La quarantatreesima stagione della
Filarmonica della Scala, realizzata in collaborazione con il Main
Partner UniCredit, s’inaugura lunedì 27 gennaio alle ore
20 al Teatro alla Scala con Riccardo Chailly sul
podio. In programma c’è la Sinfonia n. 7 in mi minore di Gustav
Mahler, che il direttore principale ha diretto l’ultima volta con
la Filarmonica nel 2011.
Dalla nomina di Chailly a Direttore
Principale della Filarmonica della Scala nel 2015, la musica di
Gustav Mahler ha accompagnato il percorso sinfonico del Maestro al
pari di quella dei grandi autori russi, così come quella di Giuseppe
Verdi e di Giacomo Puccini in ambito operistico. In dieci anni ha
ripercorso l’intero ciclo: la Prima nel 2015,
la Terza nel 2018, Quarta, Quinta e Sesta nel
2019, la Seconda nel 2022, e l’Ottava nel 2023,
la Nona riveste un ruolo particolare, ed era stata scelta
da Chailly nel 1991 per il suo primo concerto in omaggio a Claudio
Abbado, che l’aveva diretta per il primo concerto della
Filarmonica. Tante le riprese delle sinfonie mahleriane anche in
tournée e all’estero per un totale di 33 esecuzioni, tra queste
anche la partecipazione al Festival Mahler all’Auditorium di Milano
e nei concerti a Barcellona, Madrid, Amburgo e Francoforte nel 2022.
Questa Settima costituisce quindi il climax ideale di un
percorso decennale che ha attraversato anche i numeri sinfonici meno
eseguiti.
«In questi anni abbiamo affrontato tutte le sinfonie di
Mahler, mancava solo la Settima, che può essere vista come una
rivisitazione, da parte del compositore, di tutte le precedenti
sinfonie». Chailly spiega: «Una partitura che è forse la più
difficile da eseguire e da dirigere, iniziamo con una grande sfida e
un capolavoro assoluto, che non segna il tempo». Il Maestro ci
accompagna nel percorso della sinfonia, tanto apprezzata dalla
critica fin dalla prima esecuzione quanto tortuosa nella sua
gestazione: «La sinfonia si apre con una marcia funebre, che torna
ogni volta con toni appassionati e minacciosi, alternandosi a momenti
agresti descritti dai campanacci di montagna, quasi con l’idea di
potersi staccare dal mondo, per poi tornare nella tragedia della
marcia funebre. Il secondo movimento è un bellissimo notturno, dove
appare però un motto tratto dalla Sesta Sinfonia, un accordo
maggiore e poi minore, un’ossessione che premonisce la tragedia.
Per il terzo movimento, uno scherzo, Mahler lascia un’indicazione
per il direttore e per gli orchestrali: Schattenhaft,
“spettrale”. È un vortice infernale di una musica in tre quarti
che ricorda il valzer viennese, come una furibonda danza con il
destino. Un Ländler centrale forma il Trio, che porta a
una serenità apparente. Il quarto movimento è ancora un notturno in
cui l’orchestra si dirada in una trasparenza straordinaria per
accogliere il primo violino, che espone la melodia di apertura, poi
si aggiungono l’arpa e il mandolino. Strumenti inusuali per allora,
che danno l’idea di questo colore notturno, antitetico alla
negatività vissuta finora. Il Rondò finale è un vero passo di
bravura orchestrale. Si comincia con il timpano solista cui segue una
fanfara degli ottoni che torna otto volte creando un percorso
circolare. La penultima battuta è un’armonia distorta,
un’ipotetica felicità raggiunta ma in modo illusorio. Tutta la
sinfonia si sospende all’ottantesimo minuto, alla fine c’è un
colpo di tutta l’orchestra che chiude con l’accordo di do
maggiore».
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