venerdì 3 maggio 2024

TIMOTHY RIDOUT ASTRO NASCENTE DELLA VIOLA DEBUTTA CON I POMERIGGI MUSICALI CON L’AUSTRALIANA JESSICA COTTIS SUL PODIO

 
Debutto di rilievo questa settimana nella 79a Stagione dei Pomeriggi Musicali “Strumenti dell’anima”: solista ospite sarà il violista londinese Timothy Ridout (nella foto in baso) che, non ancora trentenne, è stato inserito dal «BBC Music Magazine» tra i 12 più grandi violisti di tutti i tempi.
Appuntamento quindi da non perdere al Teatro Dal Verme giovedì 2 maggio (ore 10 e ore 20) e sabato 4 maggio (ore 17). Sul podio Jessica Cottis (nella foto, di Gerard Collett) direttrice d’orchestra australiana fra le bacchette più apprezzate di oggi della scena nord europea.
In programma l’ouverture Le rovine di Atene scritta da Ludwig van Beethoven nel 1811 per una nuova opera del drammaturgo tedesco allora in auge August von Kotzebue; quindi il raro Rhapsody-Concerto per viola e orchestra H337 di Bohuslav Martinů del 1952 e, nella seconda parte, la Sinfonia n. 3 in La minore op. 56 “Scozzese” di Felix Mendelssohn-Bartholdy, capolavoro romantico dedicato alla regina Vittoria e tenuto a battesimo il 3 marzo 1842 al Gewandhaus di Lipsia, diretto dall’Autore stesso, e poi accolto trionfalmente a Londra tanto il 13 giugno 1843.
 
«La voce d’uno strumento ad arco, la viola, – scrive nelle note di sala Raffaele Mellace – ispira invece il Rhapsody-Concerto di Bohuslav Martinů. Come per la Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” di Antonín Dvořák, è un capolavoro composto da un figlio della Cechia – boemo Dvořák, moravo Martinů – in una capitale della modernità: New York. Tra le opere dell’ultima maturità del suo autore, venne scritto nella primavera 1952 e presentato da Jasha Weissi sotto la direzione di George Szell a Cleveland il 19 febbraio 1953. Articolato in due tempi di dimensioni analoghe, come il Quarto Concerto per pianoforte dello stesso autore, squisitamente lirico nell’ispirazione, di grande bellezza melodica da un capo all’altro, nella parte del solista come nel sostegno costante assicuratogli, con raffinata scrittura armonica e contrappuntistica, dall’orchestra, il concerto parrebbe dar voce all’acuta nostalgia per la patria, già anche di Dvořák, sperimentata dal compositore, riparato durante la Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e poi ritornatovi nel dopoguerra. Nostalgia che non potrebbe assumere tinta più appropriata di quella fascinosa del materiale tematico folklorico della natìa Moravia».


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