Non pietra, mattone o acciaio: i ponti
che Ravenna Festival costruisce dal 1997 con Le vie
dell’Amicizia sono quelli che la musica, solo linguaggio
universale, può creare. Invisibili ma non meno reali o necessari,
quei ponti sono un invito al dialogo, un’offerta di conforto,
un’immagine di speranza. E a volte, lungo le rotte dell’Amicizia,
si scopre che un ponte già esiste: quello, per esempio, edificato
dalla generosità del popolo giordano, che nell’ultimo decennio ha
accolto centinaia di migliaia di profughi siriani (e non solo).
Ne La Repubblica Platone traccia il profilo della città ideale, l’utopia di uno stato guidato da principi filosofici; fondamentale nella formazione dei suoi cittadini è la musica, che educa l’anima attraverso la bellezza. Ed è l’etica del fare musica insieme – con orchestre e cori italiani che accolgono fra le proprie fila musicisti delle città meta del viaggio – la stella polare che brilla sulle Vie dell’Amicizia, sin da quando giunse la chiamata da Sarajevo nel 1997 e poi di anno in anno, senza interruzioni, con indimenticabili appuntamenti in tutto il mondo, sempre con la guida di Riccardo Muti. La XXVII edizione del progetto raggiunge la Giordania, un Paese che non solo assicura sostegno ai campi profughi entro i propri confini, al fianco dell’Agenzia ONU per i Rifugiati e delle organizzazioni internazionali, ma ha saputo accogliere e integrare nelle proprie comunità, nelle città e nei villaggi, la maggior parte delle quasi settecentomila persone arrivate dalla Siria e da altri territori feriti quali Iraq e Palestina.
«Svaniscono, cadono / i poveri uomini, […] come l'acqua da un masso / all'altro precipitato / in fondo all'ignoto»: lo Schicksalslied op. 54 che Brahms modellò sui versi di Hölderlin era stato parte del programma dell’ormai storico primo concerto dell’Amicizia a Sarajevo e sarà riproposto quest’anno. Meditazione sul destino dell’uomo, sul rapporto con il divino e sul mistero della morte, il Canto del destino è il dubbio insolubile che si fa musica. Lo stesso dubbio che nella partitura dell’Orfeo ed Euridice di Gluck, per la quale sarà in scena anche il controtenore Filippo Mineccia, il protagonista prova a sciogliere, sfidando le Furie e varcando il confine oltre la morte per riportare a sé l’amata; lo stesso dubbio che attraversa la preghiera di Norma alla luna, la sua invocazione alla pace, nell’opera di Bellini (per la quale sono coinvolti il soprano Monica Conesa e il basso Riccardo Zanellato). Una risposta si leva forse nell’estatica luce che chiude il canto di Brahms, quasi un messaggio di redenzione e di speranza.
Il dialogo fra Italia e Giordania si compie anche nel segno del mosaico, attraverso lo scambio intessuto dal Comune di Ravenna con la città giordana di Madaba, dove si conservano straordinari mosaici bizantini e omayyadi; un’altra preziosa tessera del viaggio che parte dal Pala De André, dove l’evento è sostenuto da La Cassa di Ravenna Spa. Il concerto a Jerash è reso possibile dal sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (che, in linea con la strategia di rafforzamento della cooperazione culturale tra Italia e Giordania, aprirà ad Amman un nuovo Istituto Italiano di Cultura) e dal supporto dell’Ambasciata d’Italia ad Amman, dal sostegno della Regione Emilia-Romagna e in collaborazione con il Jordan Italian Forum for Cooperation. L’appuntamento presso l’antica città di Pompei (niella foto, il Teatro Grande) – organizzato grazie alla collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei e con RAI 1, che riprenderà il concerto – è interamente finanziato da Caruso, A Belmond Hotel di Ravello.
Nessun commento:
Posta un commento