Accademia Nazionale di Santa Cecilia
venerdì 11 aprile ore 20.30
sabato 12 aprile ore 18
lunedì 14 aprile ore 19.30
Sala Santa Cecilia – Auditorium Parco
della Musica
Orchestra, Coro e Voci Bianche
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Daniel Harding
baritono Christian Gerhaher
soprano Christiane Karg
basso Falk Struckmann
soprano Johanna Wallroth
mezzosoprano Rebecka Wallroth
tenore Andrew Staples
basso Alexander Roslavets
mezzosoprano Annelie Sophie Müller
soprano Natalia Paula Quiroga
Romero
tenore Jesús Hernández Tijera
soprano Patricia Westley
Schumann
Scene dal Faust di Goethe
Folgorato dalla lettura della seconda parte del Faust di Goethe, nella quale avviene la trasfigurazione dell’anima del protagonista, Robert Schumann crea la più profonda e intensa lettura in musica della più celebre opera dello scrittore tedesco: l’oratorio profano Scene dal Faust di Goethe, che si impone come un capolavoro del compositore e di tutta la musica romantica. Il Direttore Musicale Daniel Harding (nella foto di Sony/Gregor Hohent) guiderà il Coro, le Voci Bianche e l’Orchestra di Santa Cecilia a partire da venerdì 11 aprile alle ore 20.30 (repliche sabato 12 ore 18, lunedì 14 ore 19.30), assieme ad un cast vocale che vede il barotono Christian Gerhaher accanto al soprano Christiane Karg, il basso Falk Struckmann e il soprano Johanna Wallroth nei ruoli principali.
Il programma prevede l’esecuzione di una delle più corpose e impegnate partiture di Schumann, il cui titolo - Scene dal Faust di Goethe - sembra sottolineare l'importanza dell'elemento scenico e drammaturgico: l’intento del compositore era raggiungere la piena unità e corrispondenza non soltanto di parole, fatti e suoni ma anche, in un senso assai più profondo, di pensiero, poesia e creazione musicale.
La stessa genesi della composizione fu lunga e tormentata, ricoprendo un arco di quasi dieci anni, tant’è che così Schumann scriveva a Felix Mendelssohn nel settembre del 1845: “La scena dal Faust riposa ancora nello scrittoio, ho davvero il timore di guardarla di nuovo. Il rapimento della poesia sublime proprio di quel finale mi fece osare il lavoro; non so se lo pubblicherò mai”. La lettera rispecchia, allo stesso tempo, l'impegno di Schumann nel rivestire di musica un testo che lo entusiasmava tanto quanto lo ossessionava, ritagliandone un'interpretazione personale.
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