sabato 18 maggio 2024

Reggio Emilia: Alfred, Alfred di Franco Donatoni e La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi. Un dittico da non perdere.

 

REGGIO EMILIA | TEATRO ARIOSTO
Alfred, Alfred • La serva padrona
Musiche di Franco Donatoni e Giovanni Battista Pergolesi
24.05.2024 - h 20:00 - Teatro Ariosto (Fuori abbonamento)
26.05.2024 - h 15:30 - Teatro Ariosto (Fuori abbonamento)


ALFRED, ALFRED

Sette Scene e Sei Intermezzi
Musica e Testo di Franco Donatoni
I Infermiera Ann Maria Eleonora Caminada
II Infermiera Eleonor Matilde Lazzaroni
III Infermiera Josephine Elena Coscia
IV Infermiera Eileen Elena Tereshchenko
Capo Infermiera Chiara Ersilia Trapani
Dottor Prof. Alfred Sovicki Michele Gianquinto
Dottor Bilenski Niccolò Roda
Maristella degli Spiri Samantha Faina
Tosca Fosca la Formosa Clara La Licata
Rosa Shock Liga Liedskalnina
Amici di F.D. e studenti (mimi) Matilde Bignamini, Filippo Beltrami, Gabriele Matté, Danilo Smedile
F.D. (ruolo muto) Giuseppe De Luca
 

LA SERVA PADRONA

Due Intermezzi
Testo di Gennaro Antonio Federico
Musica di Giovanni Battista Pergolesi
Serpina Samantha Faina
Uberto Giuseppe De Luca
Vespone (ruolo muto) Gabriele Matté

Icarus Ensemble
Direttore Dario Garegnani
Ideazione Muta Imago
Regia e scene Claudia Sorace
Drammaturgia Riccardo Fazi
Luci e video Maria Elena Fusacchia
Costumi Ettore Lombardi
Complementi ai costumi Caterina Rossi
Nuovo allestimento
Produzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
Opera


L’abbinamento della Serva padrona di Giambattista Pergolesi e di Alfred, Alfred di Franco Donatoni  – lavori scritti a distanza di quasi tre secoli – compone una farsa del quotidiano e della privatezza. Da un lato la vita domestica in un interno dove la governante scaltra, fra bisticci, doma il padrone bisbetico infine sposandolo. Dall’altro la vita ospedaliera in corsìa, dove il grottesco viavai di infermiere, visite mediche e di improbabili amici e parenti, scorre sotto lo sguardo del paziente, vigile e muto: una satira sin nel titolo che, ripetendo il nome dell’ospedale “Alfred” di Melbourne (luogo reale del ricovero di Donatoni, da cui lo spunto autobiografico), evoca incongruamente La traviata.
Una specie di complementarità lega le due opere: la Serva padrona lancia il genere dell’intermezzo (matrice dell’opera buffa) in pieno 700 su scala europea, anche per il dibattito che si accese tra philosophes (fra cui Rousseau) circa l’idea di affidare vicende insignificanti a personaggi ordinari. Anche Alfred, Alfred si sottotitola non a caso “intermezzo”, in nome di una buffoneria salace e sardonica sulla condizione di passività in una struttura sanitaria, quando la buffoneria, nel teatro musicale di fine 900, è da tempo pressoché in disuso. Due singolarità, ciascuna in questione con il proprio tempo.
Anche la naturale distanza di linguaggio musicale fra i due lavori, cela corrispondenze nelle rispettive funzioni caricaturali e di veicolamento ironico; fra vispe morbidezze d’archi (Pergolesi) e striduli tintinnii asimmetrici (Donatoni).


Alfred, Alfred, nasce da un’esperienza di ricovero vissuta dall’autore, Franco Donatoni, nel 1992: un viaggio sospeso tra la surrealità delle visioni di un malato e la realtà della vita ospedaliera, altrettanto surreale. Divisa in sei scene e sei intermezzi, il libretto parte dai dialoghi della quotidianità ospedaliera, dove il malato/Donatoni spicca nel suo letto, mentre tutt’intorno di accade di tutto.


Ne La serva padrona, Uberto, vecchio scapolo scontroso e taciturno, stanco dei capricci e delle prepotenze di Serpina, sua giovane e astuta serva, decide di ripristinare i giusti ruoli all’interno della casa fingendo di volersi sposare. La ragazza, ingelosita, annuncia a sua volta, con la complicità del servo muto Vespone, il suo matrimonio con il fantomatico capitan Tempesta. Dallo sgomento provato al sentire l’annuncio delle nozze, Uberto capisce di essere innamorato di Serpina. Presto il finto capitan Tempesta si presenta minaccioso a reclamare la dote della giovane, e minaccia Uberto avvisandolo che in caso di diniego, gli toccherà di sposarla lui stesso. Spinto un po’ dalla paura e un po’ dall’amore per Serpina, Uberto si lascia estorcere la promessa di matrimonio. La burla è poi svelata, il Capitan Tempesta altri non è che Vespone travestitosi, ma ormai è tardi, Serpina da serva diventa padrona.

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