sabato 20 maggio 2023

Tutto esaurito per tutte le recite di “Robin Hood”, che andrà in scena dal 19 al 26 maggio al Teatro Petruzzelli, fra matinée e spettacoli pomeridiani

 
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Lo spettacolo, nuova commissione della Fondazione pugliese, avrà la musica del compositore Michele dall’Ongaro ed il libretto di Vincenzo De Vivo. Pietro Mianiti dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro (preparato da Fabrizio Cassi). A firmare la regia Marcel Sijm, le scene Sanne Danz, i costumi Wojciech Dziedzic, il disegno luci Ge’ Wegman.
Daranno vita all’opera: Giuseppe Tommaso ed Enrico Maria Piazza (Robin Hood), Martina Tragni (Lady Marian), Alexandra Ionis (La nutrice di Lady Marian), Alberto Petricca (Lo Sceriffo di Nottingham), Matteo Torcaso (Frate Tuck), Lorenzo Mazzucchelli (Re Riccardo), Tigran Melkonyan (Little John), Guido Dazzini (Will The Red), Andrea Piazza (Brian Clough).

Conosciamo tutti Robin Hood. È l’arciere protagonista di romanzi, film, fumetti e videogiochi, fedele a Riccardo cuor di Leone, legittimo re d’Inghilterra e nemico giurato dell’usurpatore, il principe Giovanni. Rubava ai ricchi per donare ai poveri, combatteva contro il terribile Sceriffo di Nottingham, guidava una banda di fuorilegge nascosta nella foresta di Sherwood. Per i nonni e bisnonni Robin ha il viso di Douglas Fairbanks (Robin Hood, 1922) o di Errol Flynn (La leggenda di Robin Hood, 1938); per i genitori quello di Kevin Kostner (Robin Hood, il principe dei ladri, 1991); per i più giovani, quello di Russel Crowe (Robin Hood, 2010); per tanti la calzamaglia del protagonista dell’esilarante film di Mel Brooks (Robin Hood, un uomo in calzamaglia, 1993); per tutti, il muso e la coda di volpe del personaggio delineato nei cartoni animati da Walt Disney (Robin Hood, 1973). In questo spettacolo Robin canta. Si
traveste da mendicante e da vecchio eremita per beffare lo sceriffo, inneggia alla libertà, confessa il suo amore a Lady Marian che lo ricambia appassionatamente, libera i suoi compagni catturati e condannati a morte, difende il popolo davanti a Re Riccardo. E insieme a Robin cantano gli altri personaggi della storia, con il testo di Vincenzo De Vivo e la musica di Michele dall’Ongaro, che scrive un’opera per i nostri tempi, dal ritmo veloce e incalzante, che sembra giocare con la musica di ogni tempo, suscitando il ricordo di antiche ballate, arie d’opera, canzoni d’autore, inni nazionali e danze popolari. La storia è presa un po’ dalle leggende inglesi, un po’ dai romanzi scritti da Dumas nell’Ottocento, un po’ dai film e unpo’ frutto di fantasia. “Robin Hood” sarà in programma in matinée a cura dell’Area Educational del Teatro Petruzzelli e pomeridiane aperte al pubblico sabato 20 maggio alle 17.00 ed alle 18.30 e domenica 21 maggio alle 17.00, tutte le date sono sold out.

Michele dall’Ongaro
, nato a Roma nel 1957, dopo gli studi al Conservatorio di Santa Cecilia si è perfezionato in composizione sotto la guida di Aldo Clementi. Ha svolto intensa attività di interprete dedicandosi prevalentemente alla musica moderna e contemporanea. Ha collaborato con Luciano Berio, Giorgio Pressburger, Vittorio Sermonti, Michele Serra, Stefano Benni, Claudio e Daniele Abbado, Luca Ronconi, Alessandro Baricco, e con Vincenzo De Vivo per l’opera Bach Haus (2000), riproposta in diversi Teatri e Istituzioni musicali nel corso degli ultimi vent’anni. Le sue opere, pubblicate da Suvini-Zerboni, sono attualmente eseguite dai maggiori interpreti della scena musicale e raccolte in diversi cd monografici. Ha scritto numerosi saggi, articoli e recensioni per le principali riviste del settore. Tra le sue pubblicazioni l’analisi di tutte le opere di Giacomo Puccini. Ha insegnato per circa due decenni nei Conservatori italiani ed è stato tra i fondatori della Scuola Popolare di Musica di Testaccio a Roma. Da quasi 30 anni collabora con la Rai e ha realizzato molti programmi televisivi e radiofonici di carattere musicale. È stato Presidente dell’Associazione Nuova Consonanza, Curatore della attività musicali permanenti alla Biennale di Venezia, Consulente della Fondazione Roma-Europa. Dal febbraio 2015 è Presidente-Sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Il regista olandese Marcel Sijm, pur lavorando in tutte le forme teatrali, come musical, revue e cabaret, si concentra soprattutto sull’opera e sulla musica classica. Ha firmato la regia di La damnation de Faust, Der Freischütz, I Lombardi alla prima Crociata, Aida, Macbeth, Carmen, La carriera del libertino, Il Console, Der Kaiser von Atlantis, A night at the chinese Opera e Robinson
Crusoe. Tra le prime mondiali figurano l’opera Jimmy di Edward Top e Biancaneve (Micha Hamel) per la Reisopera Netherlands. Ha debuttato alla regia con l’Opera Nazionale Olandese di Amsterdam con l’opera Legende di Peter-Jan Wagemans, seguita da Kopernikus di Claude Vivier e da un adattamento de Il viaggio a Reims per i giovani.

Robin Hood, l’arciere che canta
di Vincenzo De Vivo
Sappiamo tutti chi è Robin Hood: l’arciere dalla mira infallibile, fedele a Riccardo Cuor di leone, legittimo Re d’Inghilterra e nemico giurato dell’usurpatore, il Principe Giovanni. Sappiamo che rubava ai ricchi per donare ai poveri, che guidava una banda di fuorilegge nascosta nella foresta di Sherwood e che combatteva contro il terribile Sceriffo di Nottingham. Ognuno di noi lo immagina in modo diverso: per nonni e bisnonni Robin ha il viso dell'attore Douglas Fairbanks (Robin Hood,
1922) o quello di Errol Flynn (La leggenda di Robin Hood, 1938), per i genitori ha il volto di Kevin Kostner (Robin Hood, il principe dei ladri, 1991), per i più giovani, quello di Russel Crowe (Robin Hood, 2010). Ma siamo in tanti ad immaginarlo con la calzamaglia nel ruolo di protagonista dell’esilarante film di Mel Brooks (Robin Hood, un uomo in calzamaglia, 1993) o con il muso e la coda di volpe del personaggio delineato nei cartoni animati da Walt Disney (Robin Hood, 1973). Protagonista di romanzi, film, fumetti e videogiochi, Robin è sempre attuale, anche tra i millennials. Perché non farlo cantare in un’opera? Ce lo siamo detti con il compositore Michele dall’Ongaro, quando il Teatro Petruzzelli - a cui va tutta la mia gratitudine - ci ha proposto un nuovo titolo destinato ai ragazzi e alle famiglie. 
Sono corso a documentarmi sulle fonti: a riguardare i film, rileggere i due romanzi di Dumas - che nell’Ottocento aveva riproposto la figura dell’arciere all’attenzione dei lettori affascinati dalle storie medioevali - ritrovare le ballate scozzesi che dal XVII secolo parlano di Robin, figlio illegittimo di una figlia di Re Riccardo, partorito nel cuore di una foresta. Quei versi destinati al canto mi hanno ricordato di come l’arciere abbia incontrato e sfidato su un ponte stretto e lungo il gigante Little John - che da avversario ne diventò un fedele compagno - e di come abbia scambiato le sue nobili vesti con gli stracci di un pellegrino per travestirsi e salvare tre “scudieri” condannati a morte in modo sommario come cacciatori di frodo. Mi ero imbattuto in un’altra ballata, Broom of the Cowdenknowes, nota anche come Bonny May, che parla di un fiore dal colore giallo vibrante – lo scotch broom- comune in tutta la Scozia: da lì avevo preso alcune espressioni per le strofe che Robin - nei panni di un cantore di strada - intona entrando nel villaggio. 
Quelle ballate dal fascino malinconico mi avevano suggerito di associare verdi betulle e biancospini fioriti alla tristezza di Lady Marian, lontana dal suo Robin ed insidiata dallo Sceriffo di Nottingham. Una diversa suggestione mi era giunta da un’amica assai cara, che mi invitava dar voce ad alberi ed animali della foresta di Sherwood, nella magia della notte di San Giovanni, quando Robin e Marian celebrano il loro amore. Avevo ricevuto anche un altro suggerimento, di tutt’altro genere, da mio figlio, esperto del mondo dello sport: sottolineare il legame che unisce Bari a Nottingham, il cui club calcistico si chiama “Nottingham Forest” ed ha gli stessi colori - bianco e rosso - della città e del “Calcio Bari”. Per questa ragione ho deciso di chiamare Brian Clough il terzo compagno di Robin Hood, dandogli il nome di colui che per diciott'anni fu l’allenatore del “Notthingham Forest”, portandolo a vincere la Coppa dei Campioni, la Supercoppa Europea e più volte la Legue Cup.
Avevo appena cominciato a delineare il soggetto e abbozzare la struttura dell’opera, che già dall’Ongaro mi mandava la musica della scena iniziale, con il coro festante intorno all’albero di Maggio assecondato da un bonario Fra’ Tuck. Mi è subito venuta in mente Prima la musica e poi le parole - l’opera di Salieri e Casti che rivaleggiò alla corte di Vienna con L’Impresario di Mozart - e mi sono messo di buona lena a scrivere il testo, mentre i versi arrivavano di getto per seguire l’andamento danzante della musica.
Ho fatto di tutto per completare il libretto il più velocemente possibile, per non dare al compositore il pretesto di precedermi anche per le restanti scene. Non è stato difficile, perché si era già avviato tra noi quel gioco di proposte e richieste, citazioni dal melodramma e reminiscenze di tutta la storia della musica - bombe innescate gettate sul percorso di testo e partitura – che conoscevamo fin dal 2000, quando scrivemmo insieme Bach Haus: commissionato dall’Opera di Roma, il nostro intermezzo in un atto era stato un atto d’amore per il sommo compositore e un inseguimento all’ultimo respiro (le pagine finali furono strappate dalle mani di dall’Ongaro prima dell’ultima prova d’assieme).
Ma questa volta non c’è stato bisogno di attendere, perché la Musa si è presa la cura di assistere con sollecitudine il maestro. La partitura è felicemente arrivata nelle mani del sovrintendente Biscardi e del regista Sjim nei tempi convenuti: un’opera per i nostri tempi, dal ritmo veloce e incalzante, che sembra giocare con la musica di ogni tempo - suscitando il ricordo di antiche ballate, arie d’opera, canzoni d’autore, inni nazionali, danze popolari - e rivela tutta la sensibilità e la sapienza di un compositore che conosce profondamente sia l'avanguardia, sia la tradizione.
Non vedo l’ora di sapere se il pubblico sarà d’accordo con me.

le foto dello spettacolo sono di Clarissa Lapolla

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