venerdì 25 aprile 2025

Domenica 27 aprile ore 11 - Musica da camera al Ridotto - con Professori dell'Orchestra del Teatro alla Scala

TEATRO ALLA SCALA
MUSICA DA CAMERA 2024/2025
DOMENICA 27 APRILE 2025 - ORE 11
RIDOTTO DEI PALCHI “ARTURO TOSCANINI”
Fuori Abbonamento


LUIGI BOCCHERINI
QUARTETTO OP. 2 N. 1 IN DO MIN. G 159
Allegro comodo
Largo
Allegro

WOLFGANG AMADEUS MOZART
QUINTETTO IN LA MAGG. K. 581
per clarinetto e archi
Allegro
Larghetto
Menuetto
Allegretto con variazioni

Pausa

CARL MARIA VON WEBER
QUINTETTO IN SI BEMOLLE MAGG. OP. 34
per clarinetto e archi
Allegro
Fantasia. Adagio ma non troppo
Menuetto Capriccio. Presto
Rondò. Allegro giocoso


ANDREA PECOLO, violino
STEFANO LO RE, violino
MATTEO AMADASI, viola
ALFREDO PERSICHILLI, violoncello
FABRIZIO MELONI, clarinetto

(dal programma di sala)
Nella musica da camera, talvolta vige un dialogo paritario fra gli strumenti (come nei brani di Boccherini e Mozart in programma), talvolta emerge il protagonismo “concertante” di uno di essi (come il clarinetto in Weber). Il Quartetto d’archi in do minore di Boccherini, composto nel 1761, ci fa risalire alle origini del genere, che tanta fortuna avrà a partire dal decennio 1770-1780, fino a diventare centrale nei cataloghi di Haydn, Mozart, Beethoven (ma i primi quartetti di Haydn in realtà precedono di poco quelli di Boccherini). Il violoncellista lucchese aveva appena diciotto anni e, ingaggiato nell’orchestra del teatro di corte di Vienna, aveva già cominciato a girare l’Europa. Pubblicò il quartetto nel 1767 in un’altra capitale europea, Parigi, come primo di una serie di sei (l’op. 1), secondo le abitudini editoriali del tempo. L’op. 1 fu ristampata più volte e si diffuse in tutto il continente, come tanti altri brani del prolificissimo musicista, che tra quartetti e quintetti d’archi superò le due centinaia. Il valore dei quartetti di Boccherini venne riconosciuto dai contemporanei, tanto che essi furono accostati a quelli di Haydn, ritenuto il maestro del genere anche da Mozart. A fine secolo Ernst Ludwig Gerber, compositore e autore d’un importante dizionario biografico di musicisti, definì Boccherini il più grande compositore italiano di musica strumentale. Il Quartetto in do minore, in tre movimenti (più avanti si standardizzerà la formula in quattro), è tipico dello stile di Boccherini, caratterizzato da una maggiore frammentazione tematica e da una scrittura armonica più erratica, di norma, che nello stile classico viennese. Solo per dare un esempio, il tema iniziale in do minore, al primo violino, dopo quattro battute si ascolta in mi bemolle maggiore al secondo violino; a battuta 9 parte un’altra idea tematica in fa minore al primo violino, riproposta a battuta 13 in mi bemolle maggiore al secondo violino; a battuta 17 una terza idea in mi bemolle. Il tempo lento, Largo, per tradizione dedicato alla cantabilità, inizia con un’ampia arcata melodica al violoncello, poi ripresa dal primo violino. Il terzo tempo ha un pathos notevole: parte con i quattro archi all’unisono e in fortissimo con un tema dal ritmo serrato e incalzante, che prima alterna note e pause, poi diventa puntato. La seconda idea tematica contrastante, con valori larghi e in imitazione tra tutti gli strumenti, viene a essere spezzata e spazzata via dal ritorno del primo tema.
Il Quintetto K. 581 è unanimemente ritenuto uno degli estremi capolavori di Mozart, che lo inserì nel suo catalogo il 29 settembre 1789; fu eseguito poche settimane dopo, il 22 dicembre, come evento collaterale tra le due parti di una cantata di Vincenzo Righini; il che ci dice che nelle “accademie” settecentesche il genere più “grande” della cantata era di per sé prevalente sulla musica da camera, e anche – verità blasfema – che Mozart non era per i viennesi coevi il genio assoluto della storia della musica che è per noi. Come altre musiche per clarinetto di Mozart, esso si deve all’amicizia e all’ammirazione per il clarinettista Anton Stadler. Fratelli massoni, Mozart e Stadler suonarono più volte insieme negli anni viennesi, anche perché gli strumenti a fiato erano prediletti nelle esecuzioni musicali delle logge massoniche. Il K. 581 è un miracolo di inclusione, soavità timbrica, felice e sereno dialogo tra pari: nulla di esibizionistico c’è nella scrittura dello strumento di Stadler, che pure era un gran virtuoso. Il clarinetto ora emerge, ora s’eclissa e accompagna, ora s’intreccia e si fonde con gli archi: lo scambio improvviso di funzioni tra archi e il clarinetto è fonte continua di sorpresa e ammirazione, specie nel primo tempo. Nel Larghetto, in forma tripartita, il clarinetto sfoggia tutto il velluto del suo suono legato e morbido e sembra voler imitare la cantabilità della voce umana. Il Minuetto ha due trii: nel primo, in la minore, domina il primo violino e il clarinetto inaspettatamente tace; il secondo vira verso un rustico Ländler, e il clarinetto salta allegro e scanzonato. Un candore quasi infantile caratterizza la melodia dell’Allegretto, che dà origine a quattro variazioni, più un Adagio contemplativo che sembra fermare il tempo. L’Allegro conclusivo funge da ultima ripresa del tema e da coda.
Nel Quintetto di Weber il clarinetto si erge su un piedistallo per assumere una posizione di assoluto rilievo: in questo senso si può parlare di un concerto mancato. Per il suo clarinettista favorito, Heinrich Baermann (Bärmann), Weber aveva composto il Concertino op. 26, i due Concerti op. 73 e op. 74 e le Sieben Variationen op. 3. Il Quintetto ebbe una genesi di ben quattro anni, testimoniata dalle lettere di Weber. Il 27 agosto 1815 il compositore scrisse alla futura moglie, a proposito della prima esecuzione: «È stata veramente una splendida serata musicale [...]. Bärmann, in particolare, ha suonato come un angelo e ti avrebbe commosso così come ha fatto con me». Nell’Allegro iniziale gli archi, con una sorta di motto in tono dimesso e a valori molto larghi, preparano il terreno al tema principale del clarinetto, brillante e sbarazzino, dal carattere quasi rossiniano. La scrittura di questo primo movimento e di tutto il Quintetto – i salti vertiginosi di due e persino tre ottave, le scale cromatiche reiterate, gli arpeggi – provano la valentìa di Baermann. L’elegiaco secondo movimento, Fantasia, Adagio ma non troppo, in sol minore, contrasta col tono sereno, gioioso e brillante del resto del Quintetto: anche qui il tema principale è tutto del clarinetto. Dopo il Menuetto. Capriccio presto, caratterizzato in effetti da un tema capriccioso, stemperato dal Trio, il pezzo è concluso dal Rondò. Il clarinetto vi si scatena in evoluzioni spericolate come non mai, mentre il ritmo dattilico da polacca del tema principale fa pensare alle cabalette del melodramma coevo, non senza la sorpresa d’un episodio imitativo ben poco operistico.
Saverio Lamacchia

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