Sullo sfondo di una chiusa comunità
rurale, due donne lottano per realizzarsi, per sopravvivere allo
schiacciante peso degli obblighi sociali e alla violenza che le
circonda. Nella messa in scena del pluripremiato regista Claus
Guth, il capolavoro del realismo slavo Jenůfa di Leoš
Janáček arriva al Costanzi dal 2 al 9 maggio in un nuovo
allestimento realizzato in coproduzione con la Royal Opera House
di Londra, dove ha debuttato nel 2021 ottenendo l’Olivier Award
come miglior produzione operistica. L’opera è il terzo tassello
del progetto triennale dell’Opera di Roma dedicato a Janáček,
inaugurato con Káťa Kabanová nella stagione 2021/2022 e
proseguito con Da una casa di morti lo scorso anno. Sul
podio è chiamato Juraj Valčuha, tra i massimi interpreti della
musica del compositore ceco, che debutta al Costanzi e che ha
diretto, con l'Opera di Roma, la Turandot firmata Denis
Krief a Caracalla nel 2015. Cornelia Beskow e Karita
Mattila sono rispettivamente Jenůfa e Kostelnička. Robert
Watson è Števa, mentre Charles Workman canta Laca.
Nella parte della vecchia Buryjovka è impegnata Manuela Custer.
Le scene sono di Michael Levine, i costumi di Gesine Völlm,
le luci di James Farncombe e i video di rocafilm/Roland
Horvath. Drammaturgia di Yvonne Gebauer. In scena anche il Corpo
di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma interprete della
coreografia di Teresa Rotemberg.
Claus Guth abbandona l’estetica realista in favore di un allestimento simbolico. Altissime mura di legno delimitano la scena, isolando i personaggi e definendo la società rurale come un claustrofobico e immobile microcosmo. Al di fuori, quello che Guth definisce come «l’Altro sconosciuto», un luogo impossibile da raggiungere per le protagoniste del dramma. Jenůfa è una vicenda in cui si intrecciano onore, amore e violenza, e in cui i destini di una giovane e della sua matrigna sono destinati a ripetersi, come in una maledizione.
«Jenůfa è la storia di una donna che lotta per un mondo più libero – dice il regista – Una realtà che non presenta vie d’uscita. In scena non ci sono porte, non ci sono aperture. Costante, nell’opera, è il rumore della ruota del mulino, un ritmo ripetitivo, che non cambia mai. La società è questa macchina rituale che ripete i suoi movimenti all’infinito e che distrugge tutto ciò che incontra. L’opera mostra come un’enorme pressione sociale verso il conformismo possa portare alla completa caduta di un outsider, di qualcuno che sta fuori dalla norma».
Tra i registi più stimati e richiesti a livello internazionale, Claus Guth è rinomato per la sua capacità di reinvenzione del repertorio operistico e per la costruzione di messe in scena visivamente impattanti, riflesso e indagine della psicologia dei personaggi. Insignito due volte del premio Faust, nel 2023 ha ricevuto un OPER! Award come miglior regista. Ospite regolare del Festival di Salisburgo (da quando, nel 1999, vi ha diretto la prima mondiale di Cronaca del luogo di Luciano Berio) ha lavorato per i più prestigiosi teatri e festival, tra i quali Wiener Staatsoper, Festival di Bayreuth, Deutsche Oper di Berlino, Opéra National de Paris, Bol’šoj di Mosca e MET di New York. Tra le sue produzioni di successo si ricordano la Trilogia di Mozart/Da Ponte a Salisburgo, l’intero ciclo del Ring di Wagner per la Staatsoper di Amburgo, Die Frau ohne Schatten (La donna senz’ombra) di Strauss per il Teatro alla Scala di Milano e la Royal Opera House di Londra, l’oratorio di Händel Semele alla Bayerische Staatsoper di Monaco. Recentemente ha messo in scena Doppelgänger, dal ciclo di lieder Schwanengesang di Schubert, una performance eseguita dal celebre tenore Jonas Kaufmann.
Sul podio sale uno dei più apprezzati interpreti della musica di Janáček, il direttore slovacco Juraj Valčuha, al suo debutto al Costanzi. Attuale Direttore Musicale della Houston Symphony Orchestra, Valčuha è salito sul podio di prestigiose orchestre quali Berliner Philharmoniker, Staatskapelle Dresden, London Philharmonic, New York Philharmonic, Chicago Symphony, Filarmonica della Scala. Molto attivo in Francia e in Italia, dove è stato direttore stabile dell’Orchestra Rai e del Teatro San Carlo, nel 2018 è stato insignito del Premio Abbiati della critica musicale.
Il ruolo di Jenůfa vede impegnata Cornelia Beskow, soprano svedese apprezzata soprattutto per la profondità drammatica delle sue interpretazioni. Vincitrice del concorso internazionale di canto Lauritz Melchior nel 2017, inizia la sua carriera internazionale nel ruolo di Elsa nel Lohengrin alla Wiener Staatsoper, per poi distinguersi come Jenůfa, nel 2022, in una nuova produzione del regista Keith Warner alla Norwegian Opera. Accanto a lei, nel ruolo della sagrestana Kostelnička, la grande Karita Mattila, riconosciuta interprete della Jenůfa di Janáček, sia come protagonista – la sua interpretazione alla Royal Opera House nel 2001 ha vinto un Grammy Award per la Best Opera Recording nel 2004 – sia nella parte della matrigna. Beskow e Mattila sono al loro debutto al Costanzi. Il tenore Robert Watson, anche lui per la prima volta sul palco dell’Opera di Roma, è invece Števa Buryja. Insignito del Premio Campbell/Santeramo all’Opera Index Competition 2015, è stato membro dell’ensemble della Deutsche Oper di Berlino dal 2016 al 2020 ed è salito sui prestigiosi palchi del MET di New York, della San Diego Opera e dell’Opéra National De Montpellier. Nella parte di Laca Klemeň canta Charles Workman, tenore versatile il cui repertorio spazia dal belcanto alle opere del XX e XXI secolo, che torna all’Opera di Roma dopo aver interpretato Boris Grigorijevič nella Káťa Kabanová di Janáček nel 2022. Il mezzosoprano italiano Manuela Custer è invece la vecchia Buryjovka. Completano il cast Sofia Koberidze (Karolka), David Stout (Il capomastro del mulino), Lukáš Zeman e Anna Viktorova (Il sindaco e sua moglie) e, dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, Ekaterine Buachidze (La pastora), Valentina Gargano (Barena), Mariam Suleiman (Jana).
Capolavoro del realismo musicale di primo Novecento, Jenufa è l’opera teatrale più nota del compositore ceco Leoš Janáček. Scritta tra il 1894 e il 1903, è tratta dal dramma naturalista di Gabriela Preissová Její pastorkyňa [La sua figliastra]. Lo stile musicale di Jenůfa è il risultato dello studio che per tutta la sua vita Janáček dedicò alle inflessioni della lingua parlata cèca. La trama ruota attorno a Jenůfa, figlia adottiva di Kostelnička, sagrestana della chiesa di un paesino della Slovacchia morava. Rimasta incinta dell’amante Števa, viene sfregiata da Laca, innamorato di lei e geloso della sua relazione. Costretta a nascondersi in casa di Kostelnička per la vergogna della maternità illegittima e rifiutata da Števa per la ferita che ora porta sul volto, viene poi ingiustamente accusata di infanticidio dopo che Kostelnička, a sua insaputa, uccide il bambino per paura che questo possa impedirle di sposarsi con Laca, ancora innamorato di lei e pentito. Alla scoperta del cadavere, la matrigna confessa il crimine, ma Jenůfa la perdona, accettando le nozze con Laca.
Dopo la prima rappresentazione di giovedì 2 maggio, le repliche sabato 4 maggio (ore 18.00), domenica 5 maggio (ore 16.30), martedì 7 maggio (ore 20.00), giovedì 9 maggio (ore 20.00). Lezione di Opera sabato 27 aprile (ore 17.00). Anteprima giovani martedì 30 aprile (ore 19.00)
le foto sono di Fabrizio Sansoni-Opera di Roma 2024
INTERVISTA AL DIRETTORE
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