venerdì 14 novembre 2025

Domenica 16 novembre ore 11 - Musica da camera al Ridotto con Professori dell'Orchestra del Teatro alla Scala

 

Domenica 16 novembre 2025 ore 11
Ridotto dei Palchi del Teatro alla Scala
 
Musica da camera al Ridotto
con Professori dell’Orchestra del Teatro alla Scala

 
Fulvio Liviabella e Alexia Tiberghien, violini
Duccio Beluffi, viola
Alfredo Persichilli, violoncello
Cedric Tiberghien, pianoforte
 
Johannes Brahms
Quintetto in fa min. op. 34                                                                                                  
per pianoforte e archi
 
Robert Schumann
Quintetto in mi bem. magg. op. 44                                                                                                 
per pianoforte e archi

I quintetti di Schumann e di Brahms oggi in programma sono tra i primi e indiscussi capolavori di una nuova formazione cameristica che associa il quartetto d’archi classico (due violini, viola e violoncello) al pianoforte. Mancano esempi analoghi di Haydn, Mozart o Beethoven; precursore può essere considerato il Quintetto “della Trota” di Schubert, che però unisce il pianoforte a un quartetto d’archi sui generis, con violino, viola, violoncello e contrabbasso. L’op. 44 di Schumann e l’op. 34 di Brahms non sono musica da suonarsi in privato tra le pareti di casa (a proposito del quartetto d’archi, Schumann stesso diceva che di solito gli esecutori costituivano contemporaneamente il proprio pubblico, come nel Settecento). Non c’è dubbio che entrambi abbiano una scrittura musicale e strumentale complessa, concepita per dei professionisti, caratterizzata da sonorità piene e possenti, adeguate più alla sala da concerto che a un intimistico salotto domestico: hanno il tono dell’orazione vibrante e persuasiva più che dell’amabile conversazione tra amici.
Eppure, la musica da camera ha una posizione atipica nell’Ottocento, a metà tra la sfera pubblica e quella privata. Lo provano le prime esecuzioni del Quintetto di Schumann, composto tra settembre e ottobre 1842. Quella al Gewandhaus di Lipsia dell’8 gennaio 1843 fu inclusa in una Musikalische Morgenunterhaltung, cioè una “conversazione musicale mattutina”: un’occasione esclusiva, in quanto gli spettatori vi accedevano ad invito. Con la moglie Clara al pianoforte, furono eseguiti anche diversi Lieder sia di Robert sia di Clara, la Sonata op. 101 di Beethoven e un preludio e fuga di Bach, la Ciaccona di Bach suonata da Ferdinand David, violinista e compositore insigne. Alla fine degli anni 1840 si ebbero sia esecuzioni private (che i critici musicali, pur presenti, non si sentivano autorizzati a commentare, proprio per non violare il carattere riservato dell’avvenimento), sia in concerti pubblici, con un numero di spettatori variabile: tra trenta e quaranta, fino a cento/centocinquanta in matinée quartettistiche del violinista Henri Vieuxtemps a San Pietroburgo. In tutte queste occasioni l’op. 44 ebbe grande successo, anzi divenne una delle opere più popolari di Schumann, lodata persino da Wagner, che pure non amava particolarmente la musica di Schumann né era avvezzo ad elogiare qualsivoglia collega.
Il Quintetto op. 44 ha un piglio esuberante (secondo movimento escluso, In modo di una marcia: una marcia funebre), iper-romantico e dunque “moderno”; eppure, con più di una suggestione bachiana, all’inizio e alla fine. L’indimenticabile e brillantissimo tema d’attacco richiama il Preludio n. 7 del primo volume del Clavicembalo ben temperato, nella stessa tonalità di mi bemolle maggiore; un preludio che, in modo singolare, comprende anche un fugato. Schumann sembra combinare il salto di settima ascendente dell’inizio del preludio col profilo ritmico del fugato, che procede per quarte ascendenti. Il riferimento ideale al grande Bach diventa palese nella parte conclusiva del quarto tempo, Allegro ma non troppo, dove Schumann, in modo davvero singolare, combina e magnifica in un doppio fugato il tema principale del primo tempo con quello dell’ultimo: metaforicamente, unisce la musica del suo tempo con la grande tradizione tedesca del passato. Del resto, oltre a Bach, nel quintetto si può intravedere anche lo spirito di Beethoven: In modo di una marcia (che, come il successivo Scherzo, ha due trii, il primo meravigliosamente etereo, il secondo agitato) non può non far pensare alla Marcia funebre della Sinfonia “Eroica”.
Beethoven e, in modo diverso, Clara Schumann, sembrano essere presenti idealmente anche nel Quintetto op. 34 di Brahms. Clara contribuì al raggiungimento della veste strumentale definitiva con pianoforte, che fu l’esito finale di un lungo e tormentato percorso creativo. Il brano nacque sì come quintetto, ma per soli archi (due violini, viola, due violoncelli), senza pianoforte. In questa forma fu inviato da Brahms a Clara a fine agosto 1862: la quale lo apprezzò molto ma mise in dubbio che la strumentazione per soli archi fosse la più idonea, come fece anche l’altro amico-consulente di Brahms, il violinista Joseph Joachim. Il timore era che il pezzo non avrebbe retto l’esecuzione pubblica, ormai imprescindibile per un brano di musica da camera come quello. Clara in realtà ne consigliò una versione sinfonica. Brahms riconsiderò a modo suo le critiche ricevute: prima completò una versione per due pianoforti (op. 34b), indi finalmente affiancò il pianoforte al quartetto d’archi. L’attacco dell’op. 34 non è meno memorabile di quello di Schumann: un’analoga esplosione di energia, ma di carattere opposto. Specie nel primo e nell’ultimo movimento il fa minore brahmsiano tende a una serietà corrucciata, autunnale; non a caso nei materiali tematici di tutti i movimenti sono ben percepibili le inflessioni semitonali. Nel tema iniziale c’è chi vi ha colto un ascendente beethoveniano, che però è ancor più evidente nella nebulosa introduzione lenta che precede il Finale (Allegro non troppo): può riportare la memoria all’analoga pagina introduttiva lenta del Finale del Quartetto op. 95, come anche all’inizio del Quartetto op. 131; far percepire il Finale come un punto d’arrivo è poi un procedimento beethoveniano quanti altri mai (si pensi alla Quinta e alla Nona Sinfonia, nonché alla Prima Sinfonia dello stesso Brahms). Alla maschia durezza del primo movimento segue l’oasi lirica del secondo, Andante, un poco Adagio, indi il demoniaco Scherzo, caratterizzato da un impulso ritmico martellante e da una scrittura a sbalzi, tra cambi di metro e tonalità.
Saverio Lamacchia




Fulvio Liviabella
Dopo il diploma al Conservatorio “G.Verdi” di Torino sotto la guida di Christine Anderson, si è perfezionato con Salvatore Accardo, Boris Kuschinr, Norbert Brainin. Ha vinto numerosi concorsi come solista e come camerista. Ha suonato per 5 anni con “I Solisti Veneti” esibendosi anche come solista nelle principali sale di tutto il mondo. È stato per tre anni Spalla dei primi violini presso l’Orchestra Metropolitana di Lisbona. Attualmente, è violinista presso l’Orchestra del Teatro alla Scala e della Filarmonica della Scala di Milano.
Alexia Tiberghien
Diplomatasi a Parigi nel 1997 sotto la guida di Guy Comentale, si perfeziona in seguito con Jacques Ghestem, Aurelio Perez et Valery Gradow. La passione per la musica da camera la porta a perfezionarsi nel trio con pianoforte con Hortense Cartier-Bresson, nel quartetto con il Quatuor Yasye e nel quintetto con pianoforte con Jacques Saint-Yves. Si esibisce più volte con l’orchestra Impromptu, suonando i concerti di Sibelius e Saint-Saens. Vincitrice del concorso internazionale, dal 2004 suona con l’Orchestra del Teatro alla Scala nella fila dei secondi violini. Laureata in Storia dell’Arte alla Sorbona di Parigi, suona un violino Claude Pierray del 1711.
Duccio Beluffi
Dopo il diploma in viola nel 2008, si è perfezionato con Wilfried Strehle al Mozarteum di Salisburgo e Nobuko lmai all’Haute École de Musique de Sion. Nello stesso anno vince il concorso per Prima viola al Teatro San Carlo di Napoli. Più recentemente ha conseguito l’idoneità come Principal Viola alla Royal Scottisch National Orchestra di Glasgow dove è stato invitato come Principal Guest. Nel 2010 ha collaborato con i Berliner Philharmoniker Camerata Ensemble. Nel 2012 vince il concorso per Prima viola all’Arena di Verona. Nel 2015 vince l’audizione per il ruolo di Solista di Viola al Teatre Liceu di Barcelona. Da allora viene regolarmente invitato da quest’Ente così come dall’Orchestra Sinfonica di Barcelona OBC. In Italia è stato invitato a svolgere il ruolo di Prima viola presso I Virtuosi della Scala, l’ORT di Firenze e il Teatro dell’Opera di Roma.
Alfredo Persichilli
Primo violoncello del Teatro alla Scala e della Filarmonica della Scala. Suona nelle più importanti società concertistiche collaborando con musicisti quali Andràs Schiff, Anne Sophie Mutter, Miklos Pereniy, Heinz Holliger, Wolfram Christ, Bruno Giuranna.
Cédric Tiberghien
Diplomatosi al Conservatoire Supérieur de Musique de Paris con Gérard Frémy, nel 1998 vince a Parigi il premio Marguerite Long, iniziando una carriera internazionale che lo porta a suonare come solista con orchestre come i Berliner Philharmoniker, London Philharmonic, San Francisco Symphony, con la direzione di direttori come Cristian Macelaru, Simone Young, Matthias Pintscher, Francois-Xavier Roth, Alain Altinoglu. Si esibisce regolarmente anche in recital per pianoforte solo e musica da camera a Londra, Parigi, Amsterdam, ed in particolare con il baritono Stéphane Degout e la violinista Alina Ibragimova.

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