mercoledì 29 marzo 2023

L’italiana in Algeri - Il ritorno del capolavoro di Rossini a Livorno: prima rappresentazione in tempi moderni e coproduzione con il Teatro Nazionale sloveno Opera Ljubljana

 

Teatro Goldoni Venerdì 31 marzo e Sabato 1 aprile, ore 20.00
L’ITALIANA IN ALGERI
dramma giocoso in musica in due atti su libretto di Angelo Anelli
Musica di Gioachino Rossini
Personaggi e interpreti
Isabella, signora italiana Laura Verrecchia / Aurora Faggioli
Lindoro, giovane italiano, schiavo favorito di Mustafà Bryan López González
Mustafà, bey d’Algeri Abramo Rosalen
Taddeo, compagno d’Isabella Paolo Ingrasciotta
Elvira, moglie di Mustafà Yulia Merkudinova / Iolanda Massimo
Haly, capitano dei corsari algerini Alberto Comes
Zulma, schiava confidente di Elvira Diana Turtoi
direttore Marko Hribernik
regia Emanuele Gamba
scene Massimo Checchetto
costumi Carlos Tieppo
coreografo Lukas Zuschlag
light designer Michele Rombolini / Milcho Aleksandrov
Orchestra e Coro del Teatro Goldoni
Maestro del Coro Maurizio Preziosi
Nuovo allestimento e coproduzione Teatro Goldoni e SNG Opera Ljubljana
 
Da oltre due secoli prosegue il suo fortunato ed ininterrotto cammino nei teatri di tutto il mondo, da quel 22 maggio del 1813 al Teatro San Benedetto di Venezia in cui riscosse il primo di una serie interminabili di successi che consacrarono definitivamente il suo autore come il massimo operista del tempo, nonostante avesse soltanto ventuno anni: è L’italiana in Algeri, dramma giocoso per musica in due atti di Gioachino Rossini che – a dispetto della sua notorietà e diffusione – a Livorno non è mai stata rappresentata in tempi moderni. Tutte nell’800, infatti, le rappresentazioni nella nostra città, di cui (a parte quella all’aperto nel 1877, alla Fiera Livornese che si teneva all'incirca nella attuale Piazza Mazzini, ed i cui spazi includevano anche l'attuale Arena Astra), l’ultima in Teatro risale addirittura all’autunno 1865 nell’ormai scomparso Teatro Rossini (notizie tratte da Fulvio Venturi “L’opera lirica a Livorno 1658-1847” e “1847-1999”), come riportato anche nella puntuale annotazione posta a margine nel frontespizio della partitura Ricordi di quell’epoca. Eppure, la prima livornese aveva avuto come interprete principale la stessa “Isabella” del debutto veneziano, il contralto Maria Marcolini, una delle cantanti più apprezzate nei teatri italiani dei primi due decenni dell'Ottocento, tanto che lo stesso Rossini scrisse cinque opere giovanili per la sua splendida voce. Insomma un’assenza ormai protrattasi troppo a lungo per un’opera che uno scrittore famoso ed appassionato dell’Italia e di Rossini come Stendhal non tardò a definire come «la perfezione del genere buffo», grazie ad una musica che altro non è che «una follia organizzata». D’altra parte basta ascoltare la sinfonia con cui si apre L’italiana, per essere subito trasportati nell’incredibile mondo sonoro del compositore pesarese, ricchissimo di ritmi infuocati, trovate e situazione comiche, lontane da ogni sentore di realismo, capaci di conquistare l’ascoltatore fin dal primo ascolto: «Non c'era nella sala una sola persona cui venisse in mente l’idea balzana di giudicare quel che vedeva – annotò ancora Stendhal – Il canto, gli scenari, l'esecuzione allegra dell'orchestra, la recitazione degli attori piena d’improvvisazione, nulla era fatto per fermare così in basso l’immaginazione degli spettatori. Per poco che fossero ben disposti, costoro si trovavano subito trasportati in un altro mondo, molto più gaio e leggero del nostro. Ma tutto ciò deve esser visto, diventa sgraziato se scritto». (Stendhal, Vita di Rossini). Un mondo più gaio e leggero del nostro: è lì che vengono trasportati gli spettatori ascoltando L’Italiana; ma Rossini come c’era riuscito? Come talvolta è capitato alle più alte creazioni artistiche, del tutto occasionali e fortuite furono le cause che spinsero nella primavera di quel 1813 Rossini a musicare un libretto già noto di Angelo Anelli e per di più portato sulle scene pochi anni prima al Teatro alla Scala di Milano dal compositore napoletano Luigi Mosca, grande amico di Giovanni Paisiello. Opera, quella, gradevole e garbata – come è stato scritto – ma niente a vedere con quella che la fantasia del pesarese riuscì a trarne in una manciata di giorni, 18 o 27 come narrano le leggende teatrali, ma comunque in pochissime settimane stante la pressante richiesta dell’impresario Cesare Gallo, che a Venezia gestiva il Teatro San Benedetto; questi, o non si era visto consegnare alla giusta scadenza un’opera da mettere in scena o forse voleva rimediare alla mancata favorevole accoglienza tra i veneziani della recente Pietra del paragone di Rossini, nonostante fosse stata invece applaudita alla Scala, fatto sta che, come scrisse lo stesso Rossini ad un amico, «Nulla favorisce l’ispirazione più della necessità» e si impegnò con un contratto a brevissimo termine a musicare un libretto che, narrano le cronache, si era ispirato ad un fatto accaduto nel 1805, dunque pochi anni prima: pare che una certa signora Antonietta Frapolli, in viaggio di piacere, fosse stata catturata dai corsari algerini insieme con altre persone e portata ad Algeri al Bey locale che l’accolse nel suo harem e se ne innamorò, al punto di farne la sua preferita, suscitando la gelosia delle altre mogli e concubine, situazione che probabilmente lo spinsero a rimpatriarla alcuni anni dopo a bordo di un vascello veneziano. Questi i fatti, ma il realismo non interessava Rossini che riuscì ad incendiare i versi del libretto con la sua fantasia donandogli una dirompente vitalità. Certo, per far questo, non si limitò a prendere il testo così com’era, ma – con l’aiuto di Gaetano Rossi, già suo collaboratore ed a quel tempo a Venezia come poeta stabile del Teatro La Fenice – ne rielaborò le situazioni, creandone di sana pianta alcune tra cui il celebre finale atto primo con quell’autentico gioco di parole con suoni onomatopeici (Nella testa ho un campanello / Che suonando fa din din; Nella testa ho un gran martello / Mi percuote e fa tac tà; Sono come una cornacchia / Che spennata fa crà crà; Come scoppio di cannone / La mia testa fa bum bum). Stravaganze e licenze a parte, L’italiana in Algeri è un inno all’amore libero da vincoli e lacci morali, in un crescendo di astuzie, seduzioni, inganni, tutti tesi al lieto fine: “Già so per pratica / Qual sia l'effetto / D'un sguardo languido,/ D'un sospiretto.../ So a domar gli uomini /Come si fa./ Sian dolci o ruvidi,/ Sian flemma o foco / Son tutti simili / a presso a poco.../ Tutti la chiedono,/ Tutti la bramano,/ Da vaga femmina / Felicità”. Così, con manifesta malizia, canta la protagonista al suo apparire in scena, dopo che partita da Livorno, un naufragio l’ha scaraventata sulle coste algerine, dove troverà ad attenderlo il potente Bey Mustafà, ormai stanco della moglie Elvira che vorrebbe ripudiare in favore di una donna italiana piena di carattere da accogliere nel suo harem. Ma insieme al carattere, con l’affascinante Isabella imbatte nella sua intelligenza ed astuzia che trascinerà lui e tutti i personaggi in un irresistibile caleidoscopio di divertenti trovate, sempre in un perfetto equilibrio fra la vena lirica e comica, tra opera seria e opera buffa, momenti di belcanto e virtuosismo vocale ed una smagliante brillantezza orchestrale. Un capolavoro indiscusso della tradizione comica, che arriva quindi per la prima volta assoluta al Teatro Goldoni, grazie ad un nuovo allestimento realizzato in coproduzione con SNG Opera Ljubljana, il teatro nazionale sloveno, dove l’opera è andata in scena accolta con successo lo scorso mese di febbraio; l’opera, che chiude la Stagione lirica 2022-23 del Goldoni, sarà diretta dal M° Marko Hribernik, attuale direttore artistico del Teatro sloveno. Altro direttore artistico impegnato nella produzione è Emanuele Gamba, che ricopre questo ruolo proprio alla Fondazione Teatro Goldoni e firma per la prima volta la regia dell’Italiana. Il cast è stato selezionato appositamente tramite audizioni mirate a cura della Fondazione Goldoni, e sarà completamente nuovo rispetto alle recite nella capitale slovena ad eccezione del tenore Bryan López González (Lindoro), così come diverso rispetto al debutto sarà la parte musicale che vedrà impegnati l’Orchestra e Coro del Teatro Goldoni. Il cast a Livorno vedrà quindi Laura Verrecchia / Aurora Faggioli (Isabella, signora italiana), Abramo Rosalen (Mustafà, bey d’Algeri), Paolo Ingrasciotta (Taddeo, compagno ed innamorato non corrisposto da Isabella), Yulia Merkudinova / Iolanda Massimo (Elvira, moglie di Mustafà), Alberto Comes (Haly, capitano dei corsari algerini), Diana Turtoi (Zulma, schiava confidente di Elvira). Le scene sono di Massimo Checchetto, i costumi di Carlos Tieppo, coreografo Lukas Zuschlag, light designer Michele Rombolini / Milcho Aleksandrov.

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