Il 2025 della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento prosegue con un nuovo appuntamento della Stagione sinfonica. Martedì 21 gennaio 2025 alle ore 20.00, l’Auditorium di Bolzano accoglierà il gradito ritorno a capo dell’Orchestra Haydn di Diego Ceretta, classe 1996 e già Direttore Principale dell’ORT-Orchestra della Toscana, con un programma capace di declinare il mito in musica. Il concerto sarà trasmesso in diretta su RAI Radio 3, e verrà replicato il giorno successivo a Trento, mercoledì 22 gennaio alle ore 20.30all’Auditorium Santa Chiara della città, e giovedì 23 gennaio alle ore 20.45 al Teatro Comunale di Pergine Valsugana (in quest’ultima replica l’Orchestra eseguirà Pizzetti e Mendelssohn)
Ad aprire la serata sarà la prima esecuzione italiana di La Source d'Yggdrasil, brano composto nel 2018 dalla trentatreenne compositrice francese Camille Pépin (nella foto a sinistra), artista che si sta facendo notare con la sua musica nelle maggiori sale da concerto d’Europa. Con questo lavoro Camille Pépin affronta Yggdrasil, l’albero del mondo, simbolo del continuo fluire della vita che secondo la mitologia norrena sorregge il cielo. Il frassino rappresenta la verticalità della vita per eccellenza, e riassume l’antagonismo tra terreno e celeste, materiale e spirituale.
I Tre preludi sinfonici per l'Edipo
re di Sofocle sono la prima composizione orchestrale
di Ildebrando Pizzetti, tra i più influenti compositori
italiani del primo Novecento, che concentra il suo interesse su
alcuni sentimenti chiave dei protagonisti piuttosto che sulla
narrazione dei fatti della tragedia sofoclea. Nel 1901 l’autore
compose un’Ouverture per l'Edipo a Colono che piacque
all’attore Gustavo Salvini (nella foto a destra), al quale il musicista l'aveva dedicata.
Tre anni dopo lo stesso attore gli chiederà di scrivere gli
Intermezzi per l'Edipo re che egli voleva rappresentare. La
realizzazione scenica della tragedia sofoclea si svolse nel 1904 al
Teatro Olimpia di Milano, ma solo nel dicembre del 1919 all'Augusteo
di Roma Pizzetti diresse i Tre preludi per la prima volta in forma di
concerto
La Sinfonia n. 3 op. 56 "Scozzese" venne ultimata da Felix Mendelssohn Bartholdy nel 1842. Le prime suggestioni gli vennero da un viaggio in Scozia intrapreso nel 1829, in compagnia dell'amico di famiglia Carl Klingemann. A Edimburgo Mendelssohn rimase impressionato dall'Holyrood Palace (nell'immagine a sinistra)e dai luoghi storici legati a Maria Stuarda. Conclusa nel gennaio 1842, la "Scozzese" venne poi dedicata alla regina Vittoria ed eseguita la prima volta a Lipsia il 3 marzo successivo. Si tratta di un'opera di forte ispirazione, che evoca con grande suggestione tra paesaggi e sensazioni eroici, malinconici, e allo stesso tempo grandiosamente epici. La Sinfonia è articolata nei canonici quattro movimenti, da eseguirsi senza soluzione di continuità.
Nell’esporre le caratteristiche del programma musicale, il direttore Diego Ceretta ne evidenzia i tratti comuni: «I tre brani si riferiscono tutti al mito ma in modo diverso. Rispetto alle due composizioni più recenti, ispirate uno alla mitologia norrena e l’altro alla letteratura greca, in Mendelssohn vi è una maggiore presenza dell’elemento paesaggistico. Nonostante ciò, tutti e tre i brani si presentano come avvolti in un alone di mistero, esprimendo qualcosa di inafferrabile. La Sinfonia “Scozzese” è intrisa di un’atmosfera estremamente rarefatta, mentre quello di Camille Pépin è un brano che presenta una pulsazione continua di fondo che non è vitale, ma una linfa che scorre, proprio come la linfa dell’albero del mondo. In Pizzetti l’atmosfera si avvolge di una certa staticità che pervade l’assetto dei tre Preludi, compreso il secondo che sembra essere quello più impetuoso, ma alla fine non trova sfogo, abbandonandosi in questo alone mistico».
La musica veicola così elementi mitologici attraverso epoche e stili differenti, che dall’Ottocento raggiungono i giorni nostri: «Non si tratta solo di tre periodi storici differenti ma di tre identità culturali estremamente diverse – prosegue Diego Ceretta. Mentre Pepin fa largo uso di quel suono rarefatto tipicamente francese, che poggia sulla qualità dell’emissione del suono, in Pizzetti (nella foto a destra) troviamo uno stile più concreto e legato al canto, al lirismo italiano. Mendelssohn sfrutta invece la forma musicale per poter arrivare al messaggio e ad espedienti tecnici, su tutti il contrappunto mediante l’impiego di Fughe e Canoni, tanto da divenire la sua cifra distintiva. Nonostante la diversità di stili, tutti e tre i compositori riescono con la propria voce a raggiungere questa atmosfera di mistero, di ricerca dell’inafferrabile in comune».
La Sinfonia n. 3 op. 56 "Scozzese" venne ultimata da Felix Mendelssohn Bartholdy nel 1842. Le prime suggestioni gli vennero da un viaggio in Scozia intrapreso nel 1829, in compagnia dell'amico di famiglia Carl Klingemann. A Edimburgo Mendelssohn rimase impressionato dall'Holyrood Palace (nell'immagine a sinistra)e dai luoghi storici legati a Maria Stuarda. Conclusa nel gennaio 1842, la "Scozzese" venne poi dedicata alla regina Vittoria ed eseguita la prima volta a Lipsia il 3 marzo successivo. Si tratta di un'opera di forte ispirazione, che evoca con grande suggestione tra paesaggi e sensazioni eroici, malinconici, e allo stesso tempo grandiosamente epici. La Sinfonia è articolata nei canonici quattro movimenti, da eseguirsi senza soluzione di continuità.
Nell’esporre le caratteristiche del programma musicale, il direttore Diego Ceretta ne evidenzia i tratti comuni: «I tre brani si riferiscono tutti al mito ma in modo diverso. Rispetto alle due composizioni più recenti, ispirate uno alla mitologia norrena e l’altro alla letteratura greca, in Mendelssohn vi è una maggiore presenza dell’elemento paesaggistico. Nonostante ciò, tutti e tre i brani si presentano come avvolti in un alone di mistero, esprimendo qualcosa di inafferrabile. La Sinfonia “Scozzese” è intrisa di un’atmosfera estremamente rarefatta, mentre quello di Camille Pépin è un brano che presenta una pulsazione continua di fondo che non è vitale, ma una linfa che scorre, proprio come la linfa dell’albero del mondo. In Pizzetti l’atmosfera si avvolge di una certa staticità che pervade l’assetto dei tre Preludi, compreso il secondo che sembra essere quello più impetuoso, ma alla fine non trova sfogo, abbandonandosi in questo alone mistico».
La musica veicola così elementi mitologici attraverso epoche e stili differenti, che dall’Ottocento raggiungono i giorni nostri: «Non si tratta solo di tre periodi storici differenti ma di tre identità culturali estremamente diverse – prosegue Diego Ceretta. Mentre Pepin fa largo uso di quel suono rarefatto tipicamente francese, che poggia sulla qualità dell’emissione del suono, in Pizzetti (nella foto a destra) troviamo uno stile più concreto e legato al canto, al lirismo italiano. Mendelssohn sfrutta invece la forma musicale per poter arrivare al messaggio e ad espedienti tecnici, su tutti il contrappunto mediante l’impiego di Fughe e Canoni, tanto da divenire la sua cifra distintiva. Nonostante la diversità di stili, tutti e tre i compositori riescono con la propria voce a raggiungere questa atmosfera di mistero, di ricerca dell’inafferrabile in comune».
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