Giovedì 15 febbraio 2024, ore
21.00
Palazzo Chigi Saracini, Siena
ASIA IN MINORE
Haris Lambrakis ney
Fausto
Sierakowski sax alto
Alexandros Rizopoulos bendir
La Grecia affonda il suo corpo nel cuore del Mediterraneo come la punta di una trottolaportandosi dietro tutti i Balcani, da cui è sempre sembrata volersi distinguere in virtù di una differenza ancestrale legata all’età di Platone, Aristotele, Pericle, Prassitele. La ricerca di una continuità col passato classico era cominciata al tramonto del Settecento con gli umanisti inglesi, francesi, tedeschi, italiani, a cui si erano presto aggiunti i folcloristi greci unendo gli interessi locali e quelli degli stranieri per la legittimazione di una identità nazionale. Così la Grecia cominciava a svolgere il ruolo di confine fra oriente e occidente, fra Europa e Asia, cristianesimo e islam. Essere la supposta patria della democrazia ha aiutato la Grecia a trovare un supporto internazionale anche durante le sue più recenti crisi politiche e finanziarie.
Se la musica delle isole ioniche avrà mostrato un qualche carattere “occidentale” alle orecchie dei folcloristi ottocenteschi, sarà stato però ben più difficile per loro nascondere le affinità con i linguaggi musicali d’oriente di tutta la parte del paese affacciata sull’Egeo e verso le coste dell’Anatolia. Da lì più tardi, nel 1922, centinaia di migliaia di profughi erano arrivate portando con sé la stessa lingua degli ateniesi ma esperienze di vita diverse, cosmopolite come le città di Smirne e Istanbul da cui provenivano. Come bagaglio portavano anche una musica capace di esprimere l’intimità. Seppure raccontassero di vite al limite, dell’eterno veleno dell’esistenza e della sconfitta, le canzoni cantate nei cafés aman permettevano ai greci di città di dire ciò che la musica leggera europea dei café chantant non gli avrebbe concesso.
Con la nascente discografia, l’eredità “orientale” del rebetiko arrivò nelle campagne, unendosi alle tradizioni locali una volta occultate dai folkloristi e bollate dai nazionalisti come “turche”.Come i balli, la gastronomia, un certo modo di vivere, anche quelle musiche tradizionali già risuonavano al di là dei confini, attraverso territori albanesi, macedoni, bulgari, in un continuo gioco di prestiti e traduzioni. Suono dei bassifondi, poi divenuta emblema nazionale per i colonnelli, riscritta e reinterpretata dai grandi autori della resistenza negli anni 70, la musica tradizionale greca così “orientale” è stata frettolosamente dimenticata dalla prima generazione cresciuta nella comunità europea.
Tuttavia, mentre alla fine degli anni ’80 gran parte dei giovani greci affogava fra “gli scarti del pop occidentale e la spazzatura del pop levantino” (C. Papadopoulos), alcuni di loro vennero incuriositi dalle ristampe dei vecchi dischi. Ripresero fra le mani strumenti una volta familiari e ora divenuti esotici come i loro nomi: kanonaki, outi, santur e perfino il ney. Appresero i makam ottomani e cominciarono a collaborare con colleghi turchi. Riscoprirono in patria quelle tradizioni rurali che presentavano un ritratto della Grecia non più come confine occidentale dell’Europa, ma terra di passaggio, di confronto, simbiosi fra oriente e occidente, fra nord e sud.
Per questi artisti sparivano d’un tratto le dure contrapposizioni etniche fra greci, albanesi e slavi intorno al confine settentrionale che si estende come una linea dall’Adriatico al Mar Nero, e dagli strati più profondi della memoria dell’Epiro emergevano le sopravvivenze di quel luogo di incontri, nei suoni di una musica che è di chiunque provi a suonarla.
Haris Lambrakis è un maestro riconosciuto nel recupero dell’eredità musicale ottomana. Il suono incantato del suo ney appare nei dischi di artisti internazionali, dialoga con il jazz, si presta alle esperienze della musica contemporanea. Fausto Sierakowski porta in se stesso un mosaico di identità inanellate fra l’Europa e il Mediterraneo. Intrecciandosi sulle pelli dei tamburi di Alexandros Rizopoulos, le voci del ney e del sax contralto racconteranno le radici di un Epiro che è un po’ in oriente, un po’ in occidente; un po’ Europa, un po’ Asia in minore.
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