Stagione da camera
Domenica 30 novembre 2025 ore 11
Teatro Gerolamo (Piazza Beccaria, 1)
Johannes Brahms
Sestetto per archi n. 1 in Si bemolle
maggiore op. 18
Richard Strauss
Metamorphosen per sette strumenti
Emmanuel Tjeknavorian Violino
I Solisti della Sinfonica di Milano
Nicolai Freiherr von
Dellingshausen Violino
Miho Yamagishi Viola
Kirill Vishnyakov Viola
Tobia Scarpolini Violoncello
Nadia Bianchi Violoncello
Joachim Massa Contrabbasso
In collaborazione con il Teatro
Gerolamo
Metamorphosen è uno dei capolavori più alti e più desolati che mai siano stati concepiti in musica: ed è un capolavoro enigmatico. È un lungo compianto di severa bellezza musicale. Quando l’autore completa il lavoro è l’aprile del 1945 e la guerra sta per concludersi. In quel periodo, in Germania è annientata ogni fede, ogni speranza di umanità, di arte, di etica. Sull'immensità delle rovine dominano angoscia, infamia, morte. «Sono disperato. La mia amata Dresda - Weimar - Monaco tutto distrutto!» (febbraio 1945, lettera di Strauss a Gregor). L'8 marzo Strauss concluse la partitura sommaria di Metamorphosen, il 12 aprile la partitura definitiva.
Ben altro contesto è quello del Sestetto di Brahms. È il 1858 quando inizia a lavorarci, il Sestetto n. 1 in si bemolle maggiore op. 18 è un lavoro importante nel percorso artistico di Brahms, perché da un lato può essere considerato come una tappa del suo avvicinamento obliquo e titubante alla Sinfonia, per le ampie dimensioni e per la grande densità armonica, mentre dall'altro lato è uno dei suoi primi capolavori nel genere cameristico. Nonostante il respiro sinfonico, Brahms non forza in alcun modo l'organico cameristico prescelto e tutto resta nelle normali possibilità sonore e tecniche dei sei strumenti ad arco impiegati, con quel senso della misura che presiede anche all'equilibrata costruzione formale. Non è un caso che proprio nell'anno di composizione di questo Sestetto Brahms avesse proclamato la sua netta posizione a favore d'un ritorno al Classicismo, sottoscrivendo un manifesto contro la "nuova scuola tedesca", che pretendeva di chiamare ispirazione l'incapacità di dare una forma finale perfetta a un flusso di idee senza guida, associate l'una all'altra soltanto nella mente del compositore.

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