"Bentornato, Monsieur Poulenc!" è il titolo dell'appuntamento di lunedì 6 maggio, organizzato dalla Società dei Concerti Trieste che dedica, al Teatro Verdi alle 20.30, una serata speciale al compositore e musicista Francis Poulenc e al legame particolare che unisce questo artista a Trieste e allo storico sodalizio triestino, realtà che seppe fruttuosamente coltivare, e ancor oggi sviluppa, importanti rapporti con i compositori contemporanei.
Ad eseguire il programma dedicato integralmente alle musiche di Poulenc, che prevede alcuni dei brani più accattivanti della sua produzione da camera per fiati e pianoforte, saranno Orazio Sciortino, pianista e compositore, uno dei più brillanti talenti musicali contemporanei, e i Solisti del Teatro alla Scala, una formazione nata da un'idea di Riccardo Muti, in cui le prime parti Soliste dell’orchestra del Teatro alla Scala e dell’omonima Filarmonica si combinano in varie declinazioni a seconda del repertorio proposto. Come ogni appuntamento in cartellone, alle 19.15, al Ridotto del Verdi i musicisti terranno un incontro per raccontare e spiegare il concerto della sera insieme al direttore artistico, il M° Marco Seco.
La Società dei Concerti Trieste ebbe ospite questo eccentrico e geniale protagonista della musica per ben due volte. Già nel 1940 Poulenc fu invitato alla 18° stagione a Trieste e in quell'occasione egli accompagnò al pianoforte il tenore Pierre Bernac in un repertorio quasi integralmente francese, suonando per l'occasione anche musiche di sua composizione. Un appuntamento che fa già capire lo sguardo lungimirante e l'attenzione che la SdC di Trieste aveva (e sempre avrà) per gli autori contemporanei come avenne per Poulenc ma anche Hindemith, Ghedini e tanti altri.
L'evento che lo legò poi ancor di più alla città di Trieste fu la rappresentazione, nel 1957, di "Les dialogues des carmélites" (I dialoghi delle carmelitane), il lavoro drammatico certamente più ambizioso e complesso se non il più originale del musicista parigino. Un appuntamento mediato dal M° Raffaello de Banfield già nel cda della Società dei Concerti, il tramite tra il musicista parigino, di cui era amico, e il Teatro Verdi che lo ospitò.
Poulenc ritorna poi alla Società dei Concerti nel 1962 - accolto tra l'altro trionfalmente dalla folla al suo arrivo alla stazione di Trieste - quando accompagnò al pianoforte il soprano Denise Duval, sua musa, in un repertorio esclusivamente francese e con la prima esecuzione per Trieste (ancorché in versione da concerto) della sua "La voix humaine", su testo di Cocteau, che venne rappresentata successivamente, appena nel 1968, sei di anni dopo la prima per la Società dei Concerti, a Trieste al Teatro Verdi nella forma scenica con orchestra.
Un'altra presenza di Poulenc a Trieste è legata alla sua partecipazione, sempre nel 1962, un anno prima di morire, alla giuria internazionale di un grande concorso internazionale, il Premio di composizione “Città di Trieste”.
Poulenc, in apparenza rilassato e lieve, fu persona complessa, e nonostante cercó di dare un'immagine di sé diversa, fu cosciente delle proprie contraddizioni, preda di lunghe depressioni che la maschera ufficiale non sempre schermava. A sessantuno anni dall’improvvisa scomparsa (1963, per collasso cardiaco) la sua arte resiste al tempo. Un percorso musicale frastagliato il suo che ha dato vita a quella che Cocteau definiva "una musica priva delle nuvole impressioniste e dei turgori romantici, leggera e vivace, graffiante ma non troppo, aliena alle forme accademiche, attenta alle prospettive cubiste, surrealiste".
Da sempre bersaglio di ogni avanguardia per non aver aderito ad alcuno spirito di ricerca (tranne, e sempre col sospetto del gioco, nella prima gioventù), Poulenc non è totalmente ascrivibile nemmeno al neoclassicismo, in cui lo collocano l’amicizia con Cocteau e Stravinskij e il Gruppo dei Sei di cui faceva parte.
Il concerto organizzato dalla SdC di lunedì 6 maggio ripercorre alcune tappe di quello che è stato questo suo percorso discontinuo e si concentra sulla musica da camera per fiati e pianoforte consentendo di rivedere l’immagine che abbiamo di Poulenc e della sua musica. Essendo infatti il più giovane rappresentante di una generazione di artisti, si trovò spesso di fronte alla morte di amici cari o compositori ammirati, e nonostante la depressione che lo colpì gli ultimi anni della sua vita furono ricchi di una produzione di alta qualità, legata soprattutto all’ambito cameristico.
Basta scorrere velocemente le precisazioni emotive che accompagnano le indicazioni canoniche dei singoli movimenti di ogni sonata in programma per la Società dei Concerti lunedì 6 maggio per cogliere a prima vista un codice utile per capire l'autore in quello che fu il periodo: “malinconico”, “tristemente”, “deploration”, ma anche “giocoso, “divertissement” accanto ai consueti “allegro”, “presto”, “prestissimo” a volte associati per ossimori. Ad esempio un “Allegro malinconico” apre la prima Sonata in programma, quella per flauto, la sua pagina più famosa, dedicata alla memoria della mecenatessa statunitense Elizabeth Sprague Coolidge. Meno conosciute, ma meritevoli di esserlo, le Sonate per clarinetto e per oboe (1962), quest’ultima con la sua sorprendente conclusione in una accorata déploration, in morte di Honegger e Prokofiev e la più breve Elegie (1957), per corno e pianoforte, in memoria del grande Dennis Brain. Risalgono invece agli anni della gioventù la composizione del Trio per oboe, fagotto e pianoforte, considerata la prima grande opera da camera di Poulenc, e nel pieno della sua notorietà scrisse il Sestetto, dedicato al curatore del Louvre, Georges Salles; un pezzo di divertente e piacevole intrattenimento, giocato sul ritmo e sul colore.
Per ricreare l'atmosfera degli anni '60 davanti al Teatro Verdi di Trieste ci sarà un'esposizione di auto d'epoca di quegli anni ad accogliere gli spettatori fuori dall'ingresso del teatro, realizzata in collaborazione con il Club 20 all'ora di Trieste.
nelle foto, Francis Poulenc e Denise Duval, e con Raffaello de Banfield
Nessun commento:
Posta un commento