Sarà Roma l’unica città italiana del nuovo tour dell’artista iraniano Mohsen Namjoo, che nell’arco di poco più di un mese da Edimburgo arriverà fino a San Francisco e Los Angeles passando per Parigi, Londra, Amsterdam, Stoccolma e alcune città tedesche. Ospite dell’Accademia Filarmonica Romana, lunedì 3 febbraio la Sala Casella (due i concerti, alle ore 19 e alle ore 21.30 in via Flaminia 118) accoglie Mohsen Namjoo nel suo ultimo progetto “Minooor”, performance audiovisiva, fra arte, musica e narrazione che ripercorre storia e ricordi legati all’Iran.
Soprannominato dalla stampa americana il “Bob Dylan iraniano”, Mohsen nasce in una piccola città del nord est dell’Iran e cresce a Mashhad, approfondendo la musica classica persiana e studiando successivamente alla Tehran University of Art. Al contempo si interessa ai grandi musicisti dell’Occidente, nutrendo interesse soprattutto per Jim Morrison ed Eric Clapton. L’originale e stimolante mix di culture crea uno stile musicale decisamente personale, in cui la tradizione persiana dialoga e si intreccia con il blues e il rock, fra sitar e chitarra elettrica. A 32 anni, nel 2008, la musica di Mohsen, critica contro il regime islamico, lo obbliga all’esilio, e da allora l’artista, che non ha più fatto ritorno nel suo paese, dove pende una condanna a cinque anni con l’accusa di aver disonorato con la sua musica il Corano, vive fra gli Stati Uniti e l’Europa.
Accompagnandosi con il sitar, tradizionale strumento indiano a corde diffuso in tutto l’Oriente, Mohsen ripercorre in “Minooor” la storia dell’Iran nel primo decennio dopo la rivoluzione islamica del 1978-79 che portò a importanti cambiamenti politici, culturali e sociali. La musica sconfina nell’arte visiva e nel racconto in un viaggio emotivo che vive di ricordi d’infanzia, gioie e tristezze, per raccontare con l’arte la complessità dell’esperienza umana.
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