Ridotto del Teatro Mancinelli | Orvieto
martedì 5 novembre 2024, ore 20.30
Eugenio Della Chiara chitarra
Quartetto d'archi
dell'Orchestra Filarmonica Vittorio
Calamani
Luigi Boccherini
Quintetto in DO maggiore n. 453 per
chitarra e quartetto
Quintetto in MI minore n. 451 per
chitarra e quartetto
Quintetto in RE maggiore n. 448 per
chitarra e quartetto
Luigi Boccherini (1743-1805) nacque da
una famiglia di musicisti e artisti di Lucca e fu un bambino
prodigio. Le sue doti di violoncellista e compositore gli permisero
di ottenere una grande fama nella sua città natale, poi a Roma,
fino alle tournée in tutta Italia e in Europa. Tra il 1798 e il
1799 Boccherini trascrive e raduna in due raccolte dodici quintetti,
originariamente composti per organici diversi, affidandoli a una
formazione strumentale piuttosto insolita: al quartetto d’archi
classico (formato da due violini, viola e violoncello), a cui il
compositore aggiunge la chitarra. La scelta dello strumento è un
omaggio al committente e dedicatario delle due raccolte, il marchese
di Benavente. Eccellente chitarrista dilettante e ammiratore sincero
di Boccherini, il mecenate madrileno ospita un’orchestra stabile
nel suo palazzo, frequentato da intellettuali, musicisti e pittori
(fra i quali spicca il nome di Goya, intimo amico di Boccherini);
proprio all’italiano, il marchese aveva affidato l’incarico di
direttore della musica.
Il Quintetto n. 9 in DO maggiore G
453 esiste in doppia versione come Sesto quintetto con
pianoforte (pubblicato postumo) e come secondo di un gruppo di
Quintetti con chitarra. Questo Quintetto è uno dei maggiori lavori
da camera di Boccherini e non solo per le sue dimensioni materiali
(la composizione dura più di mezz’ora), ma per le sue qualità
formali ed espressive. Il primo movimento, Allegro Maestoso assai è
tutto pervaso da solenni ritmi di marcia, che vengono scanditi
alternativamente in forte e in piano, con poetici effetti di eco e
che vengono intramezzati da fantasiose cadenze dei singoli strumenti.
Il secondo tempo è un tenero Andantino in la minore, composto di
due parti ritornellate. Anche il grazioso Allegretto presenta un
taglio bipartito, comprendendo due partì, di cui una in maggiore e
una nel modo minore. Il quarto tempo è uno dei pezzi più
singolari di Boccherini.
Il Quintetto n. 7 in MI minore G
451 è una pagina equilibrata e piacevole; il primo movimento,
Allegro moderato, si apre in un clima musicale quasi misterioso, ben
reso dalle delicate note del violino sostenute dall’ostinato
ribattuto della chitarra. Gioiose cadenze concludono l’esposizione,
tutta giocata sugli arpeggi modulanti della chitarra che creano
un’atmosfera musicale molto suggestiva, quasi “notturna”.
Nell’Adagio la chitarra prende in mano il discorso musicale con
morbidi e dolci arpeggi. La seconda parte è invece più
“danzante”, grazie alle scalette discendenti in terze del
solista. Il Minuetto è tripartito: la prima sezione, in mi minore,
è dominata dalla chitarra solista; la seconda, dal carattere più
cantabile e spensierato, è in mi maggiore. La ripresa del Minuetto
senza ritornelli conclude il movimento. Meravigliosamente cantabile e
scorrevole è il movimento finale, Allegretto, condotto dalla
chitarra solista con un tema sereno e disteso in mi maggiore, cui fa
seguito un secondo motivo più acceso presentato dagli archi. La
sezione centrale, in mi minore, è più appassionata e inquieta, e
viene giocata in dialogo serrato fra il solista e il quartetto
d’archi. Il Quintetto si chiude con la ripresa della prima parte.
Il Quintetto n. 4 in RE maggiore
n. 448 è giunto fino a noi con il soprannome di Fandango,
danza all’epoca criticata dalle autorità religiose e politiche.
Il movimento del Fandango faceva originariamente parte di un
Quintetto per due violoncelli che Boccherini aveva composto nel 1788.
La versione per quintetto con chitarra arrivò circa un decennio
dopo, pochi anni prima della morte del compositore, su richiesta del
marchese Benavente. Boccherini, che all’epoca era al verde, fu ben
felice di accontentarlo. Ma non si limitò ad arrangiare il
quintetto per chitarra, né compose altri due movimenti originali.
Al contrario, riciclò tre movimenti: i primi due, Allegro maestoso
e Pastorale, provenivano dai primi due movimenti del suo Quintetto
per archi G.270. L’ultimo movimento, Grave e Fandango, proviene dal
già citato Quintetto per archi G.341. L’Allegro maestoso
iniziale è a tratti vigoroso e a tratti elegante. La Pastorale è
calma e pacifica. Il finale inizia con un solenne Grave, una lunga
introduzione alla sezione principale, il Fandango. Un’infuocata, ma
aulica, evocazione classica della musica flamenca dei gitani
spagnoli.
Nato a Pesaro, Eugenio Della Chiara (
nella foto di Alessandro Uguccioni) si
diploma all’età di diciannove anni con il massimo dei voti e la
lode nel conservatorio della sua città sotto la guida di Giuseppe
Ficara. Tra i suoi maestri vi sono Andrea Dieci e Oscar Ghiglia, con
cui si perfeziona all’Accademia Chigiana di Siena. Tra i premi
ricevuti si segnalano - primo musicista a conseguire questo
riconoscimento più di una volta - le due borse di studio della
Fondazione Rossini ottenute nel 2008 e nel 2010. Parallelamente agli
studi musicali completa la sua formazione umanistica presso
l’Università Cattolica di Milano, laureandosi prima in Lettere
Classiche e in seguito in Filologia Moderna. La sua attività
concertistica lo ha portato in Giappone, Austria, Germania, Ungheria,
Croazia, Turchia, Spagna, Norvegia, Danimarca e Irlanda; in Italia ha
suonato per alcune tra le maggiori istituzioni musicali del Paese,
tra cui la Società del Quartetto di Milano, Musica Insieme di
Bologna, la Fondazione Pietà de’ Turchini di Napoli, il Festival
di Martina Franca e della Valle d’Itria, la Società dei Concerti
di Parma, il Rossini Opera Festival di Pesaro e l’Orchestra
Sinfonica di Milano. Dal 2015 è direttore artistico di “MUN -
Music Notes in Pesaro”, stagione di musica da camera organizzata
dall’Associazione Marchigiana Attività Teatrali. Docente in vari
Conservatori italiani - Latina, Modena, Lecce, Genova e Bergamo - dal
2022 al 2024 ha insegnato chitarra al Conservatorio “Tartini” di
Trieste.