martedì 28 gennaio 2025

Moshen Namjoo in "Minooor". Il 3 febbraio unica data italiana del tour del musicista iraniano con il suo nuovo progetto. A Roma il concerto in Sala Casella ospite dell'Accademia Filarmonica Romana

 

Sarà Roma l’unica città italiana del nuovo tour dell’artista iraniano Mohsen Namjoo, che nell’arco di poco più di un mese da Edimburgo arriverà fino a San Francisco e Los Angeles passando per Parigi, Londra, Amsterdam, Stoccolma e alcune città tedesche. Ospite dell’Accademia Filarmonica Romana, lunedì 3 febbraio la Sala Casella (due i concerti, alle ore 19 e alle ore 21.30 in via Flaminia 118) accoglie Mohsen Namjoo nel suo ultimo progetto “Minooor”, performance audiovisiva, fra arte, musica e narrazione che ripercorre storia e ricordi legati all’Iran.


Soprannominato dalla stampa americana il “Bob Dylan iraniano”, Mohsen nasce in una piccola città del nord est dell’Iran e cresce a Mashhad, approfondendo la musica classica persiana e studiando successivamente alla Tehran University of Art. Al contempo si interessa ai grandi musicisti dell’Occidente, nutrendo interesse soprattutto per Jim Morrison ed Eric Clapton. L’originale e stimolante mix di culture crea uno stile musicale decisamente personale, in cui la tradizione persiana dialoga e si intreccia con il blues e il rock, fra sitar e chitarra elettrica. A 32 anni, nel 2008, la musica di Mohsen, critica contro il regime islamico, lo obbliga all’esilio, e da allora l’artista, che non ha più fatto ritorno nel suo paese, dove pende una condanna a cinque anni con l’accusa di aver disonorato con la sua musica il Corano, vive fra gli Stati Uniti e l’Europa.


Accompagnandosi con il sitar, tradizionale strumento indiano a corde diffuso in tutto l’Oriente, Mohsen ripercorre in “Minooor” la storia dell’Iran nel primo decennio dopo la rivoluzione islamica del 1978-79 che portò a importanti cambiamenti politici, culturali e sociali. La musica sconfina nell’arte visiva e nel racconto in un viaggio emotivo che vive di ricordi d’infanzia, gioie e tristezze, per raccontare con l’arte la complessità dell’esperienza umana.

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