martedì 17 dicembre 2024

Arena Young porta in scena Il Pandoro magico, favola lirica di Gloria Bruni


Fervono i preparativi per il Natale e Fondazione Arena dedica ai più piccoli l’ultimo titolo dell’anno: Il Pandoro magico, favola lirica di Gloria Bruni (nella foto). Musica, bel canto e tanta fantasia. Lo spettacolo andrà in scena, in sala Filarmonica, giovedì 19 dicembre, alle ore 10.30, per le scuole e sabato 21 dicembre, alle ore 15.30, per le famiglie. I due appuntamenti rientrano nel programma di Arena Young, progetto della Fondazione Arena di Verona volto ad accostare i giovanissimi alla musica lirica ed operistica.
Una sequenza di 11 quadri in cui il protagonista Pandoro affronta numerose vicissitudini, incontrando i più svariati personaggi. In questa opera Gloria Bruni rivisita una fiaba popolare nordeuropea per raccontare ai piccoli spettatori argomenti di attualità, come la fame nel mondo e l’importanza di una corretta alimentazione, la questione ambientale, ma anche argomenti più intimisti ed universali come la bellezza della vera amicizia e la gioia di aiutare il prossimo.
Lo spettacolo, su libretto di Lauro Ferrarini, è diretto dal maestro Paolo Facincani (nella foto). Sul palco si esibiranno i cantanti Nicolò Rigano, Tatiana Maria Meira De Aguiar, Maria Giuditta Guglielmi e Pierre Todorovich, accompagnati dall’Orchestra areniana e dal Coro di voci bianche Alive. La regia è di Catia Pongiluppi ed i costumi di Christian Celadon.
Agli spettatori sarà offerto un momento dolce da parte del Gruppo Bauli.  
Il Pandoro Magico trae ispirazione da 'Der Verzauberte Pfannkuchen', mini-opera scritta da Gloria Bruni nel 2018 e rappresentata in occasione dell'Avvento alla Staatsoper di Amburgo.
I posti riservati alle scuole sono prenotabili contattando l’Area Formazione e Promozione Scuole di Fondazione Arena di Verona, tel. 0458051933, mail: scuola@arenadiverona.it. Per sabato 21, invece, biglietti in vendita online sul sito www.arena.it, alla biglietteria di Fondazione Arena oppure, a partire da due ore prima dello spettacolo, alla biglietteria del Teatro Filarmonico in via dei Mutilati.
La rassegna Arena Young è realizzata con il supporto di Generali-Cattolica.
Main sponsor delle Stagioni artistiche 2024 al Teatro Filarmonico è BCC Veneta.

TRAMA
In una fredda notte d’inverno, ai margini della foresta, in una piccola capanna, tre vecchietti decidono di preparare un pandoro. Durante l’impasto, per errore, usano un mestolo incantato: il Pandoro prende vita e, appena sfornato, salta fuori dal forno e, per non essere mangiato, comincia a fuggire rotolando. Una grande avventura in giro per il mondo porta il simpatico dolce tra campagne, oltre boschi e valli. Nel suo viaggio Pandoro incontra Coniglio che, fingendosi amico, vuole, in realtà, solo mangiarlo: il Pandoro scappa, rotolando via. Raggiunge un molo in riva al mare dove, nonostante gli avvertimenti di due Rane lì vicino, cade in acqua, dove ammira stupito i tanti pesci colorati e coralli, creature che trattengono il Pandoro contro la sua volontà.  Le urla di aiuto del Pandoro giungono ad un Polpo, che lo libera e lo conduce su una spiaggia sicura dove gli fa un’inattesa rivelazione: “Fai del bene agli altri e troverai la felicità, perché questo è il tuo vero destino!”. Pandoro rotola di nuovo via, fino a che in un prato incontra un'Oca. Entrambi hanno paura di essere mangiati, ma decidono di provare a fidarsi: l’Oca gli offre di portarlo in volo così che Pandoro possa ammirare il mondo dall'alto. Da lì, scorgono una bambina affamata in mezzo alla piazza di un villaggio: il Pandoro scende e le si avvicina dicendole che, se ha fame, può mangiarlo. Ma la bambina non vuole fargli del male. Si limita a toccare il Pandoro, che, per incanto, si divide in tanti piccoli Pandorini che sfamano i bambini poveri del villaggio. E così, tutti insieme, festeggiano un felice ed indimenticabile Natale.

NATALE A SANTA CECILIA: DUDAMEL DIRIGE LO SCHIACCIANOCI

 

giovedì 19 dicembre ore 19:30
venerdì 20 dicembre ore 20:30
sabato 21 dicembre ore 18
Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – Sala Santa Cecilia
Orchestra e Coro di Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Gustavo Dudamel
maestra del coro di voci bianche Claudia Morelli

Čajkovskij
Lo schiaccianoci 
balletto completo – in forma di concerto
 
Un ospite attesissimo torna a Santa Cecilia per l’ultimo concerto dell’anno: Gustavo Dudamel (nella oto di Danny Clinch per la LAPO)– tra le più interessanti e influenti bacchette della scena internazionale – sale sul podio dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che per prima l’ha ospitato in Italia nel 2005, per dirigere Lo Schiaccianoci di Čajkovskij.
Per la prima volta a Santa Cecilia, sarà eseguito l’integrale del balletto in forma di concerto giovedì 19 dicembre alle ore 19.30 presso la Sala Santa Cecilia (Auditorium Parco della Musica), e sarà poi replicato venerdì 20 dicembre alle ore 20.30 e sabato 21 dicembre alle ore 18.
Gustavo Dudamel, attualmente Direttore Musicale e Artistico della Los Angeles Philharmonic e Direttore Musicale della Simón Bolívar Symphony Orchestra, si confronta con un classico natalizio, presentando al pubblico dell’Accademia di Santa Cecilia un repertorio che ha già avuto modo di dirigere in passato in più occasioni, incidendone anche una versione per la Deutsche Grammophon insieme alla Los Angeles Philharmonic.
 
La dimensione onirica e fiabesca, unita all’ambientazione natalizia in cui si sviluppa la narrazione, ha favorito negli anni un progressivo accostamento tra il balletto di Čajkovskij e il periodo di Natale –  un connubio divenuto, ad oggi, particolarmente saldo nel nostro immaginario collettivo.
Composto tra il 1891 e il 1892, la fonte principale che ha ispirato il balletto non è tanto il noto racconto Schiaccianoci e il re dei topi di E. T. A. Hoffmann – una fiaba solo in apparenza destinata  all’infanzia – bensì la riscrittura ben più edulcorata di Alexandre Dumas padre. In tempi più moderni Lo Schiaccianoci è andato incontro anche a molti adattamenti per il grande e piccolo schermo, che ne hanno consolidato la fama. Sono, infatti, numerose le colonne sonore cinematografiche (così come gli spot pubblicitari) che si avvalgono dell’uso delle musiche di Čajkovskij, spesso proprio al fine di rappresentare un’atmosfera natalizia. Questi adattamenti hanno favorito la diffusione di singoli numeri musicali che, estrapolati dal loro contesto, sono divenuti famosi in maniera autonoma rispetto al balletto: è, ad esempio, il caso della Danza della Fata Confetto, la cui memorabile melodia prevede l’uso della celesta, uno strumento che, all’epoca, non era ancora mai stato suonato in un’orchestra sinfonica. A  tal proposito, si racconta che quando Čajkovskij vide una celesta, per timore che altri autori potessero rubargli il primato e usare lo strumento in un loro componimento, se la fece spedire da Parigi con gran segretezza.
Un altro esempio molto noto dell’uso cinematografico di Čajkovskij è Fantasia, film della Disney in cui sono proposti alcuni numeri musicali dello Schiaccianoci, in abbinamento a coreografie graficamente illustrate. Grazie a questo film del 1940, la storia di Clara e del suo viaggio nel regno incantato ha recuperato la sua dimensione fanciullesca, portando le musiche di Čajkovskij alle orecchie di nuove generazioni.

IL 18 DICEMBRE ANNA CATERINA ANTONACCI A SANTA CECILIA CON UN PROGRAMMA DI LIRICHE E MÉLODIES


Mercoledì 18 dicembre ore 20.30
Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – Sala Sinopoli
 
Anna Caterina Antonacci contralto
Donald Sulzen pianoforte
 
Ravel 
5 Mélodies populaires grecques
Poulenc 
Le travail du peintre
Hahn 
Venetia
Respighi 
Deità silvane
Hahn 
Etudes latines (7 Mélodies)
Poulenc 
La Dame de Montecarlo

Mercoledì 18 dicembre alle ore 20.30 (Auditorium Parco della Musica, Sala Sinopoli) torna ospite della Stagione di Santa Cecilia, dove ha debuttato nel 1991, Anna Caterina Antonacci, tra le cantanti più affascinanti della scena musicale che fin dal suo esordio, pur scegliendo sempre i sentieri meno battuti, ha brillato per la sua statura di interprete, per la presenza scenica e il senso drammatico, doti che le hanno permesso di conquistare le maggiori platee del mondo tanto nel repertorio cameristico quanto in quello lirico – e nel 2022, grazie al suo fortunato debutto come attrice nel film Il signore delle formiche del regista Gianni Amelio, anche il mondo del cinema.
Accompagnata al pianoforte dallo statunitense Donald Sulzen (nella foto di Christian Palm), membro del Münchner Klaviertrio e apprezzato pianista accompagnatore, la cantante ferrarese eseguirà una selezione di mèlodies di Ravel, Poulenc, Hahn e le liriche del ciclo Deità silvane di Respighi. Apriranno la serata le cinque  Mélodies populaires grecques di Ravel composte ai primi del Novecento su temi di motivi popolari greci provenienti da Costantinopoli e dall'isola di Chio. Seguirà Le travail du peintre di Poulenc che nel 1956 mise in musica sette poesie di Éluard, ciascuna un ritratto dedicato a un celebre pittore (Picasso, Klee, Chagall…). Quindi seguiranno Venetia di Reynaldo Hahn che il compositore scrisse nel 1900 in occasione di una sua visita a Marcel Proust, le Etudes latines, nuovamente di Hahn, e Deità silvane di Ottorino Respighi. Quest’ultimo fu scritto nel 1917 (nel 1925 Respighi ne realizzò anche una versione per soprano e orchestra da camera) ed eseguito per la prima volta il 22 febbraio 1918 a Roma, nella Sala dell’Accademia di Santa Cecilia di via dei Greci. Le cinque poesie che costituiscono questo ciclo sono di Antonio Rubini.
Chiude il programma il monologo di Poulenc del 1961, su un testo di Jean Cocteau, La Dame de Montecarlo, un impietoso e ironico ritratto di una donna di mezza età dedita al gioco d'azzardo, di cui l’autore scrisse: “Questo monologo mi ha deliziato perché mi ha riportato alla mente gli anni 1923-‘25 quando vivevo, insieme ad Auric, a Monte Carlo, […]. Ho visto abbastanza spesso da vicino quei vecchi relitti di donne, signore dalle dita leggere dei tavoli da gioco. In tutta onestà, devo ammettere che Auric e io ci siamo imbattuti in loro anche al banco dei pegni, dove la nostra imprudente giovinezza ci ha condotto una volta o due”.
 
I premi che hanno salutato l’arrivo di Anna Caterina Antonacci (nella foto di Fabio Lovino) sulla scena lirica sono tanto prestigiosi quanto significativi. Il Concorso Internazionale di Voci Verdiane a Parma nel 1988, il Concorso Maria Callas, e il Concorso Pavarotti: la cantilena, la capacitá espressiva, ma soprattutto la voce. Dal Rossini brillante del debutto è presto passata al Rossini serio con Mosè in Egitto, Semiramide, Elisabetta, regina d’Inghilterra, ed Ermione. Ha poi proseguito con parti nobili e classiche quali le regine di Donizetti, le mozartiane Elvira, Elettra e Vitellia, e infine Gluck Armide, con la regia di Pier Luigi Pizzi e diretto da Riccardo Muti, aprí la stagione 1996-97 alla Scala. Seguirono Alceste, sia a Parma che a Salisburgo, e la Medea di Cherubini (a Tolosa e al Théâtre du Châtelet di Parigi). Nel 2003 il suo trionfo come Cassandra nei Troiani allo Châtelet con Sir John Eliot Gardiner ha segnato il passaggio alle grandi eroine del repertorio francese, sui passi di Régine Crespin, nonché la nascita di una tragedienne e di una grande attrice. Ne La Juive e Carmen (rispettivamente a Covent Garden con Pappano and all’Opéra Comique con Gardiner), Antonacci ha fatto rivivere la tradizione lirica francese all’insegna di Viardot, altra grande interprete rossiniana. Dopo Agrippina e Rodelinda di Haendel, è stata Poppea a Monaco e Nerone a Parigi nella stessa Incoronazione di Poppea – queste diverse incarnazioni hanno prodotto l’ispirazione per Era la notte, il suo one-woman show intorno al Combattimento. Ultimamente, la collaborazione con Donald Sulzen ha portato Antonacci a concentrarsi sempre piú sulla melodia, sia questa italiana (Tosti, Respighi) o francese, vedi Fauré (L’horizon chimérique), Debussy e Hahn.
Nelle stagioni successive di particolare rilievo sono state Carmen al Royal Opera House di Londra e Cassandra in Les Troyens alla Scala diretto da Pappano, Iphigenie en Tauride al Grand Theatre de Geneve e la prima mondiale della Ciociara di Marco Tutino all’Opera di San Francisco e al Teatro Lirico di Cagliari, la Sancta Susana alla Bastille.
Recentemente Anna Caterina ha cantato La Voix humaine in una nuova regia di Emma Dante al Teatro Comunale di Bologna seguito da Gloriana in una nuova produzione di David McVicar al Teatro Real
 
 


Quarto ed ultimo titolo della 57^ Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi, torna a Jesi “La traviata” di Giuseppe Verdi, venerdì 20 e domenica 22 dicembre, con anteprima riservata ai giovani il 19 dicembre.

 


Quarto ed ultimo titolo della 57^ Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi, dopo il successo di “La Vestale” e “I quadri parlanti” di Spontini, e de “Il turco in Italia” di Rossini, torna a Jesi “La traviata” di Giuseppe Verdi, in una produzione di grande impatto, quella “degli specchi” firmata nel 1992 per l’Arena Sferisterio di Macerata dal regista Henning Brockhaus e dallo scenografo ceco Josef Svoboda. Nell’allestimento vincitore del Premio “Abbiati” della critica musicale, Svoboda, artista che nel secolo scorso ha rivoluzionato il concetto dello spazio scenico e della luce, concepì un fondale inclinato che riflette meravigliose tele dipinte sistemate sulle tavole del palcoscenico e gli artisti in ogni loro movimento, fino all’ultimo atto in cui lo specchio catapulta il pubblico nell’azione, confondendo vittima e colpevole.


Venerdì 20 dicembre ore 20.30 e domenica 22 dicembre ore 16, con un’anteprima riservata ai giovani in programma per giovedì 19 dicembre ore 15:30, va in scena il melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal romanzo di Dumas “La dame aux camélias”, nell’allestimento dell'Associazione Arena Sferisterio e della Fondazione Pergolesi Spontini, ricostruito per teatri al chiuso dallo scenografo Benito Leonori, allievo di Svoboda. Il titolo è coprodotto con la Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
 
Nir Kabaretti dirige l’Orchestra Filarmonica Marchigiana e il Coro Archè di Pisa, regia e luci sono di Henning Brockhaus, i movimenti coreografici di Valentina Escobar, le scene di Josef Svoboda, ricostruzione scenografica di Benito Leonori, costumi Giancarlo Colis. Maestro del coro è Marco Bargagna.
In un cast di grandi voci, Violetta Valery e Giorgio Germont sono il soprano spagnolo Ruth Iniesta (nella foto) e il tenore catanese Paolo Lardizzone, tra i talenti più importanti della nuova generazione. Simone Piazzola, baritono di carriera internazionale già acclamato “Rigoletto” a Jesi nel 2011, torna ad esibirsi al Teatro Pergolesi nel ruolo di Giorgio Germont, personaggio cardine del suo repertorio. Flora Bervoix è Elena Belfiore, Gastone è Francesco Napoleoni, Annina è Ilaria Casai, il Dottore Grenvil è Alessandro Ceccarini, il Barone Douphol è Tommaso Corvaja, il Marchese d’Obigny è Giorgio Marcello, Giuseppe è Tommaso Tomboloni, e nel doppio ruolo di domestico e commissionario c’è Marco Innamorati.
 
“Con La traviata – spiega il direttore d’orchestra, Nir Kabaretti (nella foto) - Verdi ci regala un capolavoro musicale, ma ci offre anche una riflessione profonda sulla fragilità della vita, toccando le corde più intime di chiunque la ascolti”. Titolo verdiano più rappresentato al mondo, narra “una storia di fragile e grandissima intimità, mostrandoci l’evoluzione interiore di una misera un dì caduta nei vortici della voluttà e redenta dall’amore: un amore che è sì sensuale ma al contempo nobilissimo e si estrinseca nella più pura forma d’affetto basata sulla rinunzia e sul sacrifizio. L’opera è celebre per la sua scrittura vocale sofisticata, l’orchestrazione raffinata e l’interazione complessa tra orchestra e cantanti, che accresce l’impatto emotivo del dramma”.
 
Per la messa in scena – si legge nelle note di regia di Henning Brockhaus – “iniziamo con la disfatta finanziaria e sociale di Violetta, la vendita dei mobili, per seguire con la sua disfatta psichica e la morte del suo immenso amore. Il punto che ci interessa è il percorso personale di lei, dalla superficialità di una società nella quale faceva la vita di un’allegra Merce verso una emancipazione umana, ci interessa la sua scelta di una vita di sentimenti veri e profondi e l’incapacità da parte di Alfredo di seguirla. È questa l’attualità della storia, ogni volta contemporanea perché vera e umana, oltre le epoche”. “Dal punto di vista della scenografia – prosegue - l’unico impianto fisso è un enorme specchio davanti al muro che da un lato limita e concentra l’azione su un punto focale, dall’altra funziona come rispecchiamento e straniamento della verità di un dramma che è tale in quanto riflette per l’ennesima volta il sacrificio di una creatura quale esito tragico del voyeurismo erotico maschile”.
 

Domenica 22 dicembre la recita de “La Traviata” sarà accessibile a persone cieche e ipovedenti, sorde e ipoudenti grazie ai servizi di accessibilità attivati a cura di ALI – Accessibilità Lingue Inclusione e con il coordinamento scientifico della Prof.ssa Elena Di Giovanni (Università degli Studi di Macerata). Precede l’opera un percorso inclusivo e multisensoriale in compagnia dello scenografo di Benito Leonori, e la guida all’opera con il Direttore artistico Cristian Carrara con servizio di interpretariato in Lingua dei Segni Italiana (LIS). Lo spettacolo sarà accessibile con audio descrizione delle immagini, e sopratitoli. Il progetto di Opera accessibile 2024 è co-finanziato dal Ministero della Cultura “Progetti speciali 2024” e nell’ambito del progetto “Marche for All”, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ministro per le disabilità e dalla Regione Marche

foto di repertorio della Traviata 2009 al Teatro Pergolesi di Jesi. Foto di Stefano Binci

Ultimo appuntamento sinfonico del 2024 al Teatro del Maggio: sabato 21 dicembre alle ore 20, in Sala Mehta, il maestro Ivor Bolton sul podio dell’Orchestra e del Coro del Maggio.

 
WOLFGANG AMADEUS MOZART
Sinfonia n. 38 in re maggiore K. 504, Praga
Adagio. Allegro/Andante/Presto
 
IGOR STRAVINSKIJ
Pulcinella, suite da concerto
Sinfonia/Serenata/ Scherzino. Allegretto. Andantino/Tarantella/ 
Toccata/Gavotta (con due variazioni)/Vivo/Minuetto. Finale 
-
Sinfonia di salmi per coro e orchestra
Exaudi orationem meam, dal salmo XXXVIII, 13-14
Expectans expectavi Domine, dal salmo XXXIX, 2-4
Laudate Dominum, dal salmo CL
 
 
Direttore Ivor Bolton
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini


Giunge al termine la programmazione sinfonica del 2024 al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: sabato 21 dicembre alle ore 20, in Sala Zubin Mehta, il maestro Ivor Bolton  sul podio dell’Orchestra e del Coro del Maggio. 
In cartellone la Sinfonia n. 38 in re maggiore K. 504, detta Praga, di Wolfgang Amadeus Mozart e due composizioni di Igor Stravinskij: la suite da concerto Pulcinella e la Sinfonia di salmi per coro e orchestra. Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.
 
Ivor Bolton, che torna al Maggio dopo il concerto tenuto nel novembre del 2017, è fra i più autorevoli interpreti delle musiche di Mozart e Stravinskij di cui nel corso della sua carriera ha inciso a più riprese – di entrambi – numerose composizioni. È direttore principale della Basel Sinfonieorchester, direttore artistico del Teatro Real di Madrid e direttore principale della Dresden Festival Orchestra. Nel Regno Unito è stato direttore musicale dell'English Touring Opera, della Glyndebourne Touring Opera e direttore principale della Scottish Chamber Orchestra. Ha uno stretto rapporto con la Bayerische Staatsoper dove, dal 1994, ha diretto numerose nuove produzioni, in particolare le opere e le composizioni di Monteverdi, Handel e Mozart e ha ricevuto il prestigioso “Bayerische Theaterpreis” per il suo lavoro a Monaco. Il maestro Bolton è stato inoltre frequentemente ospite al Maggio: il concerto del 21 dicembre segna infatti la sua sedicesima direzione alla guida dell’Orchestra del Maggio, a partire dal suo primo concerto fiorentino tenuto al vecchio Teatro Comunale nel marzo del 1998.
 
La serata si apre con la Sinfonia n. 38 in re maggiore K. 504, detta “Praga”, di Wolfgang Amadeus Mozart: fu completata il 6 dicembre del 1786 (questo facilmente constatabile poiché Mozart, durante gli anni della sua maturità, tenne un catalogo completo delle proprie opere, nel quale inserì questa sinfonia datandola con precisione) e deve il suo nome alla città nella quale fu eseguita per la prima volta il 19 gennaio dell'anno successivo. 
Segue la suite da concerto Pulcinella di Igor Stravinskij: così come L'Oiseau de feu e la Sacre du primtemps nacquero sulla strada della collaborazione fra il compositore e Sergej Pavlovič Djagilev, il fondatore dei “Ballets Russes”, anche l'idea di comporre Pulcinella scaturì dal rapporto fra quest’ultimo e Stravinskij nella primavera del 1919. Djagilev aveva difatti scoperto al Conservatorio di Napoli parecchi manoscritti di musica incompiuta di Pergolesi e, rientrato a Parigi, propose al compositore di esaminare quelle musiche per riorchestrarle ed eventualmente realizzarne un balletto.
Chiude il concerto la Sinfonia di salmi per coro e orchestra, sempre di Stravinskij: nel 1930 il direttore Sergej Kusevickij, alla testa della Boston Symphony Orchestra da numerosi anni, chiese a Stravinskij di comporre una sinfonia per le celebrazioni del 50º anniversario dell’ensemble orchestrale. Il musicista accettò quasi subito l'invito dato che pensava di dedicarsi alla stesura di una partitura sinfonica ‘importante’ da parecchio tempo: l’opera si divide in tre parti basate rispettivamente sui versetti 13 e 14 del XXXVIII salmo, sui versetti 2, 3 4 del XXXIX salmo e sull'intero salmo CL del Libro dei Salmi dell’Antico Testamento. 
 


Opere per opere: i mosaici di Felice Nittolo per i titoli della Stagione del Teatro Alighieri di Ravenna

 
Si apre il prossimo 17 gennaio la Stagione d’Opera del Teatro Alighieri di Ravenna, con il debutto del nuovo allestimento del Giulio Cesare di Händel, regia di Chiara Muti e direzione di Ottavio Dantone alla guida di Accademia Bizantina. E nel 2025 la Stagione parla anche il linguaggio musivo, grazie alle opere che il Teatro ha commissionato a Felice Nittolo, artista per cui il mosaico è luogo di continua sperimentazione. I tre lavori di Nittolo rileggono i tre titoli d’opera in cartellone (accanto a Händel, La vestale di Spontini e Tosca di Puccini). Dopo tutto il mosaico è per Nittolo un’esperienza musicale: la martellina è un metronomo che crea le tessere battendo il tempo al ritmo del gesto rapido del mosaicista, il cartone è il pentagramma, le tessere sono note e l’ampiezza degli interstizi misura i silenzi densi di attesa. Le creazioni di Nittolo saranno esposte a teatro in occasione delle rappresentazioni delle opere e caratterizzeranno i materiali promozionali della Stagione. 
 
Per la creazione dedicata Giulio Cesare, che include anche stoffe e foglia d’oro, Nittolo ha immaginato una figura ispirata alla statuaria romana e che si staglia solenne su una roccia. Un fondale di fuoco ne amplifica la grandezza mentre lunghe e veloci pennellate, anch’esse rosse, generano uno scenario vibrante, quasi apocalittico. Per La vestale, che sarà in scena il 28 febbraio e 1 marzo per la regia di Gianluca Falaschi e con Alessandro Benigni sul podio de La Corelli, l’ispirazione arriva dal mosaico degli amanti della Villa del Casale di Piazza Armerina, riletto in chiave contemporanea. Alla base della composizione, quasi a formare una roccia, sono le vestigia del mosaico, materiali di scarto che l’artista ha recuperato dall’operazione di strappo del mosaico stesso per renderli materia preziosa. Su quest’alta roccia gli amanti sono uniti in un intenso abbraccio; inusuali tessere rosse, colore caro a Nittolo, li avvolgono, rendendo ancora più solida la loro unione. Per la Tosca in programma il 28 e 30 marzo (regia di Luca Orsini, mentre Henry Kennedy dirige l’Orchestra Cherubini), Nittolo riprende una delle sue composizioni più classiche dove la linea verticale – scheggia o filo d’erba – è l’elemento che congiunge cielo e terra, quest’ultima resa da una morbida linea curva mentre nel cielo infuocato e palpitante brillano luminose stelle. 
 
Originario di Capriglia Irpina, Felice Nittolo è ravennate per amore del mosaico e oggi uno dei maggiori rappresentanti dell’arte musiva contemporanea. Nell’arco della sua cinquantennale ricerca, si è imposto all’attenzione nazionale ed internazionale con una serie di proposte, se non di rottura, almeno fortemente provocatorie come l’Aritmismo (1984) e il manifesto della Nuova Tradizione(1992). Pur difendendo l’autonomia del linguaggio musivo, ha intuito le intime corrispondenze tra mosaico e teatro, mosaico e musica, mosaico e poesia. Felice Nittolo si muove con naturalezza all’interno di numerose possibilità espressive: al fondo di ognuna rimane immutata la sua personalità artistica, in quella ricerca di sintesi che vede al centro di ogni esperienza e orbita il mosaico. Tra le numerose personali e rassegne anche le esposizioni alle fiere internazionali di Arco Madrid, Artefiera Bologna, Expo Arte Bari, Artexpo New York, Art 14 Basilea, Fiac Parigi. 


A Jean-Sébastien Colau direttore del Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo il Premio Eccellenza dell’Anno della Danza GD Awards 2024

 

“Miglior direttore di Compagnia italiana di danza” con questo importante riconoscimento, assegnato dalla redazione de “Il Giornale della Danza” e da tutti i suoi lettori, il direttore del Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo Jean-Sébastien Colau vince il GD Awards 2024. Un riconoscimento che premia l’impegno e la creatività del direttore e coreografo che da quasi tre anni è stato chiamato alla guida del Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo, e che attesta il successo degli spettacoli proposti, come Lo schiaccianoci “siciliano”, in scena in questi giorni al Teatro Massimo.
“È con immensa gioia e profonda gratitudine che ricevo questo premio, che significa così tanto per me – dice Jean-Sébastien Colau. Desidero innanzitutto ringraziare calorosamente “Il Giornale della Danza”, insieme a Sara Zuccari, Lorena Coppola e Michele Olivieri. Dopo quasi tre anni alla direzione di questa Compagnia, questo premio è soprattutto il risultato di un lavoro collettivo, di un impegno costante e di tante ore di dedizione. Ho avuto il privilegio di vedere la compagnia crescere, evolversi e rialzarsi con una forza ammirevole. Tutto questo è stato possibile grazie al sovrintendente, il Maestro Marco Betta, che mi ha sostenuto in questi quasi tre anni di lavoro insieme alla Fondazione Teatro Massimo. Grazie al lavoro di squadra siamo riusciti a passare da un organico di 7 ballerini stabili a 23 in pochi anni. Colgo l’occasione per ringraziare collaboratori eccezionali come Vincenzo Veneruso e Gianluca Battaglia, ma grazie anche ad amici fedeli come Agnès LeTestu e a tutti coloro che hanno creduto nella mia visione e mi hanno sostenuto in questo difficile compito di riportare la Compagnia al massimo livello. Sono particolarmente grato ai miei tersicorei, che mi seguono con passione e determinazione in questa avventura umana e artistica. Il loro talento, la loro generosità e il loro spirito di squadra sono i pilastri di questa meravigliosa storia che stiamo scrivendo insieme. Oggi mi sento davvero parte integrante di questa compagnia, come in una famiglia, e questo mi riempie di orgoglio. Infine, un grazie di cuore a mio marito, Davide Spina per il suo sostegno incrollabile e la sua presenza al mio fianco lungo tutto questo percorso. Questo premio lo condivido con tutti voi”.


Étoile
 e coreografo internazionale Jean-Sébastien Colau (in alto, nella foto di Dominique Jaussein) ha studiato danza presso la Scuola di Ballo dell’Opéra National de Paris ed è entrato a far parte della compagnia nel 1996. Nel 2000 ha vinto tre medaglie in concorsi internazionali di danza, «Bronzo» a Varna in Bulgaria, «Argento» a Nagoya in Giappone e il «Primo Premio» a Parigi in Francia. Nel 2002 è entrato a far parte del National Ballet of Canada come Solista Principale ed è stato nominato Miglior Artista per il Premio onorario Canadese “William Marié”. Nel 2005 è entrato a far parte del Leipzig Ballet in Germania, dove è stato promosso Étoile in seguito alla sua interpretazione del Principe Siegfried nel Lago dei cigniNel 2010 è stato nominato miglior tersicoreo dell’anno al Festival «Re Manfredi, Fondazione Verona per l’Arena» per il ruolo di Albrecht in Giselle di Carla Fracci. È stato invitato come étoile ospite nei maggiori teatri d’Europa, d’Asia e delle Americhe. Nel 2014 ha ottenuto il Diploma di Stato francese in Pedagogia. Oggi è un Maître de ballet invitato a trasmettere il suo sapere all’interno delle più grandi compagnie, quali: National Ballet of Canada, Teatro dell’Opera di Roma, Joffrey Ballet of Chicago, Teatro San Carlo di Napoli, ecc. Ha coreografato Les Valses d’Amour de Brahms per il Balletto Nazionale della Slovenia, Jules & Roméo per i tersicorei dell’Opera di Parigi, Contemptu-Mundi per Joelle Boulogne, Contact-Tango in Olanda, Just Before Midnight al Festival “Voilà” di Singapore e L’Orchestre per il PNSD “Rosella Hightower” di Cannes. Nel 2020 ha ricevuto il Premio alla Cultura dal Comune di Cecina per lo spettacolo #Ridanzeremo. Da settembre 2022 è Direttore del Corpo di ballo del Teatro Massimo, ruolo per il quale ha ricevuto una menzione speciale al Premio Eccellenze della Danza. A dicembre 2022 per il Teatro Massimo ha creato la coreografia de Lo schiaccianoci con Vincenzo Veneruso e per l’Estate 2023 Paquita, Grand Pas Classique. Nel 2023 ha ricevuto il Premio Speciale di Palermo Danza e ha creato per il Teatro Massimo il balletto Biancaneve con Vincenzo Veneruso.

lunedì 16 dicembre 2024

"Sublime Ingegno", il nuovo CD con musiche di Josquin Desprez con l'Ensemble Delabyrintho diretto da Walter Testolin per Novantiqua

 


"Crediamo più all'altrui opinione che non alla nostra propria.
E che sia il vero non è ancor molto tempo che
essendo appresentati qui alcuni versi sotto il nome di Sannazaro,
a tutti parvero molto eccellenti
e furono lodati con le meraviglie ed esclamazioni.
Poi, sapendosi per certo che erano d'un altro,
persero subito la reputazione e parvero men che mediocri.
E cantandosi pure in presenza della Signora Duchessa un mottetto,
non piacque mai né fu estimato per bono
finché non si seppe che quella era composizione di Josquin Desprez.

(Baldassarre Castiglione, Il Cortegiano, 1528)

Nel mediometraggio su Josquin prodotto da Noema nel 2021, Carlo Fiore regala la sapienza di alcune citazioni riguardanti Josquin e la fama indiscussa che ebbe già in vita e che lo seguì per decenni dopo la scomparsa. Il V centenario della morte che Noema ha così celebrato, ha prodotto ulteriori frutti che ancora adesso raccogliamo commossi, non avendoli previsti con certezza, non sapendo con assoluta sicurezza, da coltivatori ben piantati a terra, come la terra risponderà, se il seme sia stato posto a giusta profondità perché non si disperda, non soffochi, ma cresca e germogli.
A distanza di tre anni, siamo ancora una volta felici di aver lavorato per quel seme e di averne promosso la fioritura, che oggi diventa discografia: il CD "Sublime ingegno" è disponibile sul sito dell'etichetta NOVANTIQUA, che ha accolto il progetto.
Un grazie a Mario Sollazzo e alla disponibilità squisita, a Walter Testolin che ne ha promosso con dedizione la produzione e che guida con grazia l'ensemble De labyrintho nella meravigliosa musica che ascolterete.
Grazie al Cav. Franco Cologni e alla Fondazione Cologni dei Mestieri d'Arte, che con il sostegno di sempre ci consentono di spargere semi, e semi buoni, che producono frutto.

"Deh! Ditemi per vostra fede chi sono stati quegli che voi avete conosciuti per tanto eccellenti quanto voi mi dite. E potete lasciar da parte quelli che sono stati avanti ai nostri tempi perché sarebbe un numero infinito.
Che io so bene che Ockeghem fu quasi il primo che in questi tempi ritrovasse la musica quasi che spenta del tutto, non altrimenti che Donatello ne ritrovò la scultura. E che Josquin, discepolo di Ockeghem, si può dire che quello alla musica fusse un mostro della natura, come è stato nell'architettura e pittura e scultura il nostro Michelangelo Buonarroti.
Perché siccome Josquin non ha però ancora avuto alcuno che lo arrivi nelle composizioni, così Michelangelo ancora infra tutti coloro che in queste arti si sono esercitati è solo e senza compagno.

(Cosimo Bartoli, Ragionamenti Accademici, 1567)




Contraddittorietà, complessità, falsità dell’informazione oggi. Con Voci vicine 2.0 per il Festival di Nuova Consonanza mercoledì 18 dicembre al Parco della Musica, lo spettacolo multimediale di Fabio Cifariello Ciardi con il giornalista Riccardo Iacona e l’Icarus/Cantus Ensemble diretto da Tonino Battista.

 

Al Parco della Musica Ennio Morricone, mercoledì 18 dicembre (ore 21, Teatro Studio Gianni Borgna) il 61° Festival di Nuova Consonanza presenta Voci vicine 2.0 “passione in quattro quadri per giornalista narrante, video, ensemble ed elettronica” di Fabio Cifariello Ciardi. Una attenta riflessione sulla condizione dell’informazione oggi, le sue contraddittorietà, la complessità e le falsità sempre in agguato. Il giornalista Riccardo Iacona racconta i suoi reportage su argomenti di attualità alternandosi con i video, che riportano interviste ai cittadini. L’esecuzione della musica è affidata a Icarus/Cantus Ensemble (foto in basso) diretto da Tonino Battista.
 

“Nei video – racconta Fabio Cifariello Ciardi – scorre la moltitudine di voci e volti italiani che raccontano, denunciano, urlano le ricorrenti tragedie del Bel Paese con parole tese dall’emozione o dalla rabbia. Voci (a noi) vicine che hanno attraversato per anni e ancora attraversano la penisola, da Nord a Sud. Un frastornante coro di appelli, denunce, invettive cariche di un’energia comunicativa a cui è difficile non prestare attenzione. Le voci e le immagini sono quelle degl’italiani indignati, delusi, furiosi, spaventati, disperati, ironicamente cinici; uomini, donne, giovani, anziani estratti da centinaia di brevi e spesso casalinghi filmati nascosti nella rete”. I quadri che articolano la forma dello spettacolo sono dedicati a grandi temi del nostro presente, purtroppo ormai ciclicamente ricorrenti. Li spiega lo stesso compositore: “Il cambiamento climatico; il mondo del lavoro, nero e grigio, reddito di cittadinanza compreso, e le sue conseguenze per la salute, come nel caso della ricorrente fragilità della gestione dei rifiuti; l’avversione italiana per le tasse e l’uso del POS; i ricorrenti capri espiatori, a partire dal Sindaco; la propensione del Bel Paese per le discussioni animate da passioni non sempre bilanciate da un’ordinata determinazione”. Conclude Cifariello Ciardi: “I protagonisti parlano, gridano, piangono, sussurrano, ma dopo poco, stranamente, sembra che cantino”.



Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con MittelFest di Cividale nel Friuli, Ensemble Icarus vs Muzak, Cantus Ansambl di Zagabria, Fondazione Musica per Roma

Al Comunale di Modena 'Gianni Schicchi', diretto da Luciano Acocella per la regia di Stefano Monti con gli allievi dell’alta formazione del Teatro.

 

Va in scena al Teatro Comunale Pavarotti-Freni sabato 21 dicembre 2024 alle 20 e domenica 22 alle 15.30 Gianni Schicchi, titolo comico in un unico atto di Giacomo Puccini. L’opera, che richiede un cast numeroso e diversificato, si vedrà in uno spettacolo che il regista Stefano Monti aveva firmato con successo per gli allievi di Mirella Freni nel 2017 e viene ripreso nuovamente per i talenti internazionali del corso di alto perfezionamento per cantanti lirici del Teatro Comunale sostenuto da Regione Emilia-Romagna e Fondo Sociale Europeo. Nel contesto dello stesso programma di formazione, che ha visto i giovani cantanti partecipare a progetti di rilievo internazionale con concerti e spettacoli in Austria, Ungheria, Serbia, Francia, Danimarca, Spagna, Germania, l’opera verrà trasmessa in diretta streaming dagli studenti del corso di comunicazione in video e visibile sul canale YouTube del Teatro. La parte musicale dello spettacolo è affidata alla direzione di Luciano Acocella alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana. 
In occasione dello spettacolo, il Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena consegnerà due borse di studio ai cantanti più meritevoli del Corso di alto perfezionamento. "Grazie a questa collaborazione con il Teatro Comunale, il nostro Consorzio è sempre più all’opera -, spiega il suo presidente Enrico Corsini -. Siamo orgogliosi di poter sostenere la tradizione ed i giovani sul territorio, un patrimonio che si rinnova nelle nuove generazioni, che stimola talenti e crea eccellenza, vero piacere elevato ad arte."
Composta nel 1917-18, l’opera costituisce la parte finale del Trittico, i tre atti unici originariamente scritti da Puccini per essere rappresentati in un’unica serata sebbene la fortuna di Gianni Schicchi, della durata di un’ora circa, l’abbiano resa autonoma, spesso messa in scena da sola o in altri contesti. Fra le arie celebri, “O mio babbino caro”, uno dei brani più popolari dell’intero repertorio. L’opera debuttò al Metropolitan di New York e fu un successo immediato, raccogliendo l’entusiasmo del pubblico per il suo trascinante umorismo supportato da un ritmo comico incessante e dal rapido susseguirsi dei quadri musicali.


La vicenda ci rimanda all’anno 1299: Gianni Schicchi, faccendiere noto in tutta Firenze per le sue trovate acute e perspicaci, viene chiamato in gran fretta dai parenti di Buoso Donati, un ricco mercante appena defunto, perché escogiti in tutta fretta un modo per salvarli da un’incresciosa situazione: il loro congiunto ha lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati… Da questo episodio, tratto dalla Commedia di Dante, il librettista Giovacchino Forzano e Giacomo Puccini ricavarono una delle pagine più divertenti e appassionanti dell’opera italiana ormai alle soglie della modernità.
L’opera, inscritta in un trittico che contemplava per alternanza i generi del tragico, del drammatico, e del comico, rimanda con pronunciato sarcasmo al periodo della sua composizione, durante i tempi bui della Grande Guerra, in pieno espressionismo, e in questa prospettiva è stato pensato un allestimento che evoca le tinte marcate del cinema di quel periodo, da Metropolis a l’Angelo azzurro. “Forse è l’opera più spietata che io abbia mai messo in scena – racconta Stefano Monti -. Quando si immagina lo Schicchi si pensa solo alla componente comica, divertente; in realtà è anche uno spaccato di un’umanità di una spietatezza e di una avidità inaudite. L’uomo nei secoli, ahimè, non è cambiato, e quindi resta anche di un’attualità sconcertante”.

Le foto dello spettacolo risalgono alle recite rappresentate a gennaio 2017

La brillante tromba di Marco Pierobon augura buone feste assieme all’Orchestra Haydn


Giovedì 19 dicembre 2024 ore 20.30 | Rovereto, Teatro Zandonai
Marco Pierobon, tromba solista e direttore
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
 
G. Tartini
Concerto in re maggiore per tromba e archi
F.J. Haydn
Concerto in mi bemolle maggiore per tromba e orchestra Hob. VIIe:1
W.A. Mozart
Sinfonia n. 35 KV385 “Haffner”
J.N. Hummel
Concerto in mi maggiore per tromba e orchestra S49 


Primo Premio nei concorsi internazionali di Passau (Germania), Imperia ed Aqui Terme, Marco Pierobon è stato per quasi dieci anni prima tromba delle orchestre del Maggio Musicale Fiorentino e dell’Accademia di S. Cecilia, ed ha collaborato con lo stesso ruolo con la Chicago Symphony Orchestra e l’Orchestra Filarmonica della Scala.
Assieme ai professori dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, ci presenta un concerto eclettico e scoppiettante, con alcune delle pagine più interessanti scritte per tromba e orchestra nella storia della musica.
Una rara occasione di ascoltare alcune delle composizioni più note per tromba, in un percorso che va dal Barocco al Classicismo, con tutte le sfumature che questo affascinante strumento offre, fino a concludere con l'energia della Sinfonia "Haffner" di Mozart. Il programma si apre con il Concerto per tromba in Re maggiore di Giuseppe Tartini, che mette in risalto l’eleganza del periodo barocco. Tartini sfrutta la tromba per esaltare i contrasti melodici e le finezze armoniche della sua epoca. Segue il celebre Concerto per tromba in Mi bemolle maggiore di Joseph Haydn, un capolavoro del Classicismo, composto per il trombettista viennese Anton Weidinger.
Questo concerto sfrutta appieno le nuove possibilità della tromba a chiavi, unendo virtuosismo e profondità espressiva. La Sinfonia n. 35 in Re maggiore di Mozart (Haffner) aggiunge al programma energia e eleganza. Dall’Allegro con spirito iniziale fino al brillante finale, la "Haffner" riflette la vitalità e perfezione dello stile classico di Mozart. A concludere il programma è il Concerto per tromba in Mi maggiore di Johann Nepomuk Hummel, anch’esso scritto per Weidinger. Questo concerto, con i suoi passaggi tecnici impegnativi e la sua raffinatezza melodica, rappresenta un pilastro del repertorio per tromba. Infine, non mancheranno sorprese natalizie per arricchire ulteriormente la serata.


IL GLORIA DI VIVALDI E IL MAGNIFICAT DI BACH PER IL CONCERTO DI NATALE DI FERRARA MUSICA


 
In occasione dell’ormai tradizionale Concerto di Natale, Ferrara Musica propone al suo pubblico due capisaldi della musica barocca come il Gloria di Antonio Vivaldi e il Magnificat di Johann Sebastian Bach. I due capolavori verranno eseguiti mercoledì 18 dicembre – Teatro Comunale “Claudio Abbado”, ore 20.30 - sul podio Lorenzo Ghilemi, a capo dell’Orchestra Frau Musika e del Coro del Friuli Venezia-Giulia, con la partecipazione dei solisti Massimo Altieri (tenore), Anna Piroli (soprano), Marta Redaelli (soprano), Elena Carzaniga (contralto) e Fulvio Bettini (basso).

Frau Musika è un nuovo progetto artistico-formativo, uno dei pochi del genere in Italia, ideato da Andrea Marcon e realizzato dall’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza grazie alla donazione di Fondazione Cariverona. I giovani maestri d’orchestra che fanno parte dell’ensemble sono stati selezionati a livello internazionale fra i migliori musicisti under 30 specializzandi nel repertorio antico e barocco, e hanno l’opportunità di seguire un percorso altamente formativo nella pratica orchestrale su strumenti originali sotto la guida del Direttore Principale Andrea Marcon – professore ordinario di prassi esecutiva, organo e clavicembalo presso la Schola Cantorum Basiliensis – e gli insegnamenti di musicisti di chiara fama come Andrea Buccarella – primo premio assoluto al Concorso internazionale di clavicembalo di Bruges 2018 – e di alcune prime parti dei complessi strumentali barocchi Venice Baroque Orchestra e La Cetra di Basilea. Le varie sessioni di lavoro si concludono con una serie di concerti realizzati in alcune fra le più importanti città italiane. In questi anni di attività le produzioni proposte in varie città italiane hanno riguardato capolavori di Bach - come la Passione secondo Giovanni, i Concerti Brandeburghesi e la Messa in si minore, i Concerti per clavicembalo, il Magnificat - e di Vivaldi, con il Gloria e Concerti per vari strumenti solisti. Nel 2024 l’orchestra si è cimentata per la prima volta con l’opera, partecipando a una produzione del Don Giovanni di Mozart al Teatro Ristori di Verona, e in capolavori di Arcangelo Corelli, Antonio Vivaldi, Leonardo Leo, e Alessandro Marcello.
Suddiviso in dodici parti, il Gloria di Antonio Vivaldi rappresenta uno dei momenti più alti della spiritualità barocca. Composto verosimilmente intorno al 1715 per essere eseguito dalle fanciulle dell’Ospedale della Pietà di Venezia, venne alla luce solo nel 1927 all’interno di alcuni faldoni di manoscritti musicali acquistati dai mecenati Roberto Foà e Filippo Giordano e poi donati alla Biblioteca Nazionale di Torino. La scintillante partitura prevede, oltre all’ensemble d’archi, un organico composto da un coro a quattro parti, due soprani, un contralto, oboe, tromba e basso continuo.
Sottovalutate per quasi un secolo furono anche le pagine di Johann Sebastian Bach che dopo la morte, avvenuta nel 1750, venne considerato un autore obsoleto e fuori moda. Tutto cambiò quando Felix Mendelssohn ripropose la Matthäus Passion in un memorabile concerto del 1829. Il successo fu così clamoroso che diede avvio a una progressiva riscoperta delle opere bachiane. Il Magnificat in re maggiore del 1733 apparteneva a una serie di Magnificat andati perduti che Bach compose a Lipsia. La varietà e insieme l’essenzialità della scrittura in dodici parti – ogni riga del testo è trattata come un’idea completa e autonoma – fanno dell’opera uno dei gioielli più luminosi dell’intera produzione sacra bachiana.

TEATRO VERDI di TRIESTE: 6° Concerto della Stagione Sinfonica - Messa di Gloria di Giacomo Puccini - Domenica 22 dicembre 2024 ore 18.00

 
STAGIONE SINFONICA 2024 DEL TEATRO G. VERDI DI TRIESTE
Dal 27 settembre al 22 dicembre 2024
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6° ed ultimo Concerto
Domenica 22 dicembre 2024 ore 18.00
Direttore JORDI BERNÀCER
Tenore RICCARDO MASSI
Baritono MARKUS WERBA
Maestro del Coro PAOLO LONGO
Maestro del Coro del Friuli-Venezia Giulia MICHELE GALLAS


GIACOMO PUCCINI
Messa a quattro voci con orchestra (Messa di Gloria)

Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
In collaborazione con FVG Orchestra e Coro del Friuli-Venezia Giulia

Grande chiusura pucciniana il 22 dicembre con il Maestro Jordi Bernàcer (nella foto a sinistra) sul podio per la rara Messa a quattro voci e orchestra o Messa di Gloria, opera giovanile del grande lucchese ventunenne e sua ultima incursione nel repertorio sacro quale retaggio famigliare come ultimo esponente di cinque generazioni di organisti della cattedrale di San Martino, maestri della Cappella di Palazzo, docenti dell’Istituto musicale e autori di opere di musica sacra. Un testo, lungamente dimenticato e ritrovato solo nel 1952 a New York, che sicuramente saprà incuriosire gli amanti di Puccini anche per i tanti risvolti legati alla sua giovinezza oscura, nonché per le ampie aperture su quello che fu, di lì a poco, il suo più celebre destino musicale.
Lavoro imponente per dimensioni ed organico, che infatti vedrà sul palco la collaborazione con FVG Orchestra e il Coro del Friuli-Venezia Giulia, la Messa di Gloria, nome attribuitogli solo alla sua riscoperta americana, ci racconta molto del percorso di formazione del giovane Puccini, ma anche delle sue nuove ambizioni maturate dopo l’ascolto dell’Aida di Verdi nel ricco allestimento pisano del 1876.
Sul palco il bravo tenore Riccardo Massi, che arriverà direttamente dall’Aida alla Royal Opera House di Londra con la regia di Carsen e il baritono austriaco, della vicina Villaco, Markus Werba (nella foto a destra) che sin dal suo debutto per l’apertura del Nuovo Piccolo Teatro di Milano con lo storico Così fan tutte di Strehler ha intrapreso una brillantissima carriera che lo ha portato costantemente sui migliori palchi del globo.
La rarità del titolo e l’eccellenza del cast chiudono dunque in bellezza una stagione assai fortunata che ha portato a Trieste repertori poco vulgati, una bella lista di eccellenti solisti e un importante percorso culturale nel retaggio musicale tedesco e contemporaneo, riportando il Verdi al suo ruolo naturale e alle radici stesse della sua essenza.



Ilya Gringolts il 19 dicembre al Teatro Argentina. Con il suo prezioso Stradivari, il grande violinista russo in un recital sulle Sonate e Suite per violino solo del '700. Dai capolavori di Bach a pagine di più raro ascolto

TEATRO ARGENTINA
giovedì 19 dicembre | ore 21


ILYA GRINGOLTS
violino

Johann Paul von Westhoff 
Suite n. 4 in do maggiore
Johann Sebastian Bach 
Sonata n. 2 in la minore BWV 1003
Johann Georg Pisendel 
Sonata in la minore JunP IV.2
Johann Sebastian Bach 
Sonata n. 3 in do maggiore BWV 1005

Violinista completo, dall’ampio repertorio, Ilya Gringolts (nella foto di Kaupo Kikkas) cattura il pubblico grazie al suo virtuosismo e alle sofisticate interpretazioni, sempre alla ricerca di nuove sfide musicali, spaziando fra il barocco e la contemporanea. “Difficilmente è possibile suonare il violino in modo più espressivo e ‘incondizionato’ di Gringolts”: lo scrive la Süddeutsche Zeitung, recensendo uno dei concerti del grande interprete russo. Giovanissimo Premio Paganini nel 1998, Gringolts impugna il suo prezioso Stradivari (1718 “ex-Prové”) e torna a Roma, ospite della stagione dell’Accademia Filarmonica Romana al Teatro Argentina, giovedì 19 dicembre (ore 21) per un recital violino solo dedicato a Johann Sebastian Bach (autore per cui Gringolts ha inciso un CD per la Deutsche Grammophon) e ad altri due violinisti e compositori della sua epoca, oggi poco noti ma nel Settecento molto in voga, Johann Paul von Westhoff e Johann Georg Pisendel, offrendo al pubblico, nell’ultimo concerto filarmonico del 2024, un ascolto della scrittura per violino solo del Settecento tedesco, fra virtuosismi, abilità tecnica, contrappunto e linee melodiche di grande inventiva.
Il concerto vede in programma le Sonate n. 2 in la minore BWV 1003 e n. 3 in do maggiore BWV 1005 per violino solo di Johann Sebastian Bach, considerate all’unanimità insieme alla Prima Sonata e le tre Partite, come il vertice dell'intero repertorio per violino solo, datate 1720, nel periodo in cui Bach visse a Köthen ricoprendo la carica di maestro di cappella presso la corte del principe Leopoldo di Anhalt-Köthen. Capolavori di straordinaria complessità, dalla grande inventiva melodica e al contempo da una scrittura polifonica e contrappuntistica di grande difficoltà, che richiede all’interprete padronanza dello strumento e tecnica impeccabile.
A dialogare con la musica di Bach la Suite in do maggiore di Johann Paul von Westhoff (1656- 1705), musicista che spese gran parte della sua attività come membro della Cappella di corte di Dresda, viaggiando in tutta Europa, considerato dai suoi contemporanei uno dei principali violinisti tedeschi del suo tempo. Le sue composizioni per violino solo precedettero in modo significativo le Sonate e Partite per violino solo che Bach. A Westhoff si affianca la Sonata in si minore di Johann Georg Pisendel (nell'immagine a sinistra), attivo anche lui a Dresda prima come violinista di corte poi come Konzertmeister. Lo stesso Bach ebbe modo di ascoltarlo a Weimar, ammirandone la maestria, e confermando che fosse fra i virtuosi violinisti tedeschi più celebri del Settecento.


 

Teatro La Fenice - Il Concerto di Natale nella Basilica di San Marco

 

Si rinnova il suggestivo appuntamento del Concerto di Natale nella Basilica di San Marco di Venezia: martedì 17 dicembre 2024 ore 20.00 (ingresso per invito della Procuratoria di San Marco) e mercoledì 18 dicembre ore 20.00 turno S (riservato abbonati turno S della Stagione Sinfonica del Teatro La Fenice 2024-2025), Marco Gemmani (nella oto in basso) dirigerà la Cappella Marciana in un programma musicale dedicato a Francesco Cavalli, con l’esecuzione di alcune delle pagine più significative del suo repertorio sacro legato alla festività religiosa del Natale.
Francesco Pier Francesco Caletti Bruni, nato a Crema nel 1602, meglio noto come Francesco Cavalli dal cognome della nobile famiglia che lo aveva appoggiato e sostenuto conducendolo a Venezia, fu maestro della Cappella della Basilica di San Marco per otto anni, dal 20 novembre 1668, quando fu chiamato per succedere a Giovanni Rovetta, fino alla morte che lo colse nel 1676. Era figlio d’arte: il padre Giovan Battista era stato musico prima e poi maestro di cappella del Duomo; fu il podestà veneziano Federigo Cavalli che presto manifestò il desiderio di portare con sé nella Dominante il giovane Francesco, allora quattordicenne. Subito assunto come fanciullo cantore soprano a San Marco, collocato nelle sapienti mani del Monteverdi, fu passato poi al rango di tenorista alla muta della voce. Nel maggio del 1620, appena diciottenne, approdò all’organo della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. L’incarico nella principale chiesa dei Domenicani a Venezia aveva un altissimo significato: fu proprio Cavalli infatti a sovrintendere alle esequie del doge Antonio Priuli nel 1623, di Francesco Contarini l’anno successivo e di Giovanni I Corner nel 1629. Il rapporto con i Domenicani si interruppe solo nel 1630, a causa del dilagare della peste. Questo importante incarico, unito alla costante presenza – mai interrotta – come cantore a San Marco, contribuirà a farlo ‘promuovere’, il 23 gennaio 1639, secondo organista marciano. L’impegno unito ai successi teatrali sempre crescenti consentirono poi alla sua carriera di avanzare in modo ancor più prestigioso: nel 1665 arriva la nomina a San Marco, questa volta come primo organista, e finalmente, dopo tre anni, quella più ambita, quale maestro di cappella. Testimonianza della stima nella quale era tenuto Cavalli, egli venne sepolto all’interno di una delle chiese più significative di Venezia, la chiesa di San Lorenzo.       
La quasi totalità delle composizioni di Cavalli, segnatamente quelle operistiche, è stata tramandata in versioni manoscritte (il fondo Contarini della Marciana conta più di una trentina di suoi lavori teatrali), mentre le musiche di estrazione sacra vennero stampate in sole cinque pubblicazioni tra le quali brilla per valore e completezza la raccolta Musiche Sacre concernenti Messa, e Salmi Concertati con Istromenti Imni Antifone & Sonate […] edita a Venezia da Alessandro Vincenti in parti separate, come era allora tradizione: due cori a quattro voci miste sostenute peraltro da due violini, un ‘violoncino’ e ovviamente il basso continuo. È da questa edizione che vengono tratti tutti i brani nel programma di questo concerto di Natale, con tre sole eccezioni: O quam suavis, che invece fa parte dei Motetti a voce sola de diversi eccellentissimi autori novamente stampati […] Libro I, edito a Venezia nel 1645; O bone Iesu, tratto dalla Sacra Corona. Motetti […] sempre edito a Venezia da Magni nel 1656; e infine Cantate Domino, Ghirlanda sacra scielta […] anche questo edito a Venezia da Gardano nel 1625, quando Cavalli aveva appena ventitré anni. Quindi il penultimo brano in programma precede di oltre quarant’anni la quasi totalità delle altre musiche, trent’anni se lo paragoniamo invece al mottetto O bone Jesu.


sabato 14 dicembre 2024

LA MUSICA DI RAVEL PROTAGONISTA AL TEATRO COMUNALE CON L’ORCHESTRA DEL FRESCOBALDI DI FERRARA

 

Il Conservatorio "Frescobaldi" apre ufficialmente l'anno accademico 2024/2025 con l'abituale concerto sinfonico, in programma al Teatro Comunale "Claudio Abbado", martedì 17 dicembre alle 20.30. Le scelte artistiche sono cadute quest'anno su due capolavori assoluti della musica di tutte le epoche, proposti dai novanta componenti dell’Orchestra del Conservatorio diretti da Rocco Cianciotta: Quadri di un’esposizione di Modest Musorgskij, nella celeberrima versione di Maurice Ravel, e Ma Mère l’Oye di quest’ultimo autore, nella rielaborazione orchestrale scritta di suo pugno. 
Due brani eccelsi, nati entrambi da un originale pianistico, che nella loro versione per orchestra sinfonica si sono poi nel tempo affermati anche come contributi imprescindibili alla didattica dell’ascolto. Per questo motivo il concerto vedrà un’anteprima riservata alle scuole secondarie di primo grado, sempre martedì 17 dicembre alle 10, promossa in collaborazione con Ferrara Musica nell’ambito della rassegna FeMu Edu. 


La vicenda dei Quadri è nota: nel 1874 si tenne a Mosca una mostra dedicata alle opere di Victor Alexandrovich Hartmann, pittore e architetto russo. Hartmann e Musorgskij erano legati da un profondo sentimento di amicizia e durante la visita alla mostra, Musorgskij rimase talmente affascinato dalla potenza espressiva che i quadri emanavano, che decise di esprimerne in musica le sensazioni, componendo una suite per pianoforte che intitolò Quadri di un’Esposizione e che fu pubblicata postuma. Il vero successo venne dalla versione di Maurice Ravel, frutto di un accuratissimo lavoro di orchestrazione, eseguita per la prima volta nel 1929. E' costituita da quindici brani, dieci ispirati ai quadri e cinque Promenade, che rappresentano lo spostamento dell’osservatore da una tela all’altra, presentando sempre lo stesso tema. Le variazioni - più o meno evidenti - sottolineano i diversi stati d’animo che pervadono il compositore per il quadro appena visto e fungono anche da elemento di coesione di una composizione altrimenti episodica, basata su forti contrasti tra un soggetto e l’altro.
 

Quanto a Ma Mère l'Oye, nacque nel 1908 da un singolo movimento per pianoforte a due mani, la "Pavana della Bella Addormentata". Altri quattro duetti pianistici furono poi composti nel 1910, ma fu solo dopo la richiesta di una partitura per balletto che il compositore orchestrò gli originali. La raffinatezza delle trame che Ravel utilizza per ricreare questa musica in termini orchestrali è una fonte infinita di meraviglia. Dopo la malinconica apertura della Pavana, siamo trasportati in una foresta dove Pollicino diventa vittima di vari uccelli canori. Segue una colorata ed esotica cineseria, che accompagna il bagno di Laideronnette, imperatrice di una terra immaginaria. Arriva poi il dialogo sensuale tra la Bella e la Bestia con trasformazione finale della Bestia in Principe. Si viene infine trasportati in un giardino fatato, ricco di cose semplici ma incantevoli, con la musica che approda ad una piccola e brillante fanfara. 

Il concerto inizia alle 20.30. L’ingresso prevede un biglietto di 8 euro (ridotto 1 euro per studenti e personale del Conservatorio), in vendita presso la biglietteria del Teatro Comunale (Corso Martiri della Libertà 5) durante gli orari di apertura e la sera del concerto.