Appuntamento da non perdere questa
settimana nella 79a Stagione dei Pomeriggi Musicali “Strumenti
dell’anima” con due giovanissimi artisti – il direttore
d’orchestra Riccardo Bisatti (nella foto in basso, di Andrea Butti) e la violinista Veriko
Tchumburidze (nella foto, di Dunya Aslan) – che si stanno sempre più imponendo nella
programmazione internazionale.
Sarà possibile ascoltarli al Teatro Dal Verme giovedì 4 aprile (ore 10 e ore 20) e sabato 6 aprile (ore 17) in un programma dedicato al grande repertorio classico-romantico tedesco: il Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61 di Ludwig van Beethoven (1806) e la Sinfonia in re maggiore n. 3 D200 di Franz Schubert (1815).
Nato a Novara nel 2000, Riccardo Bisatti ha diretto per la prima volta I Pomeriggi Musicali nel 2022 (OperaLombardia Don Giovanni di Mozart, regia di Mario Martone) lasciando una grande impressione su pubblico e critica: adesso debutta nella stagione concertistica al Teatro Dal Verme dopo alcune esperienze significative con l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, del Maggio Musicale e dell’Arena di Verona. Veriko Tchumburidze invece è nata ad Adana in Turchia nel 1996 e si è imposta all’attenzione internazionale vincendo il primo premio al concorso Wieniawski del 2016. Dopo l’acclamato debutto a Milano lo scorso anno, sempre con I Pomeriggi Musicali, torna al Dal Verme con il suo violino italiano, un Giambattista Guadagnini del 1756 messo a disposizione dalla Fondazione tedesca Deutsche Musikleben.
«Le due pagine in programma – scrive Raffaele Mellace nelle note di sala – sono opera di due autori che condivisero la stessa città, la Vienna del primo Ottocento, non proprio una metropoli sterminata in cui fosse difficile incontrarsi. E videro la luce nell’arco d’un decennio, esattamente quello che precedette lo storico Congresso di Vienna: gli anni feroci delle Guerre napoleoniche, di cui tuttavia queste pagine non tradiscono sentore alcuno. Tutt’altro, forse anche in virtù della caratteristica che più le accomuna, l’essere cioè incardinate nella tonalità luminosa di Re maggiore che regala prodigi di lirismo e vivacità. Parrà singolare riferire il lirismo, cioè l’opzione per una comunicazione che rifugge dall’espressione tumultuosa delle passioni a favore d’una corda elegiaca, d’una cifra contemplativa che stempera i toni ricorrendo alle mezze tinte e alle delizie d’un sentire delicato, a Ludwig van Beethoven. Eppure, anche nella produzione beethoveniana questa opzione costituisce una voce significativa. Nel bel mezzo della stagione centrale della creatività del grande compositore (1802-14), non pochi lavori importanti scelgono infatti di eludere la via maestra dello stile eroico per imboccare altre direzioni. Emblematico di questo profilo beethoveniano alternativo, in cui il pathos drammatico cede il passo a un sereno lirismo meditativo, è il Concerto per violino op. 61, dedicato al caro amico d’infanzia, revisore del libretto del Fidelio ancora con il titolo di Leonore, Stephan von Breuning. Ne colse perfettamente il fascino sottile Johannes Brahms, che, prima ancora di emularlo con il proprio Concerto per violino, anch’esso, e pour cause, in Re maggiore, lo citava all’amico e sodale Joseph Joachim tra le musiche (tre soltanto!) che gli avevano «dato la più profonda delle emozioni […] Anche Schubert per la sua Terza sinfonia ricorse a quel Re maggiore che era già stato la brillante tonalità d’impianto della sua Prima. Luce, velocità, slancio giovanile sono la sigla coerente e convincente di una partitura che rappresenta un balzo rispetto alla Seconda sinfonia, completata appena due mesi prima, nella padronanza dell’autore diciottenne d’un discorso sinfonico complesso. Tutto è veloce in quel prodigioso 1815 in cui vedranno la luce 200 composizioni, un quinto dell’intero catalogo schubertiano. Anche la Terza sinfonia partecipò di quel ritmo indiavolato in cui i progetti – intrapresi, interrotti, abbandonati o completati – si affastellavano sulla scrivania del talento in erba ma quanto già maturo! Avviata a fine maggio, fu ripresa solo a luglio, quando in poco più d’una settimana, tra l’11 e il 19, venne completato il primo movimento e scritti ex novo gli altri tre. Tra i guadagni più sensibili andranno segnalati l’utilizzo audace dell’armonia, la rilevanza attribuita ai fiati, che tanto contribuiscono alla generale brillantezza di matrice mozartiana, probabilmente l’esito più rilevante e personale di un lavoro che venne eseguito pubblicamente solo nel 1881, a oltre cinquant’anni dalla morte dell’autore».
Teatro Dal Verme
giovedì 4 aprile 2024, ore 10 (in anteprima) e ore 20
sabato 6 aprile 2024, ore 17
direttore Riccardo Bisatti
violino Veriko Tchumburidze
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Ludwig van Beethoven
(Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61
Allegro ma non troppo
Larghetto
Rondò – Allegro
Franz Schubert
(Vienna, 1797 – Vienna, 1828)
Sinfonia n. 3 D200
Adagio maestoso - Allegro con brio
Allegretto
Minuetto - Vivace - Trio
Presto vivace
Sarà possibile ascoltarli al Teatro Dal Verme giovedì 4 aprile (ore 10 e ore 20) e sabato 6 aprile (ore 17) in un programma dedicato al grande repertorio classico-romantico tedesco: il Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61 di Ludwig van Beethoven (1806) e la Sinfonia in re maggiore n. 3 D200 di Franz Schubert (1815).
Nato a Novara nel 2000, Riccardo Bisatti ha diretto per la prima volta I Pomeriggi Musicali nel 2022 (OperaLombardia Don Giovanni di Mozart, regia di Mario Martone) lasciando una grande impressione su pubblico e critica: adesso debutta nella stagione concertistica al Teatro Dal Verme dopo alcune esperienze significative con l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, del Maggio Musicale e dell’Arena di Verona. Veriko Tchumburidze invece è nata ad Adana in Turchia nel 1996 e si è imposta all’attenzione internazionale vincendo il primo premio al concorso Wieniawski del 2016. Dopo l’acclamato debutto a Milano lo scorso anno, sempre con I Pomeriggi Musicali, torna al Dal Verme con il suo violino italiano, un Giambattista Guadagnini del 1756 messo a disposizione dalla Fondazione tedesca Deutsche Musikleben.
«Le due pagine in programma – scrive Raffaele Mellace nelle note di sala – sono opera di due autori che condivisero la stessa città, la Vienna del primo Ottocento, non proprio una metropoli sterminata in cui fosse difficile incontrarsi. E videro la luce nell’arco d’un decennio, esattamente quello che precedette lo storico Congresso di Vienna: gli anni feroci delle Guerre napoleoniche, di cui tuttavia queste pagine non tradiscono sentore alcuno. Tutt’altro, forse anche in virtù della caratteristica che più le accomuna, l’essere cioè incardinate nella tonalità luminosa di Re maggiore che regala prodigi di lirismo e vivacità. Parrà singolare riferire il lirismo, cioè l’opzione per una comunicazione che rifugge dall’espressione tumultuosa delle passioni a favore d’una corda elegiaca, d’una cifra contemplativa che stempera i toni ricorrendo alle mezze tinte e alle delizie d’un sentire delicato, a Ludwig van Beethoven. Eppure, anche nella produzione beethoveniana questa opzione costituisce una voce significativa. Nel bel mezzo della stagione centrale della creatività del grande compositore (1802-14), non pochi lavori importanti scelgono infatti di eludere la via maestra dello stile eroico per imboccare altre direzioni. Emblematico di questo profilo beethoveniano alternativo, in cui il pathos drammatico cede il passo a un sereno lirismo meditativo, è il Concerto per violino op. 61, dedicato al caro amico d’infanzia, revisore del libretto del Fidelio ancora con il titolo di Leonore, Stephan von Breuning. Ne colse perfettamente il fascino sottile Johannes Brahms, che, prima ancora di emularlo con il proprio Concerto per violino, anch’esso, e pour cause, in Re maggiore, lo citava all’amico e sodale Joseph Joachim tra le musiche (tre soltanto!) che gli avevano «dato la più profonda delle emozioni […] Anche Schubert per la sua Terza sinfonia ricorse a quel Re maggiore che era già stato la brillante tonalità d’impianto della sua Prima. Luce, velocità, slancio giovanile sono la sigla coerente e convincente di una partitura che rappresenta un balzo rispetto alla Seconda sinfonia, completata appena due mesi prima, nella padronanza dell’autore diciottenne d’un discorso sinfonico complesso. Tutto è veloce in quel prodigioso 1815 in cui vedranno la luce 200 composizioni, un quinto dell’intero catalogo schubertiano. Anche la Terza sinfonia partecipò di quel ritmo indiavolato in cui i progetti – intrapresi, interrotti, abbandonati o completati – si affastellavano sulla scrivania del talento in erba ma quanto già maturo! Avviata a fine maggio, fu ripresa solo a luglio, quando in poco più d’una settimana, tra l’11 e il 19, venne completato il primo movimento e scritti ex novo gli altri tre. Tra i guadagni più sensibili andranno segnalati l’utilizzo audace dell’armonia, la rilevanza attribuita ai fiati, che tanto contribuiscono alla generale brillantezza di matrice mozartiana, probabilmente l’esito più rilevante e personale di un lavoro che venne eseguito pubblicamente solo nel 1881, a oltre cinquant’anni dalla morte dell’autore».
Teatro Dal Verme
giovedì 4 aprile 2024, ore 10 (in anteprima) e ore 20
sabato 6 aprile 2024, ore 17
direttore Riccardo Bisatti
violino Veriko Tchumburidze
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Ludwig van Beethoven
(Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61
Allegro ma non troppo
Larghetto
Rondò – Allegro
Franz Schubert
(Vienna, 1797 – Vienna, 1828)
Sinfonia n. 3 D200
Adagio maestoso - Allegro con brio
Allegretto
Minuetto - Vivace - Trio
Presto vivace
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