Sarà il maestro Gabriele Ferro, direttore onorario a vita del Teatro Massimo di Palermo, a dirigere da venerdì 11 aprile alle 20:00, L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti (ad affiancarlo ha chiamato il maestro Elia Andrea Corazza, che dirigerà l’Orchestra nelle repliche del 15 e 17 aprile). Divertente, frizzante, con un ciarlatano che spaccia all’ingenuo protagonista un miracoloso “elisir d’amore”, l’opera conta sulla regia di Ruggero Cappuccio, le scenografie di Nicola Rubertelli, i costumi firmati da Carlo Poggioli e le luci di Vinicio Cheli. Lo spettacolo è animato da una forte componente circense e dalla presenza di giocolieri e funamboli in una scena candida come l’anima del suo protagonista. I due ruoli principali di Nemorino e della bella Adina, sono interpretati dal tenore René Barbera e dalla beniamina del pubblico palermitano Desirée Rancatore, e nel cast alternativo da Galeano Salas e da Giulia Mazzola. Il rivale di Nemorino, Belcore, è il baritono Vittorio Prato mentre Dulcamara, l’imbonitore venditore di illusioni, è il baritono Paolo Bordogna (nel cast alternativo rispettivamente Andrea Piazza e Francesco Vultaggio). Nei panni di Giannetta il soprano Federica Maggì. L’allestimento del 2011 è del Teatro dell’Opera di Roma. Orchestra e Coro del Teatro Massimo, maestro del Coro Salvatore Punturo. Sul podio Gabriele Ferro e nelle recite del 15 e 17 aprile Elia Andrea Corazza. Repliche fino al 18 aprile.
Tra i capolavori dell’opera comica ottocentesca L’elisir d’amore, melodramma giocoso, è composto da Gaetano Donizetti nel 1832 su libretto di Felice Romani tratto da Le philtre di Eugène Scribe. Ancora oggi è una delle composizioni più rappresentate al mondo, così come la romanza “Una furtiva lacrima” è da quasi duecento anni il cavallo di battaglia di tutti i più importanti tenori. “Un’opera musicalmente strepitosa – dice il regista Ruggero Cappuccio – sia dal punto di vista tecnico che drammaturgico, carica di malinconia e profondità, e allo stesso tempo leggera e giocosa, così come i suoi personaggi. Ed è proprio in questa combinazione dei due registri la genialità di Donizetti, perché in natura non vi è nulla che sia drammatico e dove al contempo non ci sia anche qualcosa da ridere, e viceversa. Se uno sentisse “una furtiva lacrima”, la celebre romanza di Nemorino, isolata dal contesto dell’opera – aggiunge il regista - penserebbe che Elisir sia un’opera lacrimevole, di abbandoni melanconici, e invece così non è. Grazie a questa leggera profondità Donizetti ha creato un classico che racconta come gli esseri umani non amino ciò che già possiedono, ma soprattutto ciò che gli manca”.
La vicenda narrata ruota tutta attorno all'umile e ingenuo contadino Nemorino innamorato di Adina, donna colta e moderna che dichiara senza moralismi di voler “cambiar d’amante ogni dì”, consapevole del fatto che l’amore senza impedimenti e complicazioni non è nulla. Il personaggio di Belcore contende a Nemorino l’amore di Adina e il ciarlatano Dulcamara, deus ex machina tra i più riusciti nella storia del melodramma, venditore di filtri magici e illusioni, riuscirà con il suo placebo ad avere effetti inaspettati sulla psiche di Nemorino e sul lieto fine della favola.
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