È seguendo il percorso dedicato alle sacre rappresentazioni tracciato da Ravenna Festival negli ultimi anni che in questa XXXV edizione si approda, martedì 14 e tutti i giorni fino a domenica 19 maggio, alle ore 19 nello straordinario spazio della Basilica di San Giovanni Evangelista, a Il trionfo della Divina Giustizia. Ovvero all’oratorio che un ancor giovane Nicola Antonio Porpora compose per la sua Napoli nel 1716, qui riproposto nella lettura “storicamente informata” che ne dà Nicola Valentini alla direzione del “cameristico” Ensemble Dolce Concento – un quartetto d’archi, clavicembalo e tromba si muovono in parti reali – e delle voci di Candida Guida come Maria sempre Vergine, Erica Alberini come Giustizia Divina, Angelo Testori nel ruolo di Giovanni Apostolo e Chiara Nicastro in quello di Maddalena.
A dire il vero, il titolo originario completo recita: Il trionfo della Divina Giustizia ne’ tormenti e morte di Gesù Cristo. Perché per la Congregazione di Nostra Signora de’ Sette Dolori, che commissionò a Porpora la partitura, si trattava di un lavoro da eseguirsi la settimana precedente quella di Pasqua, con la finalità di rievocare gli avvenimenti riguardanti la passione e la morte di Gesù, offrendo ai fedeli, com’era consuetudine, l’occasione di immergersi in considerazioni dottrinarie ed esegetiche, talora affidate a personaggi allegorici – in questo caso a Giustizia. Che culminavano nel compianto sul Cristo morto tra le braccia della madre, immagine adatta a “muovere gli affetti”, a suscitare quella commozione che conteneva in sé il monito ad astenersi da ogni peccato.
Ed è proprio per accendere l’emozione, insieme alla riflessione, per suscitare pietà e partecipazione, che molto probabilmente l’oratorio non veniva eseguito nella statica e “fredda” forma di concerto, ma piuttosto era legato alla pratica delle sacre rappresentazioni, quindi dotato di una propria seppure semplice drammaturgia e di elementi appunto rappresentativi, capaci di catturare l’attenzione e fissare i cardini della narrazione. Del resto, basti pensare alle “Ultime sette parole di Cristo sulla croce” di Haydn – ovvero del più illustre tra gli allievi di Nicola Porpora – che prevedeva una sorta di apparato scenico, drappi neri a oscurare lo spazio e il suggestivo utilizzo della luce. Così, facendo leva sulle innegabili potenzialità drammaturgiche del capolavoro di Porpora, anche l’esecuzione proposta a Ravenna si arricchisce del potere evocativo di elementi visivi e di un essenziale corredo scenografico.
Maestro assoluto nell’arte operistica secondo i canoni della leggendaria scuola napoletana che contribuì a divulgare in tutta Europa, da Londra a Vienna, e insegnante di canto tra i più ambiti – tra i suoi allievi figura anche il celebre Farinelli –, Nicola Porpora in questa partitura mette in luce sia la notevole padronanza della tecnica contrappuntistica e armonica (ricca anche di motivi dissonanti e di intenso cromatismo), sia la sensibilità per una scrittura melodicamente infallibile, immediatamente espressiva eppure ricca di raffinati ornamenti. Una scrittura in cui voce e trama strumentale si compenetrano, in un equilibrio mirabile. L’edizione critica cui gli interpreti si rifanno in questa rara riproposizione è quella curata da Gaetano Pitarresi edita da Ut Orpheus nella collana dedicata alla Scuola napoletana. Ad essa si rivolge Nicola Valentini (nella foto in alto, di Marco Caselli/Nirmal), già allievo di Ottavio Dantone, fondatore dieci anni fa dell’Ensemble Dolce Concento con cui affronta, con strumenti antichi, il repertorio barocco, spingendosi anche a quello classico e romantico e che già in più occasioni ha dato prova di sé anche nei teatri ravennati – per esempio dirigendo L’isola disabitata di Haydn.
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