martedì 24 settembre 2024

TCBO: FRANCESCA DEGO, MARTIN OWEN E ALESSANDRO TAVERNA PER IL “TRIPLO” CONCERTO DI CAMPOGRANDE. La bacchetta è quella del giovane Diego Ceretta, che propone anche due sinfonie: la “Classica” di Prokof’ev e l’Ottava di Dvořák


È fresco di battesimo il Concerto per violino, corno, pianoforte e orchestra di Nicola Campogrande, compositore in residenza del Teatro Comunale di Bologna, che si potrà ascoltare nella Stagione della Fondazione lirico-sinfonica felsinea. Tre solisti di fama internazionale come la violinista Francesca Dego, il cornista Martin Owen e il pianista Alessandro Taverna - già impegnati nella prima esecuzione assoluta lo scorso 13 settembre al Festival Internazionale di Musica di Portogruaro - interpreteranno questa pagina anche per il pubblico bolognese, all’Auditorium Manzoni, venerdì 27 settembre alle 20.30. Sul podio dell’Orchestra del Comunale torna un giovane talento come Diego Ceretta (nella foto a destra), Direttore principale dell’Orchestra della Toscana, che propone anche due sinfonie: la “Classica” di Sergej Prokof’ev e l’Ottava di Antonín Dvořák.

È uscito lo scorso giugno per l'etichetta Chandos Records il disco che Francesca Dego (foto in basso, di Davide Cerati, abito di Laura Biagiotti), Martin Owen (Corno Principale della BBC Symphony Orchestra - nella foto a sinistra, di Davide Cerati) e Alessandro Taverna (foto in basso a destra, di Giorgio Gori) hanno dedicato ai trii per violino, corno e pianoforte di Brahms, Ligeti e Mozart che - ricorda Campogrande nel raccontare la nascita del suo nuovo lavoro - «sono i tre grandi brani davvero eseguiti per questo repertorio molto limitato e sostanzialmente non esistono concerti per questa formazione e orchestra che circolino davvero
[...] Nel dialogo con l’orchestra - dice ancora il compositore - ciascuno dei tre strumenti solisti porta con sé un coloratissimo bagaglio, dove convivono la sua identità timbrica, le sue abitudini musicali, le sue costrizioni tecniche, il repertorio del passato: tutti aspetti dei quali non si può non tenere conto. Ma, anziché essere limitazioni, questi per me sono stati potentissimi stimoli per la fantasia».
 
La Sinfonia n. 1 in re maggiore op. 25 di Prokof’ev, completata nel 1917, è detta "Classica" per i rimandi allo stile settecentesco. Queste infatti le parole che si leggono nel Diario del musicista russo: «Ho concepito il progetto di comporre tutta una sinfonia senza l’aiuto del pianoforte. In una simile opera i coloriti orchestrali risultano più netti e chiari. Così mi è venuta in mente l’idea di una sinfonia nello stile di Haydn, perché lavorando nella classe di Čerepnin, la tecnica di Haydn mi era diventata particolarmente limpida, una familiarità che mi dava più sicurezza nel gettarmi senza pianoforte in quelle acque pericolose».
 
Chiude la serata la Sinfonia n. 8 in sol maggiore op. 88 di Dvořák, diretta dal compositore boemo per la prima volta a Praga nel 1890. Grande successo anche alla sua seconda esecuzione alla St. James Hall di Londra, come testimoniato dallo stesso autore: «Dopo il primo movimento ci fu un applauso universale, ma dopo il secondo fu più forte, e dopo il terzo fu così tempestoso che mi sono dovuto girare parecchie volte verso l’uditorio, ma dopo il finale ci fu una tempesta, nella platea, nelle gallerie, fra la gente seduta dietro l’organo, tutti battevano le mani in modo quasi insopportabile, in breve è stato tutto così meraviglioso e sereno come fossimo a casa a Praga». Con il suo penultimo lavoro sinfonico, Dvořák intendeva «scrivere un’opera diversa da tutte le altre Sinfonie, con idee personali e lavorate in modo nuovo» per cercare di emanciparsi, con la sua Ottava, dal modello tedesco.

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