Il primo appuntamento primaverile della Stagione Filarmonica è lunedì 24 marzo alle ore 20 con Daniele Gatti, che torna sul podio scaligero per dirigere Langsamer Satz di Anton Webern e Die Meistersinger: An Orchestral Tribute, trascrizione sinfonica del compositore olandese Henk de Vlieger (nella foto a destra) da I Maestri Cantori di Norimberga di Richard Wagner. Lo affianca Frank Peter Zimmermann, violinista tra i più richiesti al mondo che alla Scala manca dal 2012. Raffinato interprete della musica del Novecento e contemporanea, Zimmermann è impegnato nel Concerto per violino e orchestra di Alban Berg “Alla memoria di un angelo”. Appassionato alla seconda scuola di Vienna e alla musica di Richard Wagner, nel 2017 Daniele Gatti ha riportato I Maestri Cantori di Norimberga al Teatro alla Scala con la regia di Harry Kupfer, dopo un’assenza di 27 anni. «È uno di quei capolavori universali che abbiamo l’obbligo di proporre al pubblico. È una commedia venata di profonda malinconia ed è l’unica opera di Wagner che discende sulla terra, i personaggi possiamo incontrarli tutti i giorni, possiamo farli nostri» ha detto Gatti in un’intervista per Rai Radio 3.
Daniele Gatti e Frank Peter Zimmermann sono protagonisti anche della Prova Aperta di domenica 23 marzo alle ore 19:30 a sostegno di Fondazione Angela Giorgetti, tra gli enti impegnati nel contrasto alla povertà educativa selezionati per la Stagione 2025. Con i fondi raccolti l’Associazione punterà, nelle tre Scuole secondarie di primo grado ubicate nei Municipi 4 e 5 del Comune di Milano in cui opera, al miglioramento del supporto scolastico, al rafforzamento di laboratori sul metodo di studio, ad una maggiore diffusione del progetto di orientamento, alla creazione di un coro.
Il Concerto per violino è l’ultima opera completa di Alban Berg, scritta in memoria di Manon Gropius (nella foto a sinistra), ragazza diciottenne da poco venuta a mancare. L’intero concerto è un viaggio dalle tenebre alla luce, un tenero ritratto di questa adolescente, della sua morte e trasfigurazione. Luca Ciammarughi scrive nelle note di sala: «Quando il primo movimento era ormai avanzato e il materiale compositivo di base del Concerto era già stato determinato da tempo, Berg era ancora alla ricerca di un corale bachiano da introdurre in qualche modo. Quando ne trovò uno, si accorse che non solo il testo era perfetto, ma anche che le prime quattro note erano le ultime quattro della sua stessa serie di dodici note. Questo corale, carico di tensione armonica, proviene dalla Cantata n. 60, O Ewigkeit, du Donnerwort (“O Eternità, Parola del Tuono”). Le armonizzazioni di Berg e Bach si intersecano sottilmente. Al corale spoglio seguono le variazioni, a partire da una declinazione del tema in sordina da parte dei violoncelli e dell’arpa. Il violino solista, anch’esso in sordina, si unisce; si aggiunge un violino dell’orchestra, poi un altro, e così via. Berg chiede addirittura che a questo punto il violinista assuma “in modo udibile e visibile” la guida degli archi. Louis Krasner ha dichiarato che per Berg questa era “la vera cadenza” del Concerto, e che pensava a questo momento come a un passaggio in cui sembrava di percepire l’assolo attraverso una lente d’ingrandimento sempre più ravvicinata, fino a quando un solo violino, cresciuto a dismisura, riempie interamente la stanza».
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