La Fondazione Teatro La Fenice prosegue con convinzione nella sua apprezzatissima attività promozionale rivolta al pubblico delle nuove generazioni. La Fenice è giovane – questo il titolo del progetto che riunisce le tante iniziative destinate a chi ha meno di 35 anni, realizzato in collaborazione con McArthurGlen Noventa di Piave Design Outlet – riguarda in questi giorni il concerto dell’Orchestra del Teatro La Fenice diretto da Alpesh Chauhan, in programma al Teatro Malibran nell’ambito della Stagione Sinfonica 2024-2025. Dopo la ‘prima’ di venerdì 24 gennaio 2025, la replica di sabato 25 gennaio ore 20.00 sarà infatti interamente riservata agli under35, che potranno accedere allo spettacolo a un prezzo super-agevolato di soli € 10,00. Non solo: prima dell’inizio del concerto, a partire dalle ore 18.30, Bellussi Valdobbiadene offrirà un brindisi al pubblico under, in un foyer reso frizzante dalla presenza di un fotografo che accoglierà i giovani spettatori offrendo loro una polaroid come ricordo. L’ultima replica del concerto, aperta ad abbonati e al pubblico di tutte le età, è invece in programma domenica 26 gennaio ore 17.00.
L’apertura delle vendite dei biglietti per il concerto dei sabato 25 gennaio riservato a chi ha meno di 35 anni è fissata per giovedì 9 gennaio ore 10.00: chi vorrà acquistare il titolo di accesso online (www.teatrolafenice.it) potrà avere un solo biglietto a € 10,00 per ciascuna anagrafica. Mentre per chi si rivolgerà alle biglietterie del Teatro La Fenice e di Mestre - Piazzale Cialdini sarà possibile acquistare un biglietto per anagrafica, più un ulteriore biglietto tramite delega.
Il britannico Alpesh Chuahan, attualmente direttore ospite principale della Düsseldorfer Symphoniker Orchestra e direttore musicale della Birmingham Opera Company, guiderà la compagine veneziana nell’esecuzione di un programma articolato e di grande interesse: aprirà la serata l’ouverture Meeresstille und glückliche Fahrt op. 27 di Felix Mendelssohn Bartholdy; seguirà Le Boeuf sur le toit di Darius Milhaud; poi l’Ouverture n. 2 in mi bemolle maggiore op. 24 di Louise Farrenc; infine chiuderà la serata la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 97 Renana di Robert Schumann.
La composizione Meeresstille und glückliche Fahrt op. 27 di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847) trae ispirazione da un dittico liederistico di Johann Wolfgang von Goethe, caratterizzato dal contrasto paratattico tra lo stato di esasperante quiete della bonaccia (Meeresstille) e la felice eccitazione di una traversata via mare (glückliche Fahrt). Non solo pennellate naturalistiche, ma descrizione delle sensazioni dell’uomo-nocchiero di fronte agli ingestibili eventi della natura. La fortuna in musica di questo testo si deve soprattutto all’ouverture da concerto mendelssohniana del 1828 (il primo ad accostarvisi fu però Beethoven; seguirono Schubert, Reichardt, Tomášek e l’orvietano Luigi Mancinelli): Goethe nutriva per il compositore affetto e ammirazione, contraccambiati dal ventenne Felix che lo elesse a modello di sensibilità poetica.
Darius Milhaud (1892-1974) compose Le Boeuf sur le toit (Il bue sul tetto) durante la prima guerra mondiale, mentre, tra il 1916 e il 1918, viveva a Rio de Janeiro come segretario di Paul Claudel, allora ambasciatore francese in Brasile. Il periodo trascorso nel Paese sudamericano lasciò al compositore graditi ricordi di musiche popolari e di danza, che furono alla base di alcuni lavori, tra i quali questa partitura, che andò in scena a Parigi il 21 febbraio 1920 al teatro degli Champs Elysées come balletto-pantomima ideato da Jean Cocteau. Il brano, anche in un contesto concertistico, senza film e senza le invenzioni di Cocteau, si rivela vitalissimo e sapientemente costruito. Tra gli autori brasiliani di cui si riprendono ritmi e melodie vi sono Marcelo Tupinamba ed Ernesto Nazareth, ma il tema che ritorna più volte come il refrain di un rondò è elaborato dallo stesso Milhaud e a lui appartengono soprattutto le armonie politonali (i giochi di sovrapposizioni di tonalità diverse), i sapienti intrecci del materiale, i nitidi colori dell’orchestra.
Louise Farrenc (si chiamava Dumont, ma fu nota con il cognome del marito) era nata a Parigi il 31 maggio 1804 e vi morì il 15 settembre 1875. Era la sorella dello scultore Auguste Dumont. Già adolescente aveva rivelato doti musicali non comuni, come pianista e compositrice. Dal 1842 al 1873 insegnò pianoforte al Conservatorio di Parigi. Le sue musiche pianistiche, pubblicate dal marito, ebbero notevole diffusione, ma la sua produzione non si limita al pianoforte e comprende una dozzina di pezzi da camera e alcuni lavori per orchestra. Tutti questi lavori, a differenze delle opere pianistiche, durante la vita della Farrenc rimasero inediti. La seconda Ouverture op. 24 in mi bemolle maggiore, insieme con quella immediatamente precedente, di concezione molto simile, è la prima esperienza orchestrale della compositrice.
La Terza Sinfonia in mi bemolle maggiore op. 97 di Robert Schumann (1810-1856) appartiene all’ultima fase della sua produzione e si colloca nel momento di energia creativa che seguì al trasferimento a Düsseldorf, dove nel 1850 aveva accettato il posto di direttore musicale dei concerti. Qui, Schumann stesso ne diresse la prima esecuzione il 6 febbraio 1851. Ad alcuni anni di distanza dalla tormentatissima, febbrile, visionaria Seconda, la Terza ha un carattere profondamente diverso, che si è soliti associare alla breve felicità dei primi mesi di Düsseldorf. La denominazione di Renana non risale a Schumann, ma alla testimonianza di Joseph Wilhelm von Wasielewski, suo primo biografo e suo assistente a Düsseldorf. Secondo Wasielewski, per due dei movimenti centrali
Schumann aveva pensato anche a dei titoli di forte immediatezza evocativa; ma rinunciò per evitare
che venissero intesi come veri e propri ‘programmi’. Al di là dei titoli cancellati, il carattere, l’idea poetica, la Stimmung della Terza Sinfonia si riconducono al germanesimo di Schumann, al culto romantico della patria tedesca, e a uno degli elementi chiave di tale culto, la religione del Reno: il Reno come paesaggio dell’anima, come mito in cui convergono memorie storiche, tradizioni artistiche, suggestioni della natura sentita misticamente e poeticamente.
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