Presso il Negozio Dischi Fenice in Via Santa Reparata 8/b, 50129 - Firenze (ZTL) presentazione – venerdì 19 maggio 2023 alle ore 18 - del volume di Camillo Faverzani "Il tradimento di Leporello. Libretti italiani e dintorni" (LIM Libreria Musicale Italiana Editrice). Assieme all’autore, interverranno, Michela Landi (Università degli Studi di Firenze) ed Elisabetta Torselli (Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma).
Accesso gratuito, prenota il tuo posto a: info@dischifenice.it oppure tel/whatsapp: 0553928712 o tramite il link Eventbrite.
Camillo Faverzani
IL TRADIMENTO DI LEPORELLO.
Libretti italiani e dintorni
LIM Libreria Musicale Italiana Editrice, 2022
Collana Sediziose Voci. Studi sul melodramma, nr. 11
formato 17 x 24, pagine XXV+540
ISBN 9788855431613
Prezzo 40 Euro
Suddiviso in cinque parti e venti capitoli, il volume affronta lo studio di titoli rari dalla seconda metà del Settecento a fine Ottocento, ad opera di librettisti noti (Goldoni, Mazzolà, Da Ponte, Sografi, Schmidt, Romanelli, Romani, Cammarano, Somma, Ghislanzoni) o meno (Lorenzi, Sernicola, Del Tufo, Marconi, Pola, Crescini, Dall’Ongaro, Gazzoletti, Sacchero, Guidi), per compositori la cui musica è sempre rimasta in repertorio, come Mozart, Donizetti o Verdi, o quasi (Cherubini, Spontini, Meyerbeer), e per altri che, un tempo popolari, sono ora pian piano riproposti, quali Galuppi, Salieri, Piccinni, Tritto, Mayr, Zingarelli, Pacini, Mercadante, Vaccaj, Coccia, Persiani, Federico Ricci, Cagnoni, o andrebbero riscoperti (Andreozzi, Strepponi, Generali). Oltre a situarli storicamente, talvolta in un contesto internazionale che sconfina verso Praga, Vienna, Parigi o Londra, l’analisi ne considera perlopiù le molteplici componenti, musicale, poetica, drammaturgica.
Dalla prefazione di Stefano Verdino
Sono più di trenta i melodrammi interessati in questo ultimo catalogo di Leporello, ma con i fitti rinvii intertestuali è probabile che si pervenga al ribadito «mille e tré» dapontiano. Il tutto si pone nell’arco dei 150 anni cruciali per la storia dell’opera, dal 1750 di Il mondo alla roversa della collaudata coppia Goldoni–Galuppi al 1900 della stampa di libretto e partitura (entrambi postumi) del Re Lear di Ghislanzoni–Cagnoni, ma va ricordata anche una doppia postilla, del 2009, che interessa sia la prima rappresentazione (a Martina Franca) del detto Re Lear sia il fuori programma dell’analisi del film di Carlos Saura, Io, don Giovanni, una attenta ricognizione per scrutare nell’opera di invenzione i margini di un qualche possibile nesso tra Casanova e Da Ponte per il capolavoro mozartiano. Il lettore si trova così davanti ad un lungo viaggio testuale ed intertestuale, che ha molteplici aspetti e risvolti: la sorpresa di imbattersi in titoli rari e poco frequentati dalla critica, la scoperta di annodi e confronti tra opere celebri e matrici un po’ obliate, la fitta navigazione in trame, situazioni, personaggi, messe in scena, corredate da una imponente documentazione in testo e in nota, che attesta il lavoro strenuo di Faverzani nel costruire un libro, che unisce sia un taglio angolato, sia una misura sistematica. Questa è evidente nelle parti analitiche che vedono ricorrere un percorso: genesi e fonte, prima rappresentazione e fortuna, riscontri dalle coeve recensioni, analisi di struttura, testo, numeri musicali, aspetti metrici e stilistici, possibili genealogie con altri testi. Non siamo davanti ad una nuova storia del libretto e del melodramma, nella sua età aurea, ma i vari capitoli intendono offrire una luce radente ed angolata, per quanto esemplarmente offerta, in una serie di snodi cruciali sempre con attenzione alla doppia partita tra testi italiani e francesi — fil rouge del libro. Le prime due parti affrontano due versanti della produzione del secondo Settecento, l’opera buffa nei suoi aspetti parodistici, l’opera seria davanti ai suoi modelli. Per quanto riguarda il trittico variamente imparentato del «mondo alla rovescia», ovvero governato dalle donne, con gli uomini occupati in lavori domestici, al di là di riprese e variazioni, Faverzani rileva «allusioni larvate alla politica, principalmente in Goldoni», nonché «una satira anticlericale non trascurabile, specialmente nella versione di Salieri», mentre un gustosissimo saggio è il contributo gastronomico al banchetto di Don Giovanni; incentrato sul testo minore in napoletano ed italiano Il convitato di pietra (1783) di Giovanni Battista Lorenzi per Giacomo Tritto, ci fa poi viaggiare su più tavole imbandite non solo a pro del Commendatore, scrutandone le variazioni. Vale la pena citare un passo per gustarne la verve:
IL TRADIMENTO DI LEPORELLO.
Libretti italiani e dintorni
LIM Libreria Musicale Italiana Editrice, 2022
Collana Sediziose Voci. Studi sul melodramma, nr. 11
formato 17 x 24, pagine XXV+540
ISBN 9788855431613
Prezzo 40 Euro
Suddiviso in cinque parti e venti capitoli, il volume affronta lo studio di titoli rari dalla seconda metà del Settecento a fine Ottocento, ad opera di librettisti noti (Goldoni, Mazzolà, Da Ponte, Sografi, Schmidt, Romanelli, Romani, Cammarano, Somma, Ghislanzoni) o meno (Lorenzi, Sernicola, Del Tufo, Marconi, Pola, Crescini, Dall’Ongaro, Gazzoletti, Sacchero, Guidi), per compositori la cui musica è sempre rimasta in repertorio, come Mozart, Donizetti o Verdi, o quasi (Cherubini, Spontini, Meyerbeer), e per altri che, un tempo popolari, sono ora pian piano riproposti, quali Galuppi, Salieri, Piccinni, Tritto, Mayr, Zingarelli, Pacini, Mercadante, Vaccaj, Coccia, Persiani, Federico Ricci, Cagnoni, o andrebbero riscoperti (Andreozzi, Strepponi, Generali). Oltre a situarli storicamente, talvolta in un contesto internazionale che sconfina verso Praga, Vienna, Parigi o Londra, l’analisi ne considera perlopiù le molteplici componenti, musicale, poetica, drammaturgica.
Dalla prefazione di Stefano Verdino
Sono più di trenta i melodrammi interessati in questo ultimo catalogo di Leporello, ma con i fitti rinvii intertestuali è probabile che si pervenga al ribadito «mille e tré» dapontiano. Il tutto si pone nell’arco dei 150 anni cruciali per la storia dell’opera, dal 1750 di Il mondo alla roversa della collaudata coppia Goldoni–Galuppi al 1900 della stampa di libretto e partitura (entrambi postumi) del Re Lear di Ghislanzoni–Cagnoni, ma va ricordata anche una doppia postilla, del 2009, che interessa sia la prima rappresentazione (a Martina Franca) del detto Re Lear sia il fuori programma dell’analisi del film di Carlos Saura, Io, don Giovanni, una attenta ricognizione per scrutare nell’opera di invenzione i margini di un qualche possibile nesso tra Casanova e Da Ponte per il capolavoro mozartiano. Il lettore si trova così davanti ad un lungo viaggio testuale ed intertestuale, che ha molteplici aspetti e risvolti: la sorpresa di imbattersi in titoli rari e poco frequentati dalla critica, la scoperta di annodi e confronti tra opere celebri e matrici un po’ obliate, la fitta navigazione in trame, situazioni, personaggi, messe in scena, corredate da una imponente documentazione in testo e in nota, che attesta il lavoro strenuo di Faverzani nel costruire un libro, che unisce sia un taglio angolato, sia una misura sistematica. Questa è evidente nelle parti analitiche che vedono ricorrere un percorso: genesi e fonte, prima rappresentazione e fortuna, riscontri dalle coeve recensioni, analisi di struttura, testo, numeri musicali, aspetti metrici e stilistici, possibili genealogie con altri testi. Non siamo davanti ad una nuova storia del libretto e del melodramma, nella sua età aurea, ma i vari capitoli intendono offrire una luce radente ed angolata, per quanto esemplarmente offerta, in una serie di snodi cruciali sempre con attenzione alla doppia partita tra testi italiani e francesi — fil rouge del libro. Le prime due parti affrontano due versanti della produzione del secondo Settecento, l’opera buffa nei suoi aspetti parodistici, l’opera seria davanti ai suoi modelli. Per quanto riguarda il trittico variamente imparentato del «mondo alla rovescia», ovvero governato dalle donne, con gli uomini occupati in lavori domestici, al di là di riprese e variazioni, Faverzani rileva «allusioni larvate alla politica, principalmente in Goldoni», nonché «una satira anticlericale non trascurabile, specialmente nella versione di Salieri», mentre un gustosissimo saggio è il contributo gastronomico al banchetto di Don Giovanni; incentrato sul testo minore in napoletano ed italiano Il convitato di pietra (1783) di Giovanni Battista Lorenzi per Giacomo Tritto, ci fa poi viaggiare su più tavole imbandite non solo a pro del Commendatore, scrutandone le variazioni. Vale la pena citare un passo per gustarne la verve:
Se ben frugale appare il convito del Don Giovanni napoletano del 1783, composto ora di zuppa, ora di papparella, e soprattutto di maccheroni, esso si trova ad essere in consonanza con una certa tradizione, che si è sempre dimostrata piuttosto parca nel servire le varie portate, ad eccezione della versione praghese del 1776, la quale anticipa sulle larghezze di circa una decina d’anni dopo nella stessa città. A parte qualche rara polpetta (Bertati), il piatto forte rimangono sempre i maccheroni (pseudo-Cicognini, lo stesso Porta), talvolta accompagnati da un brindisi (Porta, Foppa, Bertati), che Lorenzi relega invece nei preparativi delle nozze di Pulcinella e Lesbina, in modo per altro allusivo, nonostante il bicchieretto. D’altronde, la stesura dapontiana è la sola a dilungarsi sui festeggiamenti di Zerlina e Masetto, ampiamente favoriti dal libertino per assecondare le proprie mire, con relativo inno al vino.
In ogni caso la ricognizione sull’opera di Tritto e Lorenzi mette in luce un testo malnoto davvero notevole anche per il fecondo ricambio tra l’italiano del libertino ed il napoletano del servo Pulcinella.
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