Dopo “Largo al factotum”, il funambolico recital interpretato nel settembre 2020 insieme al pianista Roberto Prosseda, Elio torna a Jesi e torna al Festival Pergolesi Spontini per inaugurarne la 23esima edizione con lo spettacolo “Ci vuole orecchio” in cui canta e recita Enzo Jannacci, con la regia e drammaturgia di Giorgio Gallione e gli arrangiamenti musicali di Paolo Silvestri, co-produzione Agidi – Imarts International Music and Arts.
Sul palco, nella coloratissima scenografia disegnata da Giorgio Gallione, troveremo assieme a Elio cinque musicisti, che formeranno un’insolita e bizzarra carovana sonora: Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono, Giulio Tullio al trombone. A loro toccherà il compito di accompagnare lo scoppiettante confronto tra due saltimbanchi della musica alle prese con un repertorio umano e musicale sconfinato e irripetibile, arricchito da scritti e pensieri di compagni di strada, reali o ideali, di “schizzo” Jannacci: da Umberto Eco a Dario Fo, da Francesco Piccolo a Marco Presta, a Michele Serra.
Elio è musicista, cantante, flautista, ingegnere elettronico, mattatore, genio dall’estro artistico spiccato. Milanese, come lo era Enzo Jannacci di cui quest’anno si celebrano i 10 anni della scomparsa.
Jannacci, il poetastro come amava definirsi, è stato il cantautore più eccentrico e personale della storia della canzone italiana, in grado di intrecciare temi e stili apparentemente inconciliabili: allegria e tristezza, tragedia e farsa, gioia e malinconia. E ogni volta il suo sguardo, poetico e bizzarro, è riuscito a spiazzare, a stupire: popolare e anticonformista contemporaneamente.
Jannacci è anche l’artista che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare la Milano delle periferie degli anni ‘60 e ‘70, trasfigurandola in una sorta di teatro dell’assurdo realissimo e toccante, dove agiscono miriadi di personaggi picareschi e borderline, ai confini del surreale: barboni, tossici, prostitute coi calzett de seda, cani coi capelli o telegrafisti dal cuore urgente, personaggi che spesso inciampano nella vita.
Un Buster Keaton della canzone, nato dalle parti di Lambrate, che verrà rivisitato, reinterpretato e “ricantato” da Elio in uno spettacolo un po’ circo un po’ teatro canzone.
Spiega Elio: “Ci vuole orecchio” non è un omaggio, ma una ricostruzione di quel suo mondo di nonsense, comico e struggente. È un viaggio dentro le epoche di Jannacci, perché non è stato sempre uguale: tra i brani c’è La luna è una lampadina, L’Armando, El purtava i scarp del tennis, canzoni che rido mentre le canto. Ne farò alcune snobbate, Parlare con i limoni, Quando il sipario calerà. Perché c’è Jannacci comico e quello che ti spezza il cuore di Vincenzina o Giovanni telegrafista, risate e drammi. Come è la vita: imperfetta. Una volta ci siamo incrociati negli studi Rai. Lui ha bofonchiato qualcosa, io pure, lui non ha capito, io nemmeno. Sono un timido. Mai avrei avuto il coraggio di dirgli “sono un tuo fan”. Questo è il solo contatto che ho avuto con Enzo Jannacci. Ma una curiosità c’è: mio papà era stato suo compagno di classe, me ne parlava, me lo faceva ascoltare e mi faceva già ridere”.
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