“Mi eseguono poco ma in tutto il mondo” così Vittorio Rieti semplificava la sua parabola artistica con un understatement imprevedibile per un italiano cresciuto nella comunità internazionale egiziana, compositore per passione con studi musicali precocissimi a Milano e quasi clandestini rispetto alla famiglia che lo voleva erede del padre alla testa di una fiorente agenzia di commercio.
In realtà l’indifferenza internazionale verso Rieti (nella foto a destra) non è poi così compatta, tanto che, ad esempio, il suo balletto The Night Shadow con la coreografia di Balanchine, ha superato da tempo le duemila rappresentazioni in tutto il mondo, ma forse la sua naturalizzazione negli Stati Uniti dove fuggì nel 1940 per evitare le persecuzioni antiebraiche, unita all’influenza dei suoi Maestri Respighi e Casella della problematica Generazione degli ’80, e all’imperante moda atonale del Novecento europeo, allergica al suo stile melodico, personalissimo ma catalogabile per semplificazione come ‘neoclassico’, ne hanno decretato prima il bando e poi il conseguente oblio. Oblio stravagante se pensiamo che è stato l’unico compositore italiano a cui Dhiagilev ha commissionato ben due balletti, il Barabau e Le Bal, per i Ballets Russes e che nella sua carriera è stato eseguito ed apprezzato da Casella, Reiner, Mengelberg, Mitropulos, Stokowski, Kubelik, Molinari, Toscanini e, nella realizzazione scenica dei suoi lavori, ebbe la collaborazione di Cagli, De Chirico, De Pisis, Utrillo, Léger fra i tanti.
Fondamentale, dunque, per recuperare il piacere di questa eccellenza italiana dimenticata, la registrazione dell’integrale dei concerti per pianoforte e orchestra di questo compositore anomalo, fortissimamente voluta proprio da Alessandro Marangoni (nella foto a sinistra), pianista e didatta noto per la sua inesausta ricerca di repertori poco frequentati non per originalità a tutti i costi, ma per un’autentica curiosità intellettuale che non ama fermarsi alla pigra routine dell’eterno déjà-vu.
Con lui nel doppio concerto l’amico pianista e compositore Orazio Sciortino, altro giovane rabdomante di freschi ruscelli musicali non ancora inquinati dall’abuso quotidiano e l’Orchestra Sinfonica di Milano, grande interprete della contemporaneità che ha sin dalla sua nascita lo scopo precipuo di attirare alla musica colta un pubblico nuovo e diverso rispetto ai riti più tradizionali. Sul podio Giuseppe Grazioli, grande protagonista della riscoperta europea del Novecento dimenticato e quindi bacchetta ideale per questa incursione pioneristica nell’universo musicale di Rieti.
Racconta così Alessandro Marangoni la scoperta di Rieti: “Ho scoperto Rieti grazie all’amico Bruno Cagli, molto legato alla famiglia del compositore, che mi spronò a cercare le partiture dei suoi Concerti, dicendomi: “Tu hai la sensibilità giusta per suonarli e riportarli alla luce!". Così nacque subito un amore per questo genio italiano così genuino, il cui linguaggio sentii sotto le dita famigliare già alla prima lettura. Sono rimasto dapprima inondato dall’energia vitale della sua musica, come una luce chiarissima e dunque ho voluto approfondire lo studio delle partiture, che rivelano non solo istinto e originalità ma anche una grande sapienza compositiva, sia per quanto riguarda la scrittura pianistica che quella orchestrale. Non ho avuto esitazione nel proporre a Naxos di incidere questi Concerti inediti e sono sicuro piaceranno moltissimo al pubblico! Vittorio Rieti possiede una scintilla particolare, una sorta di slancio vitale contagioso. “
Orazio Sciortino (nella foto a destra) chiosa: “La musica di Vittorio Rieti è una finestra su un Novecento musicale che ancora poco si conosce. I suoi lavori orchestrali, in particolar modo i Concerti per pianorte e per due pianoforti e orchestra, sono un raro esempio di perizia compositiva, caratterizzati di una scrittura orchestrale sempre raffinata e che non cede ai clichés. Rieti si nutre dei luoghi musicali del suo tempo, li rende riconoscibili ma al tempo stesso li reinventa, in un stile sempre affascinante e di grande piacevolezza all’ascolto”
Giuseppe Grazioli (nella foto a sinistra) aggiunge che “Osservando le partiture manoscritte di Rieti mi ha sempre colpito della sua calligrafia un certo tratto infantile: come se il disegno delle note, le scarse indicazioni agogiche, l'impaginazione, tutta l'apparato grafico insomma volesse suggerire agli interpreti l'innocenza e la semplicità che gli appartenevano come persona...eppure all'ascolto questa apparente innocenza si trasforma in una raffinatezza e in una conoscenza armonica e ritmica disarmante che rendono tutt'altro che semplice l'esecuzione della sua musica che, come nel caso di Mozart, può essere rovinata da una sola nota o una sola dinamica fuori posto. Tutte le parti dei singoli musicisti (per non parlare del solista) richiedono un continuo controllo dei pesi e degli equilibri che sono una vera sfida poiché dietro alla sua orchestrazione così limpida e trasparente non c'è modo di nascondersi!
In un mondo musicale (quello del XX secolo) in cui la complessità della scrittura era l'unica arma vincente e in cui il retropensiero a volte era più importante della musica stessa, Rieti con il suo candore, estraneo a tutte le mode, poteva essere apprezzato solo da quei pochi capaci di formulare un giudizio onesto basato unicamente sul suo talento di compositore. Oggi per fortuna il tempo sta facendo piazza pulita di tanta musica del '900 incapace di sintonizzarsi con le orecchie di chi ascolta...che sia giunto il momento di Vittorio Rieti?”.
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