mercoledì 28 febbraio 2024

IL BRUTTO ANATROCCOLO in prima esecuzione assoluta al Teatro Coccia di Novara il 10 marzo


IL BRUTTO ANATROCCOLO
Nuova Commissione in prima esecuzione assoluta
Musica SALVATORE PASSANTINO
Libretto di Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi
Direttore Aram Khacheh
Regia Davide Garattini
Scene e Costumi Josephin Capozzi
Ensemble del Teatro Carlo Coccia
Coproduzione con i Teatri di Piacenza
DOMENICA 10 MARZO 2024
ORE 16:00
LUNEDÌ 11 MARZO 2024
ORE 10:00 E ORE 14:00 RECITE PER LE SCUOLE
MARTEDÌ 12 MARZO 2024
ORE 10:00 RECITA PER LE SCUOLE
Sinossi
Una Cicogna stufa dell’ordine stantio di un mondo famigliare pieno di regole conformi e a suo dire moriture apre la nostra storia con un inno di ribellione. Apparentemente solo per divertirsi a “sconzare le carte” ma col suo fare da maschera napoletana e un linguaggio rimato e popolare, ci addentra pian piano in quello che è il suo obiettivo: portare il Kaos, il disordine, per rimettere in discussione, stravolgere, Ri-Generare e perché no, migliorare il mondo. Essa stessa ci e si rivela colpevole di antichi scherzi, scambi di figli che hanno sì portato il caos ma che hanno creato storie necessarie, arte, vita. Dopo secoli non è mai stanca e ancora si infiamma davanti al suo pubblico per l’idea che ci rivela in diretta: portare in una famiglia dalle altissime aspirazioni musicali, assieme a tre figli con il dono eccelso del canto, un figlio muto. Muto è appunto il nome del protagonista di questa storia che da subito si vedrà assediato e che senza un attimo di tregua verrà messo continuamente alla prova con il mondo e con sé stesso. La madre è un’insegnante di musica in visibilio per le doti canore dei suoi tre figli ma che si strugge di dolore per la disgrazia che rappresenta il quarto. I fratelli che lo escludono e lo maltrattano la conducono rassegnata all’unica soluzione possibile: mandarlo via da casa. Da questo abbandono prende il via la serie di incontri che lo porteranno gradualmente alla consapevolezza di sé, obiettivo comune di quasi tutte le fiabe. Per questo la nostra storia di iniziazione ha come coprotagonisti personaggi di fiabe e romanzi che hanno di per sé un loro vissuto e dei connotati riconoscibili. La piccola fiammiferaia è la bambina che dal buio in cui Muto è sprofondato gli offre luce e che gli chiede amore ma che alla fine lo rifiuta per la sua incapacità di esprimere i suoi sentimenti. Il Gatto e la Volpe cercano di circuirlo e lo ingannano promettendogli un miracolo che gli farà acquistare la voce. I tre moschettieri prima lo coinvolgono e subito dopo lo tagliano fuori dal gruppo a dispetto del loro motto Uno per tutti e tutti per uno. Monadi, coppie, trii, cori, tutti esempi di possibili “famiglie” in cui star bene e realizzarsi, tutte situazioni che lo mettono di fronte a delle possibilità di riconoscimento di sé e che pur non offrendogli la soluzione adatta a quel momento lo aiuteranno a comprendere quella definitiva in futuro. Dopo il gelo paralizzante dell’inverno in cui unico appiglio per non cadere e lasciarsi andare nel vuoto è stato un albero apparentemente secco, al primo sciogliersi del ghiaccio una rondine si posa su un ramo e le dita di Muto cominciano a muoversi. La rondine canta seguendo i suoi piccoli gesti che lo riscaldano e lo sciolgono sempre di più. È lui a farla cantare, è lui stesso coi suoi movimenti a generare suono in corrispondenza coi suoni della natura che lo circonda. Più si muove e più il mondo attorno a sé sembra dargli ascolto e accordarsi ai suoi impulsi creativi di cui diventa sempre più cosciente. Altri, che siano i personaggi del suo passato, di questo nuovo presente o del suo futuro, voci illusorie o reali, si fanno attorno a questo artista appena ri-nato, compositore di una musica autentica, una musica che pur ispirata da lui non lo isola, che anzi, frutto di talenti condivisi, coinvolge tutto attorno a sé, libera canti altrui e suoni di strumenti che trovano l’Armonia nello stare assieme.

Note del compositore

La storia di Muto è la storia di tutti noi che, in un modo o nell'altro, ci sentiamo diversi e a volte inadeguati. Attraverso le sue sfide, i suoi insuccessi e successi, impareremo ad accettare la nostra unicità e a trovare la nostra vera voce. Il Brutto Anatroccolo è un'opera che si rivolge a un pubblico di tutte le età. La musica coinvolgente, i personaggi memorabili e il messaggio di speranza la rendono un'opera che vi emozionerà e vi farà riflettere. Lo stile musicale è eclettico, combinando elementi di musica classica contemporanea, dell'opera di tradizione e della musica popolare. L'ensemble strumentale (formato da flauto, clarinetto, violino, viola, violoncello, contrabbasso e percussioni) svolge un ruolo fondamentale, creando atmosfere evocative e sottolineando le personalità e le emozioni dei personaggi. Non mancano citazioni dal grande repertorio operistico, come il Barbiere di Siviglia, La Traviata, il Don Giovanni e la Cavalleria Rusticana. La vocalità dei quattro solisti (soprano, mezzosoprano, tenore e basso) è messa a dura prova dalla varietà di stili utilizzati. I cantanti, dovendo interpretare ognuno più di un personaggio, si trovano a spaziare dallo stile lirico al recitativo, dallo stile fiorito allo stile corale fino allo Sprechgesang e al recitato. Una prova davvero difficile che richiede grande duttilità interpretativa. Sei scene, sei mondi sonori L'opera si articola in sei scene, ognuna caratterizzata da una specifica atmosfera musicale: Prima Scena: Un'esplosione di vivacità ritmica caratterizza la scena iniziale, con i fratelli di Muto che cantano mostrando le loro doti canore fuori dal comune. La musica, brillante e giocosa, sottolinea la bravura, disinvoltura e il virtuosismo della madre e dei fratelli canterini, contrapposti al silenzio imbarazzante di Muto. Seconda Scena: L'atmosfera si fa intima e malinconica nell'incontro tra Muto e Fiammetta. Il canto del soprano si tinge di delicatezza e struggimento, mentre Muto tenta invano di esprimere i suoi sentimenti con gorgheggi e vocalizzi afoni. Fiammetta, pur ammirando la sua bellezza interiore, non riesce a comprendere il suo linguaggio e lo respinge. Un finale, con melodie intrecciate e armonie dissonanti, sottolinea la frustrazione e l'incomunicabilità tra i due personaggi. Terza Scena: Un'ironia pungente e grottesca pervade la terza scena, con Gatto e Volpe che ingannano Muto vendendogli un falso elisir miracoloso per la sua voce. Il tenore e il basso si esibiscono in un gran duetto buffo, con melodie saltellanti e ritmi serrati, che sottolineano la furbizia e l'inganno dei due personaggi. Quarta Scena: La drammaticità e l'angoscia si impossessano della scena con Muto che affronta la sua solitudine e il dolore del rifiuto. La musica si fa cupa e tormentata, con l'orchestra che esegue un adagio straziante. Le voci dei cantanti fuori scena, che rappresentano le voci della coscienza di Muto, si intrecciano in un madrigale a quattro voci, creando un contrappunto di dolore e sofferenza. Quinta Scena: Un'atmosfera gelida e cupa pervade l'inizio della quinta scena, con Muto che vive un gelido inverno interiore ed esteriore. L'orchestra esegue una musica, con tremoli degli archi che evocano il freddo e la solitudine. Nella sesta scena avviene la metamorfosi: la scoperta della propria voce si traduce in una sinfonia di speranza e rinascita. I suoni della natura si integrano con l'orchestra in un crescendo di gioia e trionfo. La vocalità si espande, l'orchestra si avvale di tutta la sua ricchezza timbrica. I cantanti in coro intonano un inno alla gioia e alla diversità. Il Brutto Anatroccolo è un'opera dal forte impatto emotivo, dove la musica sottolinea le emozioni e veicola un messaggio di speranza e rinascita. Un viaggio musicale che celebra la bellezza della diversità e il potere della musica di unire e commuovere.
Salvatore Passantino

Note sul libretto

Sentirsi Brutto Anatroccolo può essere una sensazione dovuta a una fase fisica quanto emozionale della vita di ciascun essere umano. Ecco perché per la nostra storia abbiamo voluto prendere come riferimento l’allegorico mondo delle fiabe che ci connettono da sempre alle nostre emozioni più profonde. La Musica in genere e l’opera in particolare rimangono però la prima fonte di ispirazione e la formula coro, aria, duetto, terzetto, sinfonia ci conduce per mano attraverso i codici espressivi del melodramma, così come le citazioni interne ad ogni scena (Il flauto magico, lo Stabat mater, l’Elisir d’amore, Bohem ecc.) ci offrono spunti riconoscibili che avvicinano il giovane pubblico al mondo dell’opera senza per questo diventarne parodie. La Musica come veicolo metafisico pertanto guida il nostro piccolo protagonista attraverso le sue crisi nella ricerca di una sua personale necessità interiore. Mentre gli incontri che il destino gli offre lo mettono di fronte al fatto che ognuno cerca di arrivare alla libera espressione di sé utilizzando mezzi individuali e perdendo il senso di condivisione e collettività, l’incontro finale con sé stesso lo farà approdare alla soluzione opposta. Ogni momento della vita sarà al tempo stesso una morte e una rinascita e alla fine del suo viaggio metafisico Muto capirà che gli enigmi dell’uomo e del mondo, inspiegabili e intrisi di contraddizioni, possono portare invece alla conoscenza di sé. Quali possono essere allora gli elementi della sua poetica musicale se non le stesse esperienze anche dolorose che lo hanno portato fino a lì? La sua musica diventa una formula magica per calmare la sofferenza, per penetrare le anime, per ispirare l’amore, per la guarigione di un passato doloroso, per attirare la gioia di vivere. In una ricerca del punto estremo in cui la musica si trasforma nella stessa voce del silenzio e in cui il silenzio si identifica con la musica. Si arriva così al superamento del concetto di spazio e tempo, in quanto il vicino e il lontano, il presente e il futuro perdono ogni reale valenza, sono suoni ineffindefinibi che incantano senza virtuosismi. Il nostro Artista non può cancellare la menzogna insita nella vita, la cattiveria dell’essere umano, gli ostacoli e le sue contraddizioni feroci ma proprio per questo aspira alla semplicità e alla purezza. Si ha allora bisogno di incontrare la “Magia”, una “tecnica” che permette o illude l’essere umano di arrivare dove i suoi mezzi fisici e razionali non sono in grado di portarlo. Il Suono diventa così l’ineffabile strumento privilegiato in grado di proteggerci da tutto ciò che minaccia la nostra vita e il nostro benessere. Nel bosco sacro di Apollo gli alberi cantano la melodia degli dei; i rami alti e i rami bassi cantano all’ottava e quelli del centro in una quinta e in una quarta. Così il nostro Albero diventa sintesi di quel bosco di Apollo che avvolge la creazione in un’incantatio divina.
Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi

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