lunedì 24 novembre 2025

LIRICA JESI: il 29 e 30 novembre in prima mondiale IL GIUDIZIO DI PARIDE, nuova opera del compositore Paolo Marchettini con libretto di Fabio Ceresa

 
Sabato 29 novembre ore 20,30 e domenica 30 novembre ore 16, anteprima il 27 novembre ore 16, debutta al Teatro Pergolesi di Jesi, per la 58/a Stagione Lirica di Tradizione, un titolo d’opera al debutto assoluto, appositamente commissionato dalla Fondazione Pergolesi Spontini: “Il Giudizio di Paride. Processo a un deicida”, libretto di Fabio Ceresa, e musica di Paolo Marchettini (nella foto a destra), compositore italiano, oggi residente a New York, docente presso la Manhattan School of Music.
Il titolo sarà diretto da Gianluca Martinenghi, sul podio del  Time Machine Ensemble e alla guida di una giovane compagnia di canto composta da Laura Stella (Hera), Gaia Cardinale (Atena), Elena Antonini (Afrodite), Benedetta Mazzetto (Artemide/Apollo), Mattia Fiocco (Asclepio/Zeus), Alessandro Abis (Zeus).
La regia è di Fabio Ceresa, scene e costumi sono affidati, rispettivamente, a Bruno Antonetti e Giulia Negrin, vincitori della V edizione del Concorso dedicato a Josef Svoboda “Progettazione di Allestimento scene e costumi di Teatro Musicale” riservato a iscritti al Biennio di Specializzazione in Scenografia delle Accademie di Belle Arti di Macerata, Bologna, Venezia, Carrara, Bari e Brera.
 

Il testo descrive un processo contro Paride, accusato di deicidio per la morte di Achille. Sullo scranno del giudice siede Hera, a rappresentare l’accusa è Atena, alla difesa Afrodite, testimoni Apollo, Artemide, Asclepio e persino Zeus. Ma la sentenza non spetta agli dèi. Sarà il pubblico a decidere se Paride sia colpevole o innocente.
La struttura richiama i meccanismi del legal drama, alternando solennità, ironia e comicità, in una cornice mitologica che diventa riflessione sul libero arbitrio e il destino.
 Spiega il compositore, Paolo Marchettini: “Il Giudizio di Paride è un opera/processo, in cui ad agire sono divinità dell’Olimpo (la maggior parte femminili), con gli stessi difetti, vizi, capricci e gelosie dei normali esseri umani. L’opera, divisa in dieci quadri, cambia registro di frequente, dal dramma solenne alla commedia, dai toni malinconici a quelli giocosi, in un continuo meccanismo di incontri e di scontri. Anche il pubblico sarà chiamato a dare il suo verdetto: Paride, come tutti noi, è colpevole delle sue scelte, o innocente, in quanto parte di un destino stabilito? Si arriverà a questa cruciale domanda attraverso contrasti, seduzioni, pianti, giochi, il tutto in un continuo flusso verbale e musicale. Il riferimento all’opera italiana del ‘700, e all’opera moderna neoclassica è evidente, ma, allo stesso tempo, differenti influssi cercano di infondere al Giudizio di Paride un carattere particolare. La solennità dell’Olimpo è rappresentata da uno speciale intervallo musicale, la quinta giusta (Il preferito degli antichi greci) che, durante l’opera, muta, si mescola, si guasta, prende altre forme, seguendo le imperfezioni dei personaggi. Il dramma degli dèi, come di noi umani, è nella tensione verso la perfezione, e la constatazione del caos, del disordine del reale”.
Per il librettista e regista, Fabio Ceresa (nella foto a sinistra), “Il Giudizio di Paride è una commedia teologica, una satira del potere divino e una meditazione sul senso della libertà. L’aula del tribunale divino diventa un palcoscenico dove il mito incontra la modernità del legal drama: arringhe, perizie, testimoni, obiezioni, colpi di scena. Ma sotto la parodia della procedura si muove una domanda vertiginosa: chi può essere giudice del destino? E quale spazio resta alla libertà quando tutto è già scritto?
Nell’opera, Hera incarna la legge come forma di potere, Atena è la ragione assoluta, Afrodite la forza vitale che deride le regole, attorno a loro si alternano i testimoni, caricature divine della scienza e della retorica. Infine Zeus, che rivela la verità sulla condizione umana, pone le basi per l’interrogativo più importante: è il fato a guidarmi, o il mio destino lo decido io? In quell’interrogativo, sospeso tra filosofia e teatro, tra ironia e tenerezza, gli dèi si fanno uomini e l’uomo, per un istante, diventa divino”.

Nessun commento:

Posta un commento