos di Bartók (nato per pianoforte, eseguito al violoncello da spalla) e la celeberrima Toccata e fuga in re minore BWV 565 di Bach, per organo, proposta al violino.
Sergey Malov si è esibito come violinista e violista con le maggiori orchestre al mondo. Con il violino ha vinto premi al Concorso Paganini di Genova, al Concorso Mozart di Salisburgo, al Concorso Heifetz di Vilnius e al Concorso Michael Hill di Auckland. Con la viola ha ottenuto riconoscimenti al Concorso ARD di Monaco e al Concorso di viola di Tokyo.
 
La scorsa stagione ha visto Sergey Malov girare sempre più spesso il mondo come direttore e solista: è stato in tournée in Norvegia con l’Orchestra Sinfonica di Stavanger, e ha tenuto concerti con i Bochumer Symphoniker e La Cetra Barockorchester Basel.
Le registrazioni di Sergey Malov di opere di J.S. Bach, Paganini e Ysaÿe, tra le altre, sono state pubblicate da DECCA, EASonus, Hänssler Profil, Alba e Pan Classics, oltre che da Solo Musica. La sua registrazione delle 6 Suite per violoncello di Bach è stata premiata con l’OPUS Klassik 2021. La sua ultima pubblicazione è dedicata ai 24 Capricci di Paganini (Solo Musica, 2021).
I video con il suo Violoncello da Spalla hanno più di un milione di visualizzazioni in rete.

La Stagione Concertistica degli Amici della Musica di Firenze è realizzata con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Toscana, Comune di Firenze, Fondazione CR Firenze, Fondazione Carlo Marchi, American Friends of Florence Music, Unicoop Firenze.
 
I biglietti per i concerti sono in vendita online su Viva Ticket e nei punti vendita del circuito Viva Ticket.

Finalmente anche in Italia la prima integrale delle Arie per Voce Sola Op.8 di Barbara Strozzi come debutto discografico di Giulia Bolcato con ensemble Remér: una donna simbolo per una giovane soprano

 


Barbara Strozzi
Arie per voce sola Op.8
Giulia Bolcato, Soprano
Remer Ensemble
Doppio album Arion dicembre 2023, distribuito in Italia da marzo 2024
 
Il giovane soprano vicentino Giulia Bolcato ha scelto per il suo debutto discografico, nel pieno di una carriera in crescita sui migliori palchi internazionali, una produzione rara e sfidante: il primo integrale mai pubblicato delle Arie per Voce Sola Op.8 di Barbara Strozzi, caso unico a noi giunto di cantante, compositrice e performer di se stessa nella Venezia del ‘600, simbolo di tenacia e creatività al femminile da riscoprire guidati dall’impeccabile magistero, studio e dedizione di Giulia Bolcato.
 
«[...] e già che tanto non m’arestan le debolezze di Donna che più non m’inoltri il compatimento del Sesso, sopra lievissimi fogli volo devota ad’inchinarmi».
Barbara Strozzi dalla prefazione a Op.5
 
La modernità della frase di Barbara Strozzi, così attuale anche oggi, sarebbe di per sé ragione più che sufficiente per imparare a conoscere la storia di questa donna artista e compositrice eccellente, che sempre più spesso, grazie alla bellezza della sua musica, ricorre in tanti recital vocali, ma mai è stata presentata nell’interezza di un suo progetto musicale come Giulia Bolcato ha voluto fare con l’ensemble Remer (artigiano veneziano che dà forma a remi e forcole), creato appositamente dal soprano vicentino per questo album e la sua ventura declinazione dal vivo, scegliendo tra giovani musicisti esperti non solo di musica barocca, ma soprattutto del milieu culturale veneziano in cui si muoveva la Strozzi, al fine di rendere al meglio ogni sfumatura d senso, musicale e verbale, di ognuna delle dodici bellissime cantate dell’Opus 8. 
Paradossalmente libera di dedicarsi allo studio e all’arte proprio perché figlia illegittima, quindi priva di doveri sociali, Barbara nasce nella casa dell’intellettuale veneziano Giulio Strozzi, membro dell’Accademia degli Incogniti, cenacolo libertino che coltivava idee filosofiche al limite dell’eresia, un gusto letterario anticonformista e scabroso, posizioni oscillanti tra misoginia e proto-femminismo. Giulio ama la figlia e ne sostiene il talento, facendola studiare con Francesco Cavalli e fondando per lei un sottogruppo degli Incogniti dedicato alla musica, dove pare che Barbara, assai attiva e di riconosciuta arte, abbia addirittura avuto occasione di incontrare la star incontrastata del tempo, Monteverdi. Barbara, compositrice e interprete di sé stessa, nonostante il successo, il benessere economico, la stima degli ambienti dominanti per la sua arte, rimarrà comunque sempre nel sentire comune una variante colta e fors’anche stravagante di una prostituta poiché ai tempi, come scriveva l’Aretino, «il sonare è da donna vana et leggera». 
La difficile ambiguità della sua posizione, vissuta però con tenacia ed orgoglio, la forza e finezza del suo lavoro sia letterario sia musicale nei loro infiniti intrecci di senso e di forma, anche l’appartenenza alla stessa terra non potevano che colpire e sedurre il giovane soprano vicentino Giulia Bolcato, la cui versatilità e voce luminosa è già stata ampiamente apprezzata su palchi di grande prestigio, da Salisburgo all’Opera di Firenze, con un repertorio che spazia giustappunto dal Barocco ai ruoli di coloritura fino alla musica contemporanea: profilo dunque perfetto per dar voce alla Strozzi che scrive in quell’alba europea della musica vocale in cui la sensibilità dell’interprete diventa essenziale per una resa corretta e al contempo emotivamente coinvolgente.
Racconta Giulia: “Da musicista, sono sempre stata affascinata dalla musica del Seicento italiano e dalla sua straordinaria ricchezza espressiva, musica quasi esclusivamente scritta da compositori uo- mini; credo sia quindi estremamente interessante riconoscere e valorizzare il lavoro delle poche donne che hanno avuto il coraggio di sfidare lo stigma sociale proponendosi come musiciste e compositrici. Barbara Strozzi è, per molti aspetti, una figura eccezionale: non solo è una musicista professionista in un contesto prevalentemente maschile ma, come compositrice, dimostra un talento fuori dal comune grazie al quale riesce a fondere un’espressività musicale del tutto peculiare con una personalissima sensibilità poetica, creando opere di grande intensità emotiva. Vivo il mio lavoro con la consapevolezza che sono sempre più richieste anche capacità imprenditoriali e in questo aspetto ho trovato in Barbara Strozzi una fonte di ispirazione: cresciuta in una casa benestante da figlia illegittima, ha dovuto farsi strada sfidando le convenzioni e accettando di vivere quasi ai margini della società, dimostrando determinazione e abilità fuori dal comune nella creazione di opere di grande valore artistico. Pertanto, ho voluto fortemente incidere questo disco su Barbara Strozzi per celebrare la sua musica, la sua tenacia e per portare alla luce la bellezza e l’importanza storica della musica di questa incredibile compositrice.”.
Registrato nella vicentina Villa San Fermo di Lonigo, luogo per eccellenza di villeggiatura di quella nobiltà veneziana che la Strozzi deliziava pur rimanendone formalmente esclusa, tutto l’album rappresenta un omaggio appassionato, sincero ed al contempo raffinatissimo ad un mondo di grande eleganza, finezza ma anche crudeltà sociale, che la protagonista di allora visse con fierezza e la protagonista di oggi ci restituisce come spunto di riflessione sullo status della donna senza intaccare l’aura e il fascino che esso continua ad esercitare sulla nostra immaginazione.
 
Ensemble Remer:
    Federico Gugliemo ed Elisa Imbalzano, violini
    Ludovico Armellini, violoncello
    Gianluca Geremia, tiorba
    Marta Graziolino, arpa
    Roberto Loreggiani, organo e clavicembalo
 
Barbara Strozzi sopra lievissimi fogli

Barbara Strozzi (Venezia 1619 – Padova 1677) occupa un posto di rilievo nella storia della musica non tanto in virtù del suo sesso quanto, come qualsiasi compositore, per la qualità e l’innovatività della sua produzione musicale; è lei stessa a rivendicarlo nella prefazione alla sua Op. 5: «[...] e già che tanto non m’arestan le debolezze di Donna che più non m’inoltri il compatimento del Sesso, sopra lievissimi fogli volo devota ad’inchinarmi». Strozzi nasce a Venezia dalla relazione del padre Giulio con Isabella Garzoni detta la Greghetta, forse donna di servizio nella sua casa, forse cortigiana. Essere nata al di fuori di un matrimonio regolare consente a Barbara quanto sarebbe stato quantomeno inconsueto per una legittima figlia di famiglia tradizionale: un’istruzione letteraria e musicale, nonché la possibilità di frequentare i circoli intellettuali di cui suo padre fa parte. Giulio infatti è membro dell’Accademia degli Incogniti, cenacolo libertino fondato dal patrizio veneziano Giovanni Francesco Loredano e ispirato al pensiero di Cesare Cremonini, interprete eterodosso di Aristotele all’università di Padova: lo Stagirita non viene letto come un precursore del messaggio cristiano, come impone l’ortodossia cattolica, ma come un filosofo naturalista, precursore di valori all’epoca ampiamente sul crinale dell’eresia; il senso della vita e del mondo non è da cercarsi nell’altrove, nel Regno dei Cieli e nella metafisica, ma nel qui-e-ora, nelle leggi della natura, nell’appagamento dei sensi. Nella temperie reazionaria del Cattolicesimo controriformato è uno scandalo, quindi una moda irresistibile: chiunque nutra ambizioni intellettuali e politiche nella Venezia esangue del primo Seicento passa dagli Incogniti; chi non vanti almeno un titolo iscritto all’Indice non può dirsi un letterato alla moda. Gli Incogniti coltivano un gusto letterario anticonformista e scabroso che si riversa in un profluvio di scritti e romanzi apertamente immorali, osceni, al contempo misogini e proto-femministi — in una parola: libertini — di capillare circolazione, che si sposano alla perfezione con il sensualismo estenuato della poetica marinista imperante nell’Europa del Seicento — che innerva da cima a fondo anche la poesia intonata da Strozzi; vale la pena ricordare che proprio il Loredano è autore della fortunata Vita del cavalier Marino (1631). Giulio nutre un amore sincero per la figlia elettiva: non la riconosce formalmente — nell’atto di battesimo è registrata come Barbara Valle — e si prodiga per farla studiare con il compositore più in vista a Venezia dopo Claudio Monteverdi: Francesco Cavalli, che domina le scene veneziane in tutto il medio Seicento.
È l’epoca aurorale della monodia accompagnata — il canto a voce sola che da inizio secolo assurge allo status di musica d’arte — e del melodramma, autentico teatro sperimentale che nasce a inizio secolo nelle camerate fiorentine e trova in Venezia dal 1637 la dimensione pubblica che ancora oggi gli riconosciamo. Nonostante l’anticonformismo libertino, le donne non sono ammesse alle riunioni degli Incogniti nei palazzi in cui si riuniscono, così Giulio Strozzi fonda l’Accademia degli Unisoni, un sottogruppo musicale degli Incogniti — alle cui sessioni sembra aver preso parte anche Claudio Monteverdi – forse con lo scopo precipuo di favorire l’attività musicale della figlia che, dal 1644, inizia a pubblicare le proprie composizioni. Il talento di Barbara Strozzi fiorisce e viene riconosciuto: in una raccolta di brani vocali del compositore Nicolò Fontei contenenti testi di Giulio (Delle bizzarrie poetiche…, 1636) Barbara viene già indicata come la «di lui [di Giulio] virtuosissima cantatrice» e, in una lettera privata, Giovanni Francesco Loredano scrive «che se fosse natta in altro secolo, haverebbe al sicuro ò usurpato ò accresciuto il luogo alle muse». Come ogni aspetto della vita pubblica nel Seicento, le sessioni delle accademie sono rigorosamente formalizzate: i membri decidono un tema di discussione su cui argomentare e su cui esercitare la propria retorica. Pare che nelle riunioni degli Incogniti non vi fosse spazio per la musica, ma presso gli Unisoni essa è parte del dibattimento, tanto da creare il contesto specifico in cui sorge l’intera produzione di Barbara Strozzi. Lo testimoniano Le veglie de’ signori Unisoni (1638), tre resoconti manoscritti delle attività accademiche e dedicate a lei, che anima le riunioni cantando accompagnandosi con la viola, la tiorba o la tastiera, distribuendo premi e deliziando gli ospiti con la sua singolare, ricercata presenza. Quella che noi oggi annoveriamo tra i maggiori compositori del Seicento è verosimilmente una cortigiana; lo testimonierebbe il suo ritratto — invero non identificabile con assoluta certezza — in cui compare adorna di fiori, il seno prominente appena coperto, una viola da gamba in pugno e un violino appoggiato di fronte, come ad attendere un compagno di duetto. Il fatto di comporre e intonare poesie accompagnandosi su strumenti musicali in salotti privati doveva innalzare non di poco la sua fama, permettendole sicurezza economica e un certo rispetto sociale, sempre e comunque al di fuori della moralità comunemente accettata: l’attività musicale — men che mai professionale — non si addice a una ragazza di buona famiglia poiché «il sonare è da donna vana et leggera» (Pietro Aretino, Primo libro de le lettere, 1538); esibirsi viene considerato dalla morale comune alla stregua della prostituzione e con questa di frequente associato. Le notizie sulla sua vita rimangono estremamente lacunose e frammentarie; dopo la morte del padre (1652) continua la sua attività musicale e gode di una situazione economica e sociale di un certo prestigio; lo si evince dal fatto che — per un’incombenza amministrativa — riceve in casa sua un notaio, anziché recarvisi. Ha una relazione illegittima ma continuativa con il patrizio Giovanni Paolo Widmann: non si sposano e Barbara dà alla luce almeno quattro figli, battezzati nella chiesa di San Pietro di Castello, l’allora cattedrale patriarcale di Venezia.
Muore a Padova nel 1677 e viene sepolta nella chiesa degli Eremitani. La produzione musicale di Barbara Strozzi è ampia e concentrata pressoché completamente sulla monodia accompagnata. Tutta la sua musica che conosciamo è pubblicata in otto raccolte di brani per soprano e basso continuo, pressoché interamente di argomento amoroso, a eccezione dell’Op. 5 che raccoglie arie spirituali. Si tratta prevalentemente di brani denominati cantate e arie: le prime ampie e ambiziose, dall’eloquio solenne e dall’ornato prezioso; le seconde brevi e perlopiù strofiche, di grande varietà stilistica, per un totale di oltre ottanta brani. La cantata come genere vocale da camera si sta in questi anni formando, affrancandosi dal madrigale in un processo di mutamento radicale avviato da Monteverdi già nel secondo decennio del Seicento; è, come l’opera, un ferro rovente che si va forgiando tra le mani di compositori come Monteverdi, Manelli, Strozzi e altri. Quando dà alle stampe la sua ultima raccolta, l’Op. 8 (1664), Venezia è in piena Guerra di Candia contro i vicini Ottomani che porterà alla perdita di Creta e a un salasso erariale da cui la Serenissima non si riprenderà più; è necessario dare un’immagine sontuosa di sé e iniziare a cercare mecenati anche fuori Venezia. La raccolta è dedicata a Sofia Amalia di Brunswick in occasione della sua prima visita nella Dominante; qui l’aristocratica tedesca, regina consorte di Danimarca, è folgorata dal melodramma veneziano e si adopererà per importarlo nell’austera corte di Copenhagen. In sua lode Strozzi concepisce l’elaborata cantata che apre l’Op. 8, virtuosistica e sfarzosamente ornata, su testo di Giuseppe Artale, poeta e cavaliere a servizio della famiglia della dedicataria. La raccolta è ambiziosa e contiene dodici brani per soprano e basso continuo, con ogni probabilità concepiti per l’estensione e per la tessitura di Barbara, per essere da lei stessa cantate accompagnandosi, elemento comune delle otto raccolte. Tra i brani dell’Op. 8 spicca la serenata Hor che Apollo, una delle rare composizioni di Strozzi che comprendono l’intervento di una coppia di violini e che svelano una scrittura strumentale preziosa, come preziosa è la costante ricerca di idee originali, bizzarre, stupefacenti. Un esempio lampante di mise en abîme è L’Astratto, cantata meta-musicale in cui Strozzi immagina un compositore che prova e scarta ripetutamente idee musicali in una sorta di soliloquio dai tratti beffardi e dagli effetti comici sul potere della musica di lenire le pene d’amore. Una ricerca di continua varietà nei concetti e nella musica governa la raccolta e ci mette di fronte a una compositrice di debordante inventiva. Le declinazioni del tema amoroso messe in campo nell’Op. 8 sono innumerevoli e allineate alla poetica seicentesca di rappresentazione degli affetti: dalla furia impetuosa d’ispirazione teatrale dell’aria È pazzo il mio core al trasognato intimismo del lamento Che si può fare? con il suo rimuginare interrogativo. Entrambi — la follia e il lamento — sono stati dell’animo che i frequentatori dei primi teatri d’opera attendono con impazienza di veder rappresentati dai divi che calcano il palcoscenico; Strozzi — per quel che è dato sapere — non scrive per il teatro ma è un mondo che conosce da vicino: ne frequenta gli esponenti e ne padroneggia gli stilemi, li fa propri e li impiega nel nuovo genere monodico alla moda, contribuendo così all’affermazione della cantata che, tra Sei e Settecento, diventa il genere vocale cameristico per eccellenza. È il testo poetico che guida la mano della compositrice, attenta a descriverlo o a potenziarne il significato con la musica, secondo la tradizione madrigalistica che filtra nella produzione cameristica e nell’opera. La sua musica vede il susseguirsi frequente e talvolta improvviso di passaggi misurati e non misurati, nel tentativo di fissare sulla pagina scritta un intento interpretativo massimamente libero, vin - colato al significato e alla passione cui si vuol dar voce più che al rigore ritmico, del resto ancora del tutto recente all’epoca. Allo stesso modo anche il suo linguaggio musicale riserva continue sorprese: al gusto per il concetto, per l’arguzia, per la sfumatura di senso presente nel testo corrispondono scarti armonici inaspettati, cromatismi, dissonanze; tutte risorse tese ancora una volta all’espressione, più che a una funzionalità logica del ritmo, com’è familiare all’orecchio contemporaneo. Nel suo contesto privato ai margini dell’accettabilità sociale Barbara Strozzi dà vita a un corpus di musica imponente e originale, con la libertà di chi si libra con disinvoltura sulla carta pentagrammata. 
Mauro Masiero

 


Giulia Bolcato dal vivo 2024
16 e 17 Marzo Teatro Comunale di Bolzano
Dorian Gray 
Musica di Matteo Franceschini
Libretto di Stefano Simone Pintor
Giulia Bolcato nel ruolo di Sybil
 
21, 23, 25, 27, 30 Giugno Teatro La Fenice di Venezia
R. Strauss Ariadne auf Naxos
Giulia Bolcato nel ruolo di Echo
 
MonteverdiFestival Cremona Sabato 22 giugno Palazzo Guazzoni Zaccaria
CHE SI PUÒ FARE 
VENEZIA NEL RACCONTO DELLA “VIRTUOSISSIMA CANTATRICE"
Musiche di B. Strozzi 
GIULIA BOLCATO – SOPRANO 
REMER ENSEMBLE

Viaggio nella nostalgia del ritorno… Sabato 2 marzo in Sala Casella per l’Accademia Filarmonica Romana l’ultimo incontro della rassegna “Fabrica, Musica e Letteratura” in collaborazione con l’Associazione Fabrica.


Ultimo appuntamento in Sala Casella per l’Accademia Filarmonica Romana sabato 2 marzo ore 20 (via Flaminia 118) con la rassegna “Fabrica, Musica e Letteratura” in collaborazione con l’Associazione Fabrica. Titolo della presente edizione è “MATERiae. Per lo spazio nel tempo”, un viaggio attraverso suoni e parole, letteratura antica e moderna e melodie che tessono un fil rouge tra Medioevo e gli Anni Cinquanta, tra la terra e il mare, tra la forma e la materia.
 
Con la voce di Raffaella Misiti, accompagnata sul palcoscenico da Stefano Scatozza (chitarra e pianoforte), Cristiano Lui (fisarmonica) e Stefano Saletti (bouzouki), la serata porta il titolo “Mareme’, dal marmo al mare: un viaggio nella nostalgia del ritorno”. Così la introduce Francesca Caprioli, direttore artistico di Fabrica: “Sarà un percorso tra acque e palazzi, tra attese e viaggi, tra avvistamenti e nostalgie, tra architetture di marmo e mari sconfinati. Il fil rouge vede i miti greci collegati ai canti del ritorno, alla nostalgia implicita del viaggio, alla casa da cui scappare e dove ritornare. Una strada che unisce Penelope-Ulisse-Minosse con i canti dei marinai inglesi, la musica di quel bacino che da sempre ci unisce da una sponda all’altra del Mediterraneo, le canzoni degli emigranti del primo Novecento”.

(nella foto, Stefano Scatozza e Raffaella Misiti)

29 FEBBRAIO - 3 MARZO 2024 | TEATRO MUNICIPALE VALLI | Cats: i gatti di Roma invadono il Valli sulle musiche di Andrew Lloyd Webber.

 

Un’irresistibile colonia di gatti umanizzati che cantano e ballano sulle rovine della Città Eterna in una magica atmosfera scandita da fantasia, dramma, romanticismo e grande musica: dopo il grande successo con numeri record della scorsa Stagione, “CATS”, la nuova grande Produzione internazionale della PeepArrow Entertainment in collaborazione con il Teatro Sistina -su licenza esclusiva The Really Useful Group, London- firmata dal più attivo e creativo Regista, Produttore e adattatore di Musical italiano, Massimo Romeo Piparo, partirà per un lungo tour che toccherà diverse città italiane. Il Musical per eccellenza, il titolo che ha cambiato la Storia di questo genere di spettacolo, con musiche di Sir Andrew Lloyd Webber e testi del Premio Nobel Thomas Stearns Eliot, la meraviglia di uno spettacolo che non subisce il trascorrere del tempo e che conquista il cuore del pubblico di tutte le età.
Con un grande cast di artisti, l’Orchestra dal vivo diretta dal Maestro Emanuele Friello e le coreografie di Billy Mitchell, coreografo del West End londinese, attuale coreografo associato delle ultime produzioni di A.L. Webber, da School of Rock a Cinderella,. Musica e danza, ma anche illusionismo e magia con gli effetti speciali affidati al gatto mago Mr.Mistoffelees.
Per la prima volta al mondo, il “Cats” di Massimo Romeo Piparo ha ottenuto dall’autore l’autorizzazione ad essere ambientato a Roma, in una ipotetica e futuristica “discarica” di opere d’arte e di reperti archeologici, con il Colosseo sullo sfondo.
In una speciale notte dell’anno, tutti i gatti del Jellicle si incontrano al Ballo Jellicle dove Old Deuteronomy il loro saggio e benevolo capo, sceglie e annuncia chi di loro potrà rinascere a una nuova vita da Jellicle. Ma la festa felina è turbata da due eventi: il rapimento di Old Deuteronomy e l’apparizione di Grizabella, l’affascinante gatta-glamour che, dopo aver lasciato i Jellicle per esplorare il mondo, soffre l’esclusione e il rifiuto del branco e lancia il suo appello disperato e malinconico con la struggente “Memory”. Tanti ancora i personaggi indimenticabili che popolano il Musical, tra gli altri il vecchio Gus, un tempo celebre per la sua carriera di attore e l’appariscente Rum Tum Tugger, che vuole sempre essere al centro dell’attenzione. E ancora, il geniale Munkustrap, che mette il suo coraggio a disposizione di tutti i membri della tribù, Mr. Mistoffelees, il gatto ‘in smoking’ capace di compiere strabilianti magie, Bustopher Jones e l’inseparabile coppia Mungojerrie e Rumpleteazer.
Anche nella versione italiana dello spettacolo – che a Broadway ha fatto registrare fino al 2006 il record mondiale di repliche consecutive, restando ancora oggi tra i primi quattro Musical più rappresentati della Storia –scenografie spettacolari e coreografie mozzafiato: sul palco il pubblico vedrà muoversi come veri felini gli artisti, tutti sottoposti a speciali e lunghissime sedute di trucco.

La Direzione Musicale dell’Orchestra dal vivo, nonché la programmazione dei suoni originali di “Cats”, sono affidate al Maestro Emanuele Friello, Direttore di tutti i grandi successi firmati da Piparo, che annovera nel proprio curriculum “giovanile” la militanza all’interno dell’Orchestra originale di “Cats” nel West End londinese. Le scene -di suggestiva ambientazione archeologica romana– sono di Teresa Caruso, anch’essa presenza stabile del team di Piparo da oltre dieci anni, come la costumista Cecilia Betona a cui è stato affidato il delicato compito di supervisionare l’intero look della trasformazione realistica, da umano a felino, del cast.

“Cats” di Andrew Lloyd Webber è uno dei più famosi Musical nel mondo: ha battuto tutti i record di longevità, spettatori e incassi. E’ stato visto da oltre 73 milioni di persone e ha affascinato il pubblico in oltre 300 città nel mondo. La trama del Musical è basata sul libro di Thomas Stearns Eliot dal titolo “Old Possum’s Book of Practical Cats” (Il libro dei gatti tuttofare), raccolta di stravaganti e divertenti poesie nella quale i gatti sono i protagonisti. In quest’opera l’autore si sofferma sul comportamento e sulla psicologia felina, realizzando un vero e proprio amorevole omaggio ai gatti di tutti i tipi, da quelli giovani agli anziani, da quelli più allegri a quelli selvatici e aggressivi. Le poesie vennero scritte nel 1930 e firmate da Eliot con lo pseudonimo di “Old Possum” (Vecchio Opossum): perfette per un pubblico di grandi e piccoli lettori, furono poi pubblicate nel 1939, con la copertina illustrata da Eliot stesso.

Prodotto dal veterano Cameron Mackintosh e dalla Società di Sir A.L.Webber, The Really Useful Group, “Cats”, dopo un anno di grandi successi nel West End londinese, ha debuttato a Broadway nel 1982. La canzone “Memory” è un autentico classico, soprattutto per le incisioni di Elaine Paige e Barbra Streisand: sulle note di una melodia struggente, la gatta Grizabella riflette sulla propria solitudine, ripensando alla giovinezza perduta e alla felicità dei giorni passati, ma afferma anche il proprio desiderio e la speranza di ricominciare una nuova vita. Il brano è stato inciso da 150 artisti diversi tra cui anche Celine Dion, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, José Carreras, Milva, Ute Lemper, Susan Boyle e nel recente film del 2019 da Jennifer Hudson.

regia e adattamento italiano di Massimo Romeo Piparo
musiche di Andrew Lloyd Webber
tratto dal libro di T.S. Eliot “Old Possum’s book of practical cats”

prodotto da PeepArrow Entertainment in collaborazione con il Teatro Sistina su licenza esclusiva The Really Useful Group – London

coreografie Billy Mitchell
direzione musicale Emanuele Friello 
scene Teresa Caruso 
costumi Cecilia Betona
disegno luci Umile Vainieri 
disegno fonico Davide Zezza

CAST
Chiara Canzian/ Grizabella, Fabrizio Angelini/ Gus, Fabrizio Corucci/ Old Deuteronomy, Giorgio Adamo/ Rum Tum Tugger, Sergio Giacomelli/ Munkustrap-Capoballetto, Jacopo Pelliccia/ Bustopher Jones-Skimbleshanks, Gabriele Aulisio/ Bill Bailey-Carbuckety, Michele Balzano/ Coricopat, Giorgia Cino/ Bombalurina, Mario De Marzo/ George, Simone Giovannini/ Alonzo, Francesca Iannì/ Syllabub, Cristina La Gioia/ Etcetera, Monika Lepistö/ Victoria, Rossella Lubrino/ Rumpleteazer, Elga Martino/ Tantomile, Simone Nocerino/ Macavity-Admetus, Martina Peruzzi/ Jennyanydots, Gianluca Pilla/ Quaxo, Simone Ragozzino/ Mungojerrie, Viviana Salvo/ Demeter, Natalia Scarpolini/ Jellylorum, Pierpaolo Scida/ Mr. Mistoffelees, Alessandra Somma/ Jemina, Gaia Soprano/ Cassandra, Rossana Vassallo/ Electra 

con Orchestra dal Vivo
Emanuele Friello Direttore, Stefano Lenci Tastiera 1, Enrico Scopa Tastiera 2/Ass. Programmazioni, Federico Zylka Tastiera 3/Ass. Direttore, Andrea Inglese Chitarra, Guerino Rondolone Basso, Vincenzo Tacci Batteria, Marco Severa Reed 1, Giuseppe Russo Reed 2

IL TURCO IN ITALIA DI ROSSINI E IL CONSUMISMO DEL DESIDERIO. Venerdì 1 marzo alle 20.30 e domenica 3 alle 15.30, la nuova produzione diretta da Roberto Catalano a Ravenna

 

Perseguire liberamente i capricci del desiderio è l’ambizione che guida Fiorilla, la seconda delle donne protagoniste, dopo Poppea, di questa Stagione d’Opera 2024 del Teatro Alighieri di Ravenna: venerdì 1 marzo alle 20.30 e domenica 3 alle 15.30, Il turco in Italia di Gioachino Rossini approda all’Alighieri nella nuova coproduzione in cordata con Rovigo (dove ha appena debuttato), Novara, Jesi, Rimini e Pisa. Al centro dell’interpretazione del regista Roberto Catalano c’è un vero e proprio “consumismo amoroso”: con la sua collezione d’amanti, Donna Fiorilla, interpretata da Giuliana Gianfaldoni, incarna pienamente la frenesia dell’accumulo e il poeta Prodoscimo, ovvero Bruno Taddia, è a caccia di una storia da raccontare e promuove e vende i sentimenti come merci. Maharram Huseynov è il principe Selim, il turco del titolo che sbarca a Napoli e si invaghisce di Fiorilla al punto tale da proporne l’acquisto al marito Don Geronio (Giulio Mastrototaro), mentre Francisco Brito è Don Narciso, gelosissimo amante di Fiorilla, e Francesca Cucuzza è Zaida, un tempo favorita del principe e salvata dalla rovina per intervento dell’amico Albazar, interpretato da Antonio Garés. Sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini ci sono Hossein Pishkar (1 marzo), già allievo di Riccardo Muti nella sua Accademia dell’opera italiana, e Marco Crispo (3 marzo), la cui carriera si divide fra l’Italia e i Paesi scandinavi, dove ha lavorato anche al fianco di Esa-Pekka Salonen. Il Coro Lirico Veneto è preparato da Giuliano Fracasso. Guido Buganza firma le scene, mentre Ilaria Ariemme e Oscar Frosio curano rispettivamente costumi e luci; la coreografia è di Marco Caudera.
“Attraversando il libretto di Felice Romani, ci si imbatte di continuo in situazioni che sono espressione di un desiderio spinto ai limiti della necessità di acquistare qualcosa che ancora non si possiede – spiega il regista Roberto Catalano – Proprio Fiorilla, il personaggio che sembra non accontentarsi di ciò che ha, è colei che desidera tutto ciò che sa essere desiderabile per gli altri. (…) In questa storia l’amore si vende e si compra esattamente come il vino e il caffè e gli esseri umani, proprio come accade alle cose, si vendono e si comprano a vicenda. Una serie di umani-prodotti che vivono in un mondo dove la pubblicità è talmente diffusa e infiltrata nel quotidiano da rendere equivoca la distinzione tra realtà e sogno, con la mente costantemente offuscata dalla potente e rassicurante luce di spot confezionati come promesse di futuro e felicità. Colei su cui la macchina della creazione del desiderio è sempre efficace e la induce a comprare tutto quello che le si vende, in questo mercato di sentimenti dove non ci sono più linee di confine fra oggetti e persone.”
Il turco in Italia, che debuttò alla Scala nel 1814, ha sovente sofferto del confronto con un altro titolo rossiniano, ovvero L’italiana ad Algeri (1813). I punti di contatto fra le due opere sono evidenti, ma oggi del Turco si apprezza la qualità di metateatro imperniato sul conflitto fra l’essere e l’apparire, ma anche fra fantasia, desiderio e realtà. In questo senso è fondamentale il personaggio di Prosdocimo, che alla ricerca di un nuovo dramma finisce per essere coinvolto in vicende reali e si ritrova per le mani il genere di narrazione che avrebbe voluto evitare. Certo Rossini dimostra una maestria eccezionale nel trattare voci e strumenti in una partitura che diventa il punto di incontro fra dramma e opera buffa, fino a rappresentare – con i suoi colori freddi e delicati e il suo disegno nitido e controllato – un’anticipazione del comico rossiniano a venire.
 
Il percorso Opera si coronerà con la Turandot di Puccini (12, 14 aprile) nell’allestimento di Giuseppe Frigeni, con l’Orchestra Toscanini diretta da Marco Guidarini. La Stagione 2024 del Teatro Alighieri è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia-Romagna e del Ministero della Cultura e dal contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
 
Info e prevendite: Biglietteria Teatro Alighieri – tel. 0544 249244 – www.teatroalighieri.org
Biglietti da 15 a 45 Euro
Under 18: 5 Euro; Carta Giovani Nazionale (18-35 anni): platea e palchi 20 Euro
Con l’app gratuita Lyri sottotitoli e trama del libretto sono disponibili in diretta su smartphone, in italiano e inglese

(le foto sono di Valentina Zanaga)

Le Variazioni Goldberg di Bach trascritte per trio d’archi ai “Concerti di Primavera” dell’Associazione Ellipsis. Lunedì 4 marzo nella sala Sassu del Conservatorio di Sassari



La grande musica dei "Concerti di primavera" torna nella sala Sassu del Conservatorio “Luigi Canepa” di Sassari. Lunedì 4 marzo alle 20,30 il Trio GoldbergK eseguirà uno dei brani più emblematici del Barocco, le Variazioni Goldberg BW988 di Johann Sebastian Bach, nella trascrizione per violino, viola e violoncello di Dmitri Sitkovetsky.
Per il secondo appuntamento con la storica rassegna organizzata dall’Associazione culturale Ellipsis, la più longeva del territorio, sarà dunque proposto un grande classico della musica, originariamente scritto per clavicembalo dal geniale compositore tedesco tra il 1741 e il 1745: un’aria e trenta variazioni, troppo spesso in passato considerate una mera esercitazione tecnica ma in realtà uno dei più alti esempi della musica barocca. Delle “Variazioni" parla Johann Nikolaus Forkel, autore della prima biografia su Bach del 1802, spiegando come il Goldberg che diede nome al capolavoro fosse un amico del conte Keyserlingk, ambasciatore russo in Sassonia. Il conte, in cattiva salute e spesso costretto in casa, godeva della musica suonata dallo stesso Goldberg e scritta apposta per lui proprio da Bach: così, secondo Forkel, sarebbero nate le celebri Variazioni.
A portare nella sala concerti “Pietro Sassu” del Conservatorio di Sassari la celebre composizione sarà il Trio GoldbergK, formato da Francesco La Bruna (violino), Chiara Roberta Bellavia (viola) e Antonino Saladino (violoncello). Francesco La Bruna svolge un’intensa attività concertistica tanto da solista che in ensemble cameristici tra cui l’Orchestra
da camera “I Virtuosi dell’Accademia” di Firenze, “II Ruggiero” di Bologna, “Zephir Ensemble” di Palermo,
“Officina Musicale Italiana” dell’Aquila, “Auser Musici” 
di Pisa. Ha partecipato a numerose 
manifestazioni nazionali e internazionali a Firenze, Bologna, Roma, Venezia, Londra, Monaco, Berlino, Linz, Praga e all’Istituto italiano di Cultura di Parigi. Chiara Roberta Bellavia, violista, è diplomata al Conservatorio Alessandro Scarlatti di Palermo. Collabora con l’Orchestra dello stesso Conservatorio e per numerose produzioni con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta, tra gli altri, da Riccardo Muti e Valery Gergiev, e con solisti come Beatrice Rana, Tamas Varga, Rosa Feola. Dopo la laurea al Conservatorio di Palermo, prosegue i suoi studi alla Kunstuniversität di Graz (Austria). Antonino Saladino ha conseguito il diploma accademico dell’Accademia nazionale Santa Cecilia a Roma nella classe di alto perfezionamento con Francesco Strano. Alterna all’attività concertistica da solista quella in formazione da camera con il Trio Saladino e il Quartetto Alìkos con il chitarrista Osvaldo Lo Iacono riscuotendo lusinghieri consensi. Ha collaborato, tra le altre, con L’Orchestra Regionale di Roma e del Lazio, Orchestra del Teatro Massimo di Palermo, Orchestra del Teatro Regio di Torino, Filarmonica del Teatro Regio di Parma, Orchestra Sinfonica di Roma.

I biglietti per il concerto possono essere acquistati nella sede dell’Associazione Ellipsis in via Taramelli 2/D, all’ingresso della sala Sassu dalle ore 18 o prenotati alla mail ellipsis.prenotazioni@yahoo.com oppure telefonando allo 079298371 o 3392206362. Sono previsti sconti per gli iscritti al Conservatorio, all’Università di Sassari e al Liceo musicale “Azuni”, per under 25 e over 60.
 


LA SOCIETÀ DEI CONCERTI TRIESTE LUNEDì 4 MARZO 2024 OSPITA TRE STELLE DELLA MUSICA MONDIALE RIUNITE IN TRIO: PAHUD, PINNOCK E MANSON

 

Lunedì 4 marzo, alle 20.30, nell'ambito della 92 ^ stagione della Società dei Concerti di Trieste,  si terrà un nuovo appuntamento per gli appassionati di musica con un trio unico nel suo genere. Protagonisti infatti saranno Emmanuel Pahud, primo flauto dei Berliner Philarmoniker, il clavicembalista Trevor Pinnock, pioniere della riscoperta della musica antica in epoca moderna e Jonathan Manson, già primo violoncello dell’Amsterdam Baroque Orchestra. I musicisti  interpreteranno insieme, al Teatro Verdi, musiche di Telemann e Bach, di cui Pinnock è considerato interprete di riferimento.

Il flautista Emmanuel Pahud (nella foto di Fabien Monthubert) è considerato uno dei musicisti più eccezionali degli ultimi tempi. All'età di soli ventidue anni è stato nominato primo flautista dei Berliner Philharmoniker da Claudio Abbado, ruolo che ricopre tuttora e che affianca a un'intensa attività come solista e camerista. Dal 1996 è artista esclusivo di Warner Classics, una collaborazione che si è rivelata il contributo più significativo alla musica per flauto fino ad oggi.

Clavicembalista e direttore, tre titoli Honoris Causa, un Gramophone Award, una discografia ampia e una notevole carriera come clavicembalista testimoniano le eccezionali doti di Trevor Pinnock (nella foto di Gerard Collett), studioso e interprete che per decenni è stato uno dei più talentuosi specialisti di musica antica a livello internazionale.  Pinnock è stato il fondatore nel 1972 dell’ensemble The English Concert e insieme a questa formazione ha attraversato gli anni d’oro della ricerca filologica della musica antica, della riscoperta degli strumenti storici per l’esecuzione di musiche di epoche e di stili differenti. La fama di questa formazione ha portato a un contratto con la Deutsche Grammophon e a tournée in tutto il mondo.
A partire dai primi anni 2000 accanto all’attività come cembalista si è intensificata la presenza di Pinnock anche come direttore ospite alla guida delle orchestre sinfoniche più prestigiose e nel 2006, in occasione del sessantesimo compleanno la fondazione di un nuovo ensemble, l’European Brandeburg Ensemble con il quale ha inciso l’integrale dei Concerti Brandeburghesi di Bach.

Il versatile Jonathan Manson (nella foto di Marco Borggrave) vanta una carriera intensa e varia come violoncellista e gambista. Per dieci anni è stato violoncello solista dell'Amsterdam Baroque Orchestra, con la quale ha eseguito e registrato oltre 150 cantate di Bach e, insieme a Yo-Yo Ma, il Concerto per due violoncelli di Vivaldi.
Il concerto di lunedì sarà all’insegna della musica di Johann Sebastian Bach - uno degli autori maggiormente frequentati da Pinnock in più di quarant’anni di carriera e della cui interpretazione il clavicembalista inglese è considerato interprete di riferimento – del quale ascolteremo le Sonate per flauto e basso continuo BWV 1034, 1030, 1035, la Fantasia cromatica e fuga BWV 903 e la Suite per violoncello BWV 1007. Ad impreziosire il programma anche la TWV 40:11 (per flauto solo) di Telemann.
Un'occasione, quella di lunedì 4 marzo, preziosa per ascoltare tre artisti straordinari in un programma che combina parti solistiche e d'insieme e offre un affascinante spaccato del Barocco.
Alle 19.15, al Teatro Ridotto del Verdi, ci sarà inoltre l'opportunità di ascoltare dal vivo le testimonianze dei tre solisti che si racconteranno davanti al pubblico insieme al direttore artistico della Società dei Concerti Trieste,  Marco Seco.

Info su www.societadeiconcerti.it tel. +39 040 362408, info@societadeiconcerti.net.
I biglietti di tutti gli spettacoli della stagione e delle rassegne si possono comprare on line su Vivaticket, nella sede della SdC o un’ora prima dell’inizio dello spettacolo nel suo luogo di svolgimento e durante gli orari di apertura della biglietteria del Teatro Verdi.

La Stagione 2023-2024 della SDC Trieste, che è fondatore del Comitato AMUR e membro di AIAM, è realizzata con il contributo del Ministero della Cultura e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, il patrocinio del Comune di Trieste, con il sostegno della Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali, Main Sponsor Caffè Sacher Trieste e Mecenati Artbonus,  il contributo di tutti i Soci e con il partenariato della Fondazione Teatro Lirico G. Verdi.

mercoledì 28 febbraio 2024

IL BRUTTO ANATROCCOLO in prima esecuzione assoluta al Teatro Coccia di Novara il 10 marzo


IL BRUTTO ANATROCCOLO
Nuova Commissione in prima esecuzione assoluta
Musica SALVATORE PASSANTINO
Libretto di Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi
Direttore Aram Khacheh
Regia Davide Garattini
Scene e Costumi Josephin Capozzi
Ensemble del Teatro Carlo Coccia
Coproduzione con i Teatri di Piacenza
DOMENICA 10 MARZO 2024
ORE 16:00
LUNEDÌ 11 MARZO 2024
ORE 10:00 E ORE 14:00 RECITE PER LE SCUOLE
MARTEDÌ 12 MARZO 2024
ORE 10:00 RECITA PER LE SCUOLE
Sinossi
Una Cicogna stufa dell’ordine stantio di un mondo famigliare pieno di regole conformi e a suo dire moriture apre la nostra storia con un inno di ribellione. Apparentemente solo per divertirsi a “sconzare le carte” ma col suo fare da maschera napoletana e un linguaggio rimato e popolare, ci addentra pian piano in quello che è il suo obiettivo: portare il Kaos, il disordine, per rimettere in discussione, stravolgere, Ri-Generare e perché no, migliorare il mondo. Essa stessa ci e si rivela colpevole di antichi scherzi, scambi di figli che hanno sì portato il caos ma che hanno creato storie necessarie, arte, vita. Dopo secoli non è mai stanca e ancora si infiamma davanti al suo pubblico per l’idea che ci rivela in diretta: portare in una famiglia dalle altissime aspirazioni musicali, assieme a tre figli con il dono eccelso del canto, un figlio muto. Muto è appunto il nome del protagonista di questa storia che da subito si vedrà assediato e che senza un attimo di tregua verrà messo continuamente alla prova con il mondo e con sé stesso. La madre è un’insegnante di musica in visibilio per le doti canore dei suoi tre figli ma che si strugge di dolore per la disgrazia che rappresenta il quarto. I fratelli che lo escludono e lo maltrattano la conducono rassegnata all’unica soluzione possibile: mandarlo via da casa. Da questo abbandono prende il via la serie di incontri che lo porteranno gradualmente alla consapevolezza di sé, obiettivo comune di quasi tutte le fiabe. Per questo la nostra storia di iniziazione ha come coprotagonisti personaggi di fiabe e romanzi che hanno di per sé un loro vissuto e dei connotati riconoscibili. La piccola fiammiferaia è la bambina che dal buio in cui Muto è sprofondato gli offre luce e che gli chiede amore ma che alla fine lo rifiuta per la sua incapacità di esprimere i suoi sentimenti. Il Gatto e la Volpe cercano di circuirlo e lo ingannano promettendogli un miracolo che gli farà acquistare la voce. I tre moschettieri prima lo coinvolgono e subito dopo lo tagliano fuori dal gruppo a dispetto del loro motto Uno per tutti e tutti per uno. Monadi, coppie, trii, cori, tutti esempi di possibili “famiglie” in cui star bene e realizzarsi, tutte situazioni che lo mettono di fronte a delle possibilità di riconoscimento di sé e che pur non offrendogli la soluzione adatta a quel momento lo aiuteranno a comprendere quella definitiva in futuro. Dopo il gelo paralizzante dell’inverno in cui unico appiglio per non cadere e lasciarsi andare nel vuoto è stato un albero apparentemente secco, al primo sciogliersi del ghiaccio una rondine si posa su un ramo e le dita di Muto cominciano a muoversi. La rondine canta seguendo i suoi piccoli gesti che lo riscaldano e lo sciolgono sempre di più. È lui a farla cantare, è lui stesso coi suoi movimenti a generare suono in corrispondenza coi suoni della natura che lo circonda. Più si muove e più il mondo attorno a sé sembra dargli ascolto e accordarsi ai suoi impulsi creativi di cui diventa sempre più cosciente. Altri, che siano i personaggi del suo passato, di questo nuovo presente o del suo futuro, voci illusorie o reali, si fanno attorno a questo artista appena ri-nato, compositore di una musica autentica, una musica che pur ispirata da lui non lo isola, che anzi, frutto di talenti condivisi, coinvolge tutto attorno a sé, libera canti altrui e suoni di strumenti che trovano l’Armonia nello stare assieme.

Note del compositore

La storia di Muto è la storia di tutti noi che, in un modo o nell'altro, ci sentiamo diversi e a volte inadeguati. Attraverso le sue sfide, i suoi insuccessi e successi, impareremo ad accettare la nostra unicità e a trovare la nostra vera voce. Il Brutto Anatroccolo è un'opera che si rivolge a un pubblico di tutte le età. La musica coinvolgente, i personaggi memorabili e il messaggio di speranza la rendono un'opera che vi emozionerà e vi farà riflettere. Lo stile musicale è eclettico, combinando elementi di musica classica contemporanea, dell'opera di tradizione e della musica popolare. L'ensemble strumentale (formato da flauto, clarinetto, violino, viola, violoncello, contrabbasso e percussioni) svolge un ruolo fondamentale, creando atmosfere evocative e sottolineando le personalità e le emozioni dei personaggi. Non mancano citazioni dal grande repertorio operistico, come il Barbiere di Siviglia, La Traviata, il Don Giovanni e la Cavalleria Rusticana. La vocalità dei quattro solisti (soprano, mezzosoprano, tenore e basso) è messa a dura prova dalla varietà di stili utilizzati. I cantanti, dovendo interpretare ognuno più di un personaggio, si trovano a spaziare dallo stile lirico al recitativo, dallo stile fiorito allo stile corale fino allo Sprechgesang e al recitato. Una prova davvero difficile che richiede grande duttilità interpretativa. Sei scene, sei mondi sonori L'opera si articola in sei scene, ognuna caratterizzata da una specifica atmosfera musicale: Prima Scena: Un'esplosione di vivacità ritmica caratterizza la scena iniziale, con i fratelli di Muto che cantano mostrando le loro doti canore fuori dal comune. La musica, brillante e giocosa, sottolinea la bravura, disinvoltura e il virtuosismo della madre e dei fratelli canterini, contrapposti al silenzio imbarazzante di Muto. Seconda Scena: L'atmosfera si fa intima e malinconica nell'incontro tra Muto e Fiammetta. Il canto del soprano si tinge di delicatezza e struggimento, mentre Muto tenta invano di esprimere i suoi sentimenti con gorgheggi e vocalizzi afoni. Fiammetta, pur ammirando la sua bellezza interiore, non riesce a comprendere il suo linguaggio e lo respinge. Un finale, con melodie intrecciate e armonie dissonanti, sottolinea la frustrazione e l'incomunicabilità tra i due personaggi. Terza Scena: Un'ironia pungente e grottesca pervade la terza scena, con Gatto e Volpe che ingannano Muto vendendogli un falso elisir miracoloso per la sua voce. Il tenore e il basso si esibiscono in un gran duetto buffo, con melodie saltellanti e ritmi serrati, che sottolineano la furbizia e l'inganno dei due personaggi. Quarta Scena: La drammaticità e l'angoscia si impossessano della scena con Muto che affronta la sua solitudine e il dolore del rifiuto. La musica si fa cupa e tormentata, con l'orchestra che esegue un adagio straziante. Le voci dei cantanti fuori scena, che rappresentano le voci della coscienza di Muto, si intrecciano in un madrigale a quattro voci, creando un contrappunto di dolore e sofferenza. Quinta Scena: Un'atmosfera gelida e cupa pervade l'inizio della quinta scena, con Muto che vive un gelido inverno interiore ed esteriore. L'orchestra esegue una musica, con tremoli degli archi che evocano il freddo e la solitudine. Nella sesta scena avviene la metamorfosi: la scoperta della propria voce si traduce in una sinfonia di speranza e rinascita. I suoni della natura si integrano con l'orchestra in un crescendo di gioia e trionfo. La vocalità si espande, l'orchestra si avvale di tutta la sua ricchezza timbrica. I cantanti in coro intonano un inno alla gioia e alla diversità. Il Brutto Anatroccolo è un'opera dal forte impatto emotivo, dove la musica sottolinea le emozioni e veicola un messaggio di speranza e rinascita. Un viaggio musicale che celebra la bellezza della diversità e il potere della musica di unire e commuovere.
Salvatore Passantino

Note sul libretto

Sentirsi Brutto Anatroccolo può essere una sensazione dovuta a una fase fisica quanto emozionale della vita di ciascun essere umano. Ecco perché per la nostra storia abbiamo voluto prendere come riferimento l’allegorico mondo delle fiabe che ci connettono da sempre alle nostre emozioni più profonde. La Musica in genere e l’opera in particolare rimangono però la prima fonte di ispirazione e la formula coro, aria, duetto, terzetto, sinfonia ci conduce per mano attraverso i codici espressivi del melodramma, così come le citazioni interne ad ogni scena (Il flauto magico, lo Stabat mater, l’Elisir d’amore, Bohem ecc.) ci offrono spunti riconoscibili che avvicinano il giovane pubblico al mondo dell’opera senza per questo diventarne parodie. La Musica come veicolo metafisico pertanto guida il nostro piccolo protagonista attraverso le sue crisi nella ricerca di una sua personale necessità interiore. Mentre gli incontri che il destino gli offre lo mettono di fronte al fatto che ognuno cerca di arrivare alla libera espressione di sé utilizzando mezzi individuali e perdendo il senso di condivisione e collettività, l’incontro finale con sé stesso lo farà approdare alla soluzione opposta. Ogni momento della vita sarà al tempo stesso una morte e una rinascita e alla fine del suo viaggio metafisico Muto capirà che gli enigmi dell’uomo e del mondo, inspiegabili e intrisi di contraddizioni, possono portare invece alla conoscenza di sé. Quali possono essere allora gli elementi della sua poetica musicale se non le stesse esperienze anche dolorose che lo hanno portato fino a lì? La sua musica diventa una formula magica per calmare la sofferenza, per penetrare le anime, per ispirare l’amore, per la guarigione di un passato doloroso, per attirare la gioia di vivere. In una ricerca del punto estremo in cui la musica si trasforma nella stessa voce del silenzio e in cui il silenzio si identifica con la musica. Si arriva così al superamento del concetto di spazio e tempo, in quanto il vicino e il lontano, il presente e il futuro perdono ogni reale valenza, sono suoni ineffindefinibi che incantano senza virtuosismi. Il nostro Artista non può cancellare la menzogna insita nella vita, la cattiveria dell’essere umano, gli ostacoli e le sue contraddizioni feroci ma proprio per questo aspira alla semplicità e alla purezza. Si ha allora bisogno di incontrare la “Magia”, una “tecnica” che permette o illude l’essere umano di arrivare dove i suoi mezzi fisici e razionali non sono in grado di portarlo. Il Suono diventa così l’ineffabile strumento privilegiato in grado di proteggerci da tutto ciò che minaccia la nostra vita e il nostro benessere. Nel bosco sacro di Apollo gli alberi cantano la melodia degli dei; i rami alti e i rami bassi cantano all’ottava e quelli del centro in una quinta e in una quarta. Così il nostro Albero diventa sintesi di quel bosco di Apollo che avvolge la creazione in un’incantatio divina.
Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi