martedì 11 marzo 2025

Ritorna alla vita e alla musica una delle ville nobili più importanti del Nord Italia: Villa Togni, Lectures dal 14/3 a Luglio

 
Fondazione Domani l’Aurora
Presenta
Lectures a Villa Togni - Sala della Congiura
Dal 14 marzo al 12 luglio – Gussago (BS)
 
In una delle ville e parchi più musicali e rilevanti dell’Italia settentrionale, magnificamente restaurata tra il 2022 ed il 2024, parte la rassegna Lectures dedicata alla divulgazione musicale con dieci appuntamenti incentrati sul Barocco, che preparano al Festival Le Rose di settembre, vera kermesse di musica da camera en plein air, e alla presentazione del documentario dedicato alla vita di Camillo Togni, ultimo grande protagonista della vita di Villa Togni e compositore di primo piano nel milieu europeo del secondo ‘900. Lectures è affidato all’estro dell’attuale proprietario della Villa ed ultimo erede di Togni, il giovane clavicembalista Giulio Francesco Togni, impegnato, tra parole e note, sui preziosi strumenti conservati fra gli affreschi di questa residenza.
 
Villa Togni, già Averoldi, sorge alla fine del ‘300 ed è ancora oggi una delle dimore storiche più rilevanti per la storia del Nord Italia, dal suo ruolo nella Congiura del 1426 per il passaggio di Brescia alla Repubblica Veneta fino agli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando la famiglia del compositore Camillo Togni ospitò per lungo tempo il celeberrimo pianista Arturo Benedetti Michelangeli per allontanarlo dai pericoli del tempo. Con un ultimo rinnovamento nel 1910, il coevo, prezioso Parco all’Inglese progettato da Pierre André e il raro Giardino alla Francese disegnato alla fine del 1600, Villa Togni è di certo un appuntamento imperdibile per chi ama l’arte e l’architettura europea dal Seicento al Novecento, nonché tappa imprescindibile per gli amanti di architettura dei giardini e del paesaggio.
Ma dal restauro conservativo dei Giardini (2022-2024) ad opera della famiglia Togni e realizzato con il sostegno del Bando Parchi e Giardini Storici del PNRR, la villa, i giardini, i suoi affreschi e la piccola ma pregevolissima collezione di strumenti a tastiera tornano a vivere in musica grazie all’estro e all’intraprendenza di Giulio Francesco Togni (nella foto a destra), giovane clavicembalista, che riaprirà da marzo fino a luglio la celebre Sala della Congiura per dieci appuntamenti in parole e musica dedicati alla divulgazione del repertorio Barocco. La Sala impreziosita dagli affreschi di Ottavio Amigoni e Pompeo Ghitti, nomi apicali del Seicento bresciano, ritornerà dunque luogo di musica, come quando ospitò, tra i tanti Pierre Boulez, Alexis Weissenberg, René Leibowitz, Alfredo Casella, Luigi Dallapiccola, Carlo Maria Giulini, Severino Gazzelloni, Roman Vlad e Arturo Benedetti Michelangeli, di cui si conserva ancora il pianoforte in uso per i suoi studi, e per tutta la vita di Camillo Togni, personalità imprescindibile del ‘900 musicale europeo, che verrà riscoperta e correttamente storicizzata grazie al documentario “Atto Unico” a lui dedicato,  prodotto da Fondazione Domani L’Aurora con il regista Diego Veneziano.
Durante gli incontri Giulio Francesco Togni suonerà un clavicembalo di Andrea Restelli realizzato nel 1999. Questa copia di un clavicembalo originale di Christian Zell del 1728 conservato ad Amburgo, fu utilizzato in numerose incisioni e concerti prima di arrivare alla Villa, tra cui vale ricordare l’incisione delle Variazioni Goldberg di Bach di Ottavio Dantone pubblicate per Decca nel 2005. E presenterà e racconterà musiche di Domenico Scarlatti, J.S. Bach, F. Couperin.

Il Premio Abbiati a Emmanuel Tjeknavorian, Direttore Musicale dell’Orchestra Sinfonica di Milano

 
A Emmanuel Tjeknavorian (nella foto di Sergio Bertoni), Direttore Musicale dell'Orchestra Sinfonica di Milano, l'Associazione Nazionale Critici Musicali ha assegnato il Premio Abbiati come Miglior Direttore. La giuria, presieduta da Angelo Foletto e composta dal direttivo dell’Associazione Nazionale dei Critici Musicali composto da Andrea Estero, Alessandro Cammarano, Carlo Fiore, Gianluigi Mattietti, Carla Moreni e Roberta Pedrotti e da sette critici eletti dagli iscritti fra i soci dell’Associazione, Attilio Cantore, Susanna Franchi, Cesare Galla, Giancarlo Landini, Gregorio Moppi, Alessandro Rigolli e Lorenzo Tozzi, ha deciso di attribuire questo prestigioso premio a Emmanuel Tjeknavorian, Direttore Musicale della nostra Orchestra da settembre 2024, coronando un percorso intrapreso da pochi mesi e che ha riscosso fin da subito l'unanime entusiasmo di pubblico e critica. 
Queste le parole di Emmanuel Tjeknavorian:  “Sono profondamente onorato di ricevere il Premio Abbiati come Miglior Direttore d'Orchestra. Questo riconoscimento non è solo un traguardo personale, ma una testimonianza dello straordinario percorso che ho intrapreso con l'Orchestra Sinfonica di Milano. In pochi mesi abbiamo costruito qualcosa di veramente speciale: un legame artistico alimentato da passione, fiducia e un'incessante ricerca dell'eccellenza musicale. Questo premio è un riflesso della dedizione condivisa e sono profondamente grato all'Orchestra e al nostro pubblico, il cui incrollabile sostegno ci ispira ogni giorno
Il Premio Abbiati a Tjeknavorian rappresenta per il secondo anno consecutivo il riconoscimento dell'Associazione Nazionale Critici Musicali nei confronti della Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi.
Come afferma Ambra Redaelli, Presidente della Fondazione: "Fin dal suo primo concerto come Direttore musicale designato, nel febbraio 2024, è stato evidente che con il M° Tjeknavorian avremmo intrapreso un percorso straordinario sotto ogni punto di vista. Nella Stagione in corso abbiamo avuto modo di ammirarne la statura di interprete, l’eccezionale qualità del lavoro condotto con l’orchestra, che ha saputo valorizzare e ispirare in ogni sezione, ma anche la visione, la disponibilità e l’empatia, qualità che gli hanno consentito di conquistare immediatamente tutto il nostro pubblico, a partire dai più giovani. Oggi, il Premio Abbiati che gli è stato assegnato come miglior direttore d’orchestra rappresenta un riconoscimento di eccezionale rilevanza, che, dopo il Premio speciale assegnato al ‘Festival Mahler’ nel 2024, conferma al massimo livello il valore artistico raggiunto dalla nostra Istituzione".

Per le celebrazioni del 150° anniversario della nascita di Ravel, l’Orchestra Sinfonica di Milano costruisce un weekend a lui interamente dedicato: doppio appuntamento, uno sinfonico e uno cameristico, con protagonista il grande Sergei Babayan insieme a Emmanuel Tjeknavorian


Venerdì 4 aprile 2025 ore 20
Domenica 6 aprile 2025 ore 16
Auditorium di Milano, Largo Mahler

Maurice Ravel
Concerto per pianoforte e orchestra in Sol maggiore
Maurice Ravel
Menuet sur le nom d’Haydn per pianoforte
Maurice Ravel
Concerto per pianoforte e orchestra in Re maggiore per la mano sinistra
Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 45 in Fa diesis minore Hob.I:45 Sinfonia degli addii
Maurice Ravel
Boléro

Orchestra Sinfonica di Milano
Sergei Babayan Pianoforte
Emmanuel Tjeknavorian Direttore

***
Sabato 5 aprile ore 18
Auditorium di Milano, Largo Mahler

Leóš Janàček
Sonata per violino e pianoforte
Wolfgang Amadeus Mozart
Sonata per violino e pianoforte in Fa maggiore K 376
Sergej Prokof'ev
Sonata per violino e pianoforte in Fa minore op. 80
Maurice Ravel
Tzigane. Rapsodie de concert

Emmanuel Tjeknavorian Violino
Sergei Babayan Pianoforte

All’arte di Maurice Ravel, nel 150° anniversario della nascita, l’Orchestra Sinfonica di Milano dedica un intero weekend, accogliendo un pianista leggendario, Sergei Babayan: venerdì 4 (ore 20) e domenica 6 aprile (ore 16), Emmanuel Tjeknavorian dirige un programma che accosta i due concerti per pianoforte (il Concerto il Sol e il Concerto per la mano sinistra) che vedono protagonista Babayan, intervallati dal Menuet sur le nom d’Haydn per pianoforte, e arricchisce ilprogramma con il Boléro e con la Sinfonia n. 45 in Fa diesis minore Hob.I:45 Sinfonia degli addii  Tjeknavorian salgono sul palco dell’Auditorium in duo violino e pianoforte, e sviluppano un programma che tiene insieme la Sonata per violino e pianoforte di Leóš Janàček con la Sonata per violino e pianoforte in Fa maggiore K 376 di Wolfgang Amadeus Mozart e con la Sonata per violino e pianoforte in Fa minore op. 80 di Sergej Prokof'ev. Gran finale dedicato proprio a Ravel, con la sua inconfondibile Tzigane. Rapsodie de concert.


Classe 1961, l’armeno-americano Sergei Babayan si è aggiudicato il Casadesus International Piano Competition nel 1989. Pianista sopraffino ed eccellente didatta (fra i suoi allievi primeggiano Daniil Trifonov e Stanislav Khristenko), Babayan è sempre molto generoso nella costruzione dei programmi che lo vedono protagonista. Ne è senza ombra di dubbio questo il caso. L’impaginato del 4 e del 6 aprile si apre con il Concerto in Sol di Ravel, composto tra il 1921 e il 1931 “nello spirito di Mozart e di Saint-Saëns”, come dichiarò lo stesso compositore, facendo dunque tesoro di una tradizione compositiva la cui eredità poteva ancora, a detta sua, essere valorizzata. Composto da tre movimenti (Allegramente - Adagio assai - Presto), il Concerto in Sol rappresenta una pietra miliare del repertorio pianistico, la cui varietà tematica e di carattere viene valorizzata indubbiamente dalla straordinaria ricerca timbrica del grande Babayan. Fa da contraltare il Concerto per la mano sinistra, commissione ricevuta da parte del pianista austriaco Paul Wittgenstein, mutilato della mano destra durante la Prima guerra mondiale. Strutturato in un solo movimento, il concerto presenta una prima parte in cui vengono riproposti alcuni tratti stilistici cari a Ravel, tra cui l’impiego della sarabanda e il ritmo puntato, e una seconda parte in cui fiorisce un forte carattere improvvisativo.
A inframezzare queste due pagine per solista e orchestra, una rarità raveliana, il Menuet sur le nom d’Haydn, composizione nata in seno a una vera e propria “Call for scores” indetta nel 1909 dalla Revue Musicale, con il preciso intento di dedicare un numero speciale per celebrare Franz Joseph Haydn a cento anni dalla morte. Il direttore della rivista, Jules Écorcheville, rivolse esplicita richiesta a sei compositori: Claude Debussy, Paul Dukas, Vincent d'Indy, Reynaldo Hahn e Charles-Marie Widor e Maurice Ravel. Così nacque il Menuet sur le nom d’Haydn. Ma i nomi di Ravel e di Haydn si intersecano ancora, durante l’impaginato eccellentemente costruito da Emmanuel Tjeknavorian. Chiude il programma il binomio costituito dalla “Sinfonia degli Addii” di Haydn e il Boléro di Ravel. La prima è così chiamata perché nell'esecuzione dell'Adagio finale, alla prima esecuzione nel 1772, i musicisti a turno smisero di suonare, spensero la candela del loro leggio e lasciarono la sala, e l'esecuzione venne portata a conclusione solo da due violini con sordina, suonati da Haydn stesso e dal primo violino, Luigi Tomasini. Il secondo, che non necessita di presentazioni, è stato protagonista di decine di omaggi musicali e rappresenta un vero e proprio monumento di aggregazione timbrica, un castello sonoro che si costruisce di fronte alle orecchie di chi ascolta, che da un rullante in pianissimo arriva a un’orchestra intera in fortissimo, crescendo di un decibel alla volta, assuefacendo l’ascoltatore a una pulsazione ritmica (ripetuta 169 volte), e a due temi facili e perfetti, proposti in tutte le loro combinazioni timbriche. Una pagina sinfonica che è giunta in territori apparentemente lontani, diventando protagonista di una cover reggae di Frank Zappa e di una composizione rock di Jeff Beck, senza contare le innumerevoli versioni elettroniche.


Quasi due opposti, i lavori sinfonici che chiudono l’impaginato. In uno si toglie, nell’altro si aggiunge, e che rappresentano, nel concerto celebrativo del 150° anniversario della nascita di Maurice Ravel, un eccellente parallelismo che lo accosta a Haydn, compositore molto amato dal musicista francese.
Contrappunta questo dittico sinfonico un appuntamento in duo violino e pianoforte, sabato 5 aprile alle ore 18. Emmanuel Tjeknavorian imbraccia il violino e sale sul palco dell’Auditorium di Milano insieme a Sergei Babayan. Un programma composito che tiene insieme tre Sonate per violino e pianoforte a cavallo dei secoli: la Sonata per violino e pianoforte di Leóš Janàček, quella in Fa minore op. 80 di Sergej Prokof'ev e quella in Fa maggiore K 376 di Wolfgang Amadeus Mozart.
Gran finale dedicato proprio a Ravel, con la suaTzigane. Rapsodie de concert, brano definito dallo stesso “pezzo virtuosistico nel gusto di una rapsodia ungherese”, la cui scrittura ricorda le “violinisterie" di Sarasate e di un Wieniawski. La violinista Jourdan-Morhange racconta: “Mentre stava componendo questo brano di tecnica trascendentale, Ravel mi mandò un telegramma con la preghiera di precipitarmi a Montfort, portando con me il violino e i Ventiquattro capricci di Paganini. Li voleva riascoltare tutti per non dimenticare nessuna diavoleria.” Come spesso accade nel repertorio di Ravel, le impressioni e le influenze raggiungono un particolare equilibrio e danno vita a capolavori intramontabili. E’ il caso della Tzigane, brano bipartito caratterizzato da una serie di libere variazioni che intendono evocare lo stile improvvisativo dei violinisti tzigani ungheresi.

I FOLK SONGS DIRETTI DA TREVIÑO PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI LUCIANO BERIO - Giovedì 13 marzo a Torino con l’Orchestra Rai e il mezzosoprano Justina Gringytė

 

Celebrano il centenario della nascita di Luciano Berio l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e il suo Direttore ospite principale Robert Treviño (nella foto in alto di Tommy Ga-Ken Wa), che nel concerto di giovedì 13 marzo alle 20.30 propongono i Folk Songs per voce e orchestra del grande compositore italiano nato a Imperia nel 1925 e morto a Roma nel 2003. La serata, in programma all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, è trasmessa in diretta su Radio3 e in live streaming sul portale di Rai Cultura. Replica venerdì 14 marzo alle 20. 
I Folk Songs di Luciano Berio nacquero nel 1964 per voce e sette strumenti, come «omaggio all’intelligenza vocale di Cathy Berberian», allora moglie del compositore e musa della musica del Novecento. Successivamente furono trascritti per grande orchestra. Si tratta di undici canti popolari provenienti da diverse parti del mondo, che Berio disse di aver trovato su vecchi dischi, su antologie o di aver raccolto dalla viva voce di amici. «Li ho reinterpretati ritmicamente, metricamente e armonicamente» ha scritto il compositore. «Il discorso strumentale ha la funzione di suggerire e di commentare quelle che mi sono parse le radici espressive, cioè culturali, di ogni canzone». 


A interpretarli è chiamata il mezzosoprano Justina Gringytė (nella foto in alto di Paul Marc Mitchell), premiata come giovane cantante dell’anno agli International Opera Awards nel 2015 e ospite regolare di teatri come l’Opéra de Paris, la Royal Opera House di Londra, il Teatro Real di Madrid e il Teatro Bol’šoj di Mosca.
Nella seconda parte del concerto Treviño propone la Sinfonia n. 4 in do minore op. 43 di Dmitrij Šostakovič: una delle composizioni più emblematiche e più sperimentali del compositore russo. L’autore, fortemente sotto pressione per il clima di censura del regime staliniano che aveva già colpito la sua opera Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, la dovette ritirare per timore delle pesanti ritorsioni destinate agli artisti che si opponevano al realismo socialista. La sinfonia poté vedere la luce solo nel 1961, alcuni anni dopo la morte di Stalin.
 


Gran finale a Ristori Baroque Festival con 'Acqua in musica': i Virtuosi Italiani diretti da Alberto Martini eseguono HAendel, Telemann e Vivaldi

 

Gran finale per il Ristori Baroque Festival che chiuderà la terza edizione con il concerto Acqua in Musica eseguito da I Virtuosi Italiani diretti da Alberto Martini. In programma la Prima Suite in Fa Maggiore tratta da Water Music di Georg Friedrich Händel con musiche di Georg Philipp Telemann e alcuni concerti di Antonio Vivaldi legati all'elemento acqua e all’evocazione. L’appuntamento al Teatro Ristori è per sabato15 marzo con inizio alle ore 20:30. Un tema attuale e sentito, sviluppato attraverso un programma di sala accattivante, perfettamente centrato sul titolo 2025 della rassegna: “Evocazioni”. Protagonisti anche due straordinari solisti: la giovane flautista Elena Bertoli, recentemente scelta dal Maestro Riccardo Muti come flautista della sua Orchestra Luigi Cherubini, e il fagottista Andrea Bressan dalla luminosa carriera come solista e come primo fagotto delle più importanti Orchestre italiane ed Europee.
L'opera Water Music di Händel, la cui prima stesura risale al 1717, fu composta su richiesta di Giorgio I d'Inghilterra che amava particolarmente le passeggiate fluviali sul Tamigi, come tutta la nobiltà del Settecento. Uscite a filo d’acqua che richiedevano composizioni adatte all'occasione. Il concerto, che accompagnò il tragitto del re e della corte di Whitehall a Chelsea con ritorno al palazzo di St. James, fu eseguito da cinquanta musicisti: vicino alla chiatta di Sua Maestà e degli amici intimi si trovava quella degli artisti, che suonavano ogni sorta di strumento. Il re apprezzò così tanto il concerto da chiederne l'esecuzione tre volte.


Arricchiranno il programma della serata alcuni concerti di Antonio Vivaldi legati al tema dell’acqua e a quello del Festival “Evocazioni”. Il Concerto in fa maggiore per flauto, archi e cembalo, che reca il sottotitolo 'La tempesta di mare', vede il flauto condurre un discorso vivacemente frastagliato nell'Allegro iniziale, per poi dispiegare un canto più disteso, sul vento di bonaccia, nel Largo, e riprendere infine nel Presto maggiore tensione musicale, sorretta dagli energici e vigorosi interventi del Tutti. Il Concerto in sol minore per flauto, archi e continuo RV 439 “La notte” è in sei movimenti, il primo dei quali, (Largo), crea un'atmosfera di misteriosa inquietudine che si conclude sulla dominante, preparando con gesto quasi teatrale la repentina irruzione dei Fantasmi. Segue poi La descrizione de “Il Sonno”, sottotitolo del quinto movimento (Largo). Il Concerto termina con un Allegro, ritmicamente vigoroso, che in alcuni episodi solistici pare recuperare le figurazioni sincopate, a note ribattute e ad accordi spezzati dei Fantasmi. Il Concerto per fagotto RV 484 è assolutamente esemplare. Se nel primo movimento si assiste ad un vero e proprio divertimento fra le parti, con imitazioni, dialoghi e ampie 'rincorse' virtuosistiche, l'Andante centrale mostra le tipiche caratteristiche melodico-espressive dei movimenti lenti del compositore veneziano: il fagotto solo si libra con ariosità e liricità in frasi di grande intensità. Il tutti dell'orchestra riprende il suo protagonismo nell'ultimo Allegro dove anche il solista è chiamato a disegnare senza tregua arabeschi, salti, diminuzione velocissime, incitato da un basso incalzante.

Enrico Onofri dirigerà l’Orchestra del Teatro La Fenice al Teatro Malibran, venerdì 14 e domenica 16 marzo in un programma dedicato alla musica dell'età dei Lumi

 

È dedicato alla musica dell’età dei Lumi il concerto che Enrico Onofri dirigerà al Teatro Malibran, venerdì 14 marzo 2025 ore 20.00 (turno S) e domenica 16 marzo 2025 ore 17.00 (turno U), in occasione del prossimo appuntamento della Stagione Sinfonica 2024-2025 della Fondazione Teatro La Fenice. Il maestro, impegnato in questi giorni anche con le ultime repliche del Trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti– dirigerà l’Orchestra del Teatro La Fenice in un concerto volto a far risuonare la grazia e la passione della musica del Settecento, con l’esecuzione di un programma originale che affiancherà brani conosciuti a vere e proprie riscoperte: Onofri, massimo esperto di questo repertorio, proporrà in particolare pagine firmate da Franz Joseph Haydn, Antonio Sacchini, Michael Haydn, Joseph Martin Kraus, Giovanni Battista Sammartini e Luigi Boccherini.
        
Il programma prenderà il via con l’Allegro luminoso ed energico dell’ouverture del Mondo della luna di Franz Joseph Haydn, dramma giocoso, basato su un libretto di Carlo Goldoni, composto nel 1777 . L’ouverture dell’opera è in stile italiano, ma vi si stagliano ben riconoscibili le doti di sinfonista di Haydn. Successivamente al debutto dell’opera, Haydn riutilizzò questa pagina come primo movimento della Sinfonia n. 63, a dimostrazione che anche quando scriveva un’ouverture di un dramma giocoso dava alla sua musica uno spessore sinfonico tale da poter assumere il ruolo il primo e principale movimento di una sinfonia.
Di grande interesse sarà l’ascolto della Chaconne in do minore di Antonio Sacchini, una vera e propria riscoperta. Sacchini nacque nel 1730 a Firenze, si formò come musicista a Napoli, fece i primi passi come operista a Venezia nel 1757, proseguì la sua attività nelle principali ‘piazze’ italiane (Napoli, Venezia, Roma), si trasferì a Londra nel 1772, poi a Parigi dal 1781 fino alla morte, avvenuta nel 1786, quand’era all’apice della gloria. Non si hanno notizie di suoi contatti personali con il pressoché coetaneo Haydn ma sicuramente Haydn conobbe e apprezzò la sua musica. Lo dimostra il ritrovamento nel suo archivio personale di questa Chaconne, rimasta inedita finché lo stesso Enrico Onofri ne ha commissionato la trascrizione: è una delle tante musiche di autori italiani che Haydn si fece inviare durante gli anni in cui fu al servizio degli Esterhazy. Non si sa in quale occasione l’abbia utilizzata ma si può ipotizzare che sia servita in un balletto oppure come intermezzo di danza in una delle tante opere proprie e altrui che Haydn era incaricato di dirigere nel teatro del castello di Fertöd.
Riconduce a Joseph Haydn anche la Sinfonia n. 39 in do maggiore, composta nel 1788 da suo fratello Michael. Nato nel 1737, quattro anni dopo Joseph, nonostante la minore notorietà Michael Haydn è autore da considerarsi degno della massima attenzione per i meriti intrinseci della sua musica e anche per l’influsso che ebbe sul giovane Wolfgang Amadeus Mozart. Ultima di un gruppo di sei sinfonie da lui composte all’inizio del 1788 e terz’ultima delle sue quarantuno sinfonie, la Sinfonia n. 39 in do maggiore, proposta in questo programma, è un’opera della piena maturità, concentrata e potente.
        
La seconda parte del programma si aprirà con l’ouverture dall’Olympie di Joseph Martin Kraus, compositore nato nel 1756 e morto nel 1792, anch’egli probabilmente messo in ombra dall’inevitabile confronto col suo coetaneo Mozart. Non giovò alla sua notorietà l’aver trascorso gran parte della sua breve vita in una città allora periferica come Stoccolma, dove fu maestro di cappella di re Gustavo iii, re illuminato e grande mecenate. Nonostante l’ammirazione di Haydn, le sue sinfonie caddero presto in un lungo oblio e andarono in gran parte perdute, cosicché attualmente se ne conoscono soltanto dodici. Restano inoltre varie composizioni vocali, soprattutto sacre, e musiche per il teatro. Fa parte di queste ultime proprio l’ouverture Olympie, che apre le musiche di scena da lui composte nell’ultimo anno di vita per l’omonima tragedia del poeta svedese Johan Henric Kellgren.
Giovanni Battista Sammartini nacque nel 1700, quindi appartiene a una o due generazioni prima dei compositori austro-tedeschi appena citati; scrisse le sue prime sinfonie da concerto quando Joseph Haydn, considerato il ‘padre’ della sinfonia, non era ancora nato. In questo campo Sammartini raggiunse la fama europea e diede un contributo importante alla nascita della sinfonia classica. La sua Sinfonia in la maggiore j-c62, scelta per questo programma, appartiene a un gruppo di sei sinfonie pubblicate nel 1750 e, come le altre sinfonie di Sammartini stesso e dei compositori di quell’epoca, è in tre brevi movimenti, sul modello della ‘sinfonia avanti l’opera’ italiana.
Chiuderà la serata la Sinfonia n. 6 in do minore g519 di Luigi Boccherini: composta nel 1788, questa partitura rivela tutti gli sviluppi della sinfonia nei quasi quarant’anni intercorsi da quando Sammartini scrisse la sinfonia di cui sopra: i movimenti ora sono quattro e di maggior respiro e l’orchestra si è ampliata. È più che probabile che il modello di riferimento di Boccherini fosse Joseph Haydn, però il compositore italiano non era attratto da architetture sonore rigorose e robuste e si distinse invece per uno stile fluido e accattivante, associato alla freschezza e alla varietà melodiche italiane.
In occasione del concerto diretto da Enrico Onofri, si rinnoverà il consueto appuntamento con le conferenze di approfondimento della Stagione Sinfonica: il concerto di venerdì 14 marzo 2025 sarà infatti preceduto da un incontro a ingresso libero con il musicologo Roberto Mori, che dalle 19.20 alle ore 19.40 illustrerà il programma musicale della serata.

lunedì 10 marzo 2025

IMPROMPTUS: ARIE, DANZE E IMPROVVISAZIONI ALLE ARTIFICERIE ALMAGIÀ - Giovedì 13 marzo Roberto Tedesco e Gador Lago Benito danzano sulle note di Daniele Di Bonaventura e Alfredo Laviano

 

Con Impromptus: arie, danze e improvvisazioni, un progetto nato grazie al dialogo con il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto, la Stagione Danza del Teatro Alighieri di Ravenna esplora nuovi modi di interazione tra movimento e suono: giovedì 13 marzo, alle 21 alle Artificerie Almagià, il primo dei due appuntamenti fuori abbonamento vede Daniele Di Bonaventura al bandoneon e Alfredo Laviano alle percussioni; a danzare sono Roberto Tedesco e Gador Lago Benito. 
Favorendo una relazione fluida e spontanea tra le due discipline in uno spazio creativo dove coreografi e musicisti lavorano fianco a fianco, Impromptus permette di dare forma a opere attraverso l’improvvisazione e la reciproca ispirazione. Il secondo evento all’Almagià è il 15 aprile, quando saranno i violoncelli dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini a dialogare con i danzatori Leonardo Farina e Arianna Ganassi.
 
“Improvvisazione è oggi un termine assai vago. Che spesso allude soltanto ad un margine di autonomia nella creazione – nota Gigi Cristoforetti, direttore del CCN/Aterballetto – La vera improvvisazione è invece quella che caratterizza il progetto Impromptus. Nasce da un incontro tra artisti di discipline diverse, i quali dentro lo spazio e con il pubblico costruiscono qualcosa che prima non siamo in grado neppure di immaginare. Aspettiamo con curiosità questo momento quasi magico.”
 
“Da sempre cerchiamo di rendere la nostra programmazione sensibile ai nuovi linguaggi e ai nuovi pubblici – sottolinea Antonio De Rosa, Sovrintendente di Fondazione Ravenna Manifestazioni – e siamo pertanto molto felici che quest’anno la collaborazione con il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto e il suo direttore generale e artistico Gigi Cristoforetti ci offra occasione di ampliare gli orizzonti della Stagione, attraverso sperimentazioni nei territori dell’improvvisazione, all’incontro fra musica e danza. Grazie al coinvolgimento di interpreti di qualità, approdiamo alle Artificerie Almagià, fra i luoghi più caratterizzanti e vivaci della Darsena di città, il ‘magazzino dello zolfo’ dove cercheremo nuove alchimie e ci spingeremo oltre i tradizionali confini della composizione.”
 
La Stagione d’Opera e Danza 2025 è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia-Romagna e del Ministero della Cultura e dal contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

nelle foto, dall'alto: Roberto Tedesco, Gador Lago Benito (foto di Alice Vacondio), Daniele Di Bonaventura (foto di Renato Brugnola)

14/15 marzo - La Risonanza per Milano - UNA MESSA BAROCCA

 

UNA MESSA BAROCCA - anteprima

Venerdì 14 Marzo 2025 ore 19:00
Chiesa di S. Maria Annunciata in Chiesa Rossa
Salone Don Giulio
Via Neera 24, Milano


UNA MESSA BAROCCA - concerto

Sabato 15 Marzo 2025 ore 17:45
Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci
Sala del Cenacolo 
Via San Vittore 21, Milano

Una messa barocca è, al pari di una chiesa barocca, sfarzosa, piena di colori, di ornamenti. Vi è della spiritualità, certo, ma anche tanto teatro…

Il battesimo de La Risonanza. Con questo programma, nel 1995, al festival di Martinengo, nasceva il nostro gruppo musicale. Da allora sono passati trent’anni, molte cose sono cambiate, ma non l’entusiasmo con cui ci accostiamo alla musica che eseguiamo. E’ con molta emozione che ripresentiamo le musiche che, trent’anni fa, ci legarono a questo mestiere per il resto della vita. Sarà cambiata la nostra interpretazione? lo scopriremo assieme! (nella foto, Fabio Bonizzoni)


UNA MESSA BAROCCA
JOHANN KASPAR KERLL (1627- 1693)

INTROITUS
Cibavit eos. Gregoriano
KYRIE, CHRISTE, KYRIE
Missa «Non sine quare»
GLORIA
Missa «Non sine quare»
GRADUALE
Sonata in fa maggiore per due violini e b.c.
CREDO
Missa «Non sine quare»
OFFERTORIUM
Plaudentes Virgini per soprano, alto, tenore, basso e b.c.
SANCTUS ET BENEDICTUS
Missa «Non sine quare»
AGNUS DEI
Missa «Non sine quare»
COMMUNIO
Ama cor meum per contralto, tenore, due violini e b.c.
Dignare me per soprano, contralto, basso e b.c.
POST COMMUNIO
Sonata in sol minore per due violini, basso e b.c.
DEO GRATIAS
Regina caeli laetare. Pleno choro si placet
 

Federica Napoletani soprano
Angela Oh contralto
Emanuele Bianchi controtenore
Matteo Magistrali tenore
Salvo Vitale basso

LA RISONANZA
Pietro Modesti cornetto
Olivia Centurioni, Ulrike Slowik violini
Caterina Dell’Agnello violoncello
Guisella Massa violone
Fabio Bonizzoni organo e direzione


Domenica 16 marzo recital della tiorbista Marina Belova

 
Associazione Musicale Karl Jenkins
I Concerti di Campagna
Palazzo Sforza-Cesarini, Sala delle Armi (Genzano, RM)
domenica 16 marzo 2025, ore 18:oo
TIORBA ARPEGGIATA
Marina Belova, tiorba


Giovanni Girolamo Kapsperger – Toccata VII
Alessandro Piccinini – Toccata VI
Alessandro Piccinini – Toccata cromatica
Bellerofonte Castaldi – Arpesca gagliarda
Alessandro Piccinini – Chiaccona
Carl Friedrich Abel – Arpeggio WV A1:A28 *
Giovanni Girolamo Kapsperger – Passacaglia Johann
Sebastian Bach – Suite No. 2 in D minor, BWV 1008 *
Prelude, Allemande, Courante, Sarabande,
Menuette I&II, Gigue
Giovanni Girolamo Kapsperger
Toccata arpeggiata, Toccata III, Colascione, Canario
Robert de Visée – Prelude
François Couperin – Les Sylvaines *
Marin Marais – Les Voix Humaines *
Robert de Visée – Muzette, Chaconne

La tiorba è uno strumento che affascina gli ascoltatori con il suo suono dai toni basso e delicati, intensi. Familiare a tutti gli amanti della musica barocca per essere adoperata in orchestre ed ensemble, la tiorba vanta anche un interessante repertorio solistico, che riflette gli esperimenti e le composizioni dei musicisti italiani della prima metà del XVII secolo, così come lo stile francese già affermatosi alla fine di quel secolo. La tiorba ha un’accordatura inversa, grazie alla quale i passaggi suonano su di essa come fosse un’arpa. Tutti i compositori che scrissero per la tiorba utilizzarono questa tecnica che ha il nome poetico di “campanelli”. Ve ne sono diverse di tecniche usate: unʼaltra molto importante sulla tiorba è l’arpeggio e il brano più famoso, la Toccata “Arpeggiata” di Giovanni Girolamo Kapsperger, ha dato il nome a questo programma di concerto. Un altro brano in arpeggio trascritto per tiorba è di Carl Friedrich Abel, che venne inizialmente composto per viola da gamba a testimonianza del dialogo che in quel periodo nasceva tra i vari strumenti.
Tutte le composizioni sono state selezionate in modo tale da rivelare le capacità musicali della tiorba come strumento solista sia nel repertorio originale che nelle trascrizioni. Il fulcro del programma è la Suite n. 2 in re minore di Johann Sebastian Bach. Attorno ad essa, nel corso del concerto ruotano composizioni di autori italiani come Giovanni Girolamo Kapsperger, Alessandro Piccinini e Bellerofonte Castaldi; verrà poi eseguita anche musica francese – diverse opere di Robert de Visée, “Les Sylvaines” di François Couperin e “Les Voix Humaines” di Marin Marais. Tutti gli arrangiamenti dei brani per viola da gamba e violoncello sono realizzati per tiorba da Marina Belova.

Marina Belova è una liutista russa. Il suo repertorio comprende musica per liuto rinascimentale e barocco, oltre ad opere per tiorba e chitarra barocca. Collabora in qualità di musicista ospite con vari ensemble, tra cui “Gnessin Baroque”, “Pratum Integrum”, “Musica Viva”, “La Voce Strumentale”, “Questa Musica”, “Alta Capella” ed altri. Nel 2019 ha vinto il concorso internazionale di musica antica “Maurizio Pratola” (LʼAquila), lʼunico al mondo rivolto specificamente ai liutisti. Ha studiato con Andrey Chernyshov, con il quale ha poi fondato “La prima scuola di liuto” in Russia, dove attualmente insegna. È titolare del corso “Tradizione e prassi esecutiva della musica barocca” presso lʼUniversità Statale Kosygin di Mosca “Propedeutica del liuto” presso l’Academic Musical College del Conservatorio Statale Ciajkovskij di Mosca. Nel 2023 si diploma al Conservatorio di Verona con il professor Franco Pavan. Oltre ai concerti regolari in Russia, ha partecipato a concerti da solista in festival europei: Festival Oude Muziek Utrecht (Paesi Bassi, Utrecht, 2023), Festiv’Alba, La Riccitelli, Concerti Barattelli (Italia, 2022), Grandezze & Meraviglie (Italia , 2022), nonché alla Fondazione Ugo e Olga Levi a Venezia e nell’Associazione Musicale Karl Jenkins (2023), Festival Alte Musik Zürich (Svizzera, 2021), “Festival Barocco Alessandro Stradella di Viterbo e Nepi” (Italia, 2019).


“C’era una volta Giulia, la Vestale”, versione “pocket” della celebre tragédie-lyrique di Gaspare Spontini, va in scena al Teatro Moriconi di Jesi dal 16 al 18 marzo.

 

“La Vestale”, celebre tragédie-lyrique di Gaspare Spontini, concentrata in 60 minuti, va in scena al Teatro Moriconi di Jesi dal 16 al 18 marzo per giovani spettatori (e non solo). Lo spettacolo musicale, adatto a tutti, è dedicato ad un pubblico di famiglie nella recita di domenica ore 17, e ad un pubblico – per la prima volta - intergenerazionale nelle recite di lunedì e martedì ore 10 dove saranno presenti bambine e bambini delle scuole primarie e secondarie di I grado e anziani, ospiti delle case di riposo e dei centri diurni.
 

Grazie alla rielaborazione musicale della partitura spontiniana a cura di Gianluca Piombo, la regia e drammaturgia di Lorenzo Giossi anche protagonista in scena come attore/narratore, l’opera viene proposta in una versione agile, della durata di circa un’ora, dal titolo “C’era una volta… Giulia, la Vestale”, con tre cantanti – il soprano Louise Guenter nel ruolo di Giulia, il tenore Matteo Straffi in Licinio, e il baritono Alexander Ilvakhin nella parte di Cinna e del Sommo Sacerdote – e lo stesso Gianluca Piombo alla direzione. Suona il Time Machine Ensemble, realtà nata nel 2019 dalla volontà di Fondazione Pergolesi Spontini, Casa Musicale Sonzogno e Italian Touch, e composta da giovani solisti con l’obiettivo di realizzare progetti di riscoperta di grandi autori del Novecento o nuovi concept originali di spettacolo dedicati alla musica d’oggi. Lo spettacolo è in coproduzione con il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca.
 

In “C’era una volta Giulia… la Vestale”, un giovane archeologo trova, durante una campagna di scavo, un prezioso reperto. Un bassorilievo con rappresentato un tempio, una sacerdotessa, un generale romano e un sacro fuoco… le note immortali di Spontini animano il marmo e i personaggi prendono vita iniziando a raccontare e a cantare la loro storia: un grande amore impossibile, il sacro fuoco di Vesta che non doveva spegnersi mai, un destino crudele e l’inaspettato finale…
“Se noi andiamo alla ricerca di ciò che in fondo anima l’opera lirica – racconta il regista Lorenzo Giossi –, ci troviamo davanti a storie di tutti i giorni con amori, amicizie e difficoltà da superare; il tutto condito da una forte dose di avventura. Soprattutto l’avventura e il raggiungimento di una condizione di felicità caratterizzano l’opera a fondo storico. Nel nostro caso siamo catapultati nell’antica Roma con un amore impossibile e un magico fuoco che non si deve spegnere mai all’interno di un tempio! Pensando ai bambini e ai ragazzi ho immaginato un parallelo con i film di avventura, animali fantastici, 007 e al celeberrimo Indiana Jones alle prese con un magico tesoro. La storia di Giulia destinata a essere una sacerdotessa della dea Vesta che deve vegliare il sacro fuoco e che non può concedersi al soldato romano che la ama, genera un’operazione quasi di spionaggio all’interno di questo inquietante santuario fatto di corridoi e formule religiose. I due innamorati sono destinati a stare insieme, ma il sacro fuoco non deve spegnersi o per Giulia è la morte! Solo l’intervento soprannaturale di un fulmine può risolvere le cose. Immaginiamoci quindi di entrare in uno di quei bassorilievi bianchi che vediamo all’interno delle attuali rovine romane e di trovare una striscia che racconti questa avventura: una sorta di Jumanji dell’epoca. A un certo punto i personaggi scolpiti si animano e ci raccontano la loro storia portandoci nel loro mondo. La piccola figura del tempio si ingrandisce, si colora, prende vita e cambia di situazione in situazione: basta aprire uno sportello o toccare un pezzettino di quel marmo che subito siamo catapultati in un’altra stanza…”

(foto di Marzo Pozzi)

IUC: Martedì 11 marzo Kebyart Saxophone Quartet


Istituzione Universitaria dei Concerti
I CONCERTI DELL’AULA MAGNA
80a Stagione 2024 | 2025
Martedì 11 marzo . ore 20.30
Kebyart Saxophone Quartet
Pere Méndez, sassofono soprano
Víctor Serra, sassofono contralto
Robert Seara, Sassofono tenore
Daniel Miguel, sassofono baritono

Wolfgang Amadeus Mozart
Quartetto n. 19 in do maggiore K 465 “Dissonanza” 
(arrangiamento del Kebyart dall’originale per quartetto d’archi) 
Jörg Widmann
7 Capricci (2021) 
Commissionato al Kebyart Saxophone Quartet dal Palau de la Música Catalana, L’Auditori de Barcelona e l'European Concert Hall Organisation (ECHO) 
Maurice Ravel
Pavane pour une infante défunte 
(arrangiamento del Kebyart dall’originale per pianoforte o orchestra) 
Joan Pérez-Villegas
Debout, Maurice! (2024) [10’’] 
Commissionato al Kebyart in occasione del 150° anniversario dalla nascita di Maurice Ravel (1875-2025)
Prima italiana
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Martedì 11 marzo . ore 11 
Musica Pour Parler 
Kebyart Saxophone Quartet

Wolfgang Amadeus Mozart 
Selezione dal Quartetto n. 19 in do maggiore K 465 “Dissonanza” 
(arrangiamento del Kebyart dall’originale per quartetto d’archi) 
Jörg Widmann 
7 Capricci (2021)
fuori abbonamento
(spettacolo per le scuole ma con possibilità di assistere anche per il pubblico, fino ad esaurimento posti)

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Di particolare interesse tra la parata di star internazionali di questa 80esima stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti il Kebyart Saxophone Quartet (nella foto in alto, di Sebastian Madej), quattro talentuosi musicisti che condividono il desiderio di portare una ventata di freschezza nella musica da camera con un approccio creativo e aperto al repertorio. Il programma del concerto, martedì 11 marzo alle 20.30 in Aula Magna,  accosta ad arrangiamenti originali del gruppo, come quello del Quartetto n. 19 di Mozart, nuove commissioni, come i 7 Capricci di Jörg Widmann, e l’omaggio a Maurice Ravel, di cui ricorre il 150° anno dalla nascita. Ravel fu un grande sostenitore del sassofono inserendolo in alcune delle sue opere più iconiche come il Bolero o l'orchestrazione di Quadri di un’esposizione, e il Kebyart propone un arrangiamento per quartetto di sassofoni di un piccolo gioiello come la Pavane pour une infante défunte. L'omaggio si completa con una fantasia, in prima italiana, sulla musica del compositore francese, commissionata a Joan Pérez-Villegas, musicista che, come Ravel, incarna il paradigma della creatività. 
Sempre martedì 19 ma alle 11 di mattina, una lezione-concerto della serie Musica Pour Parler in cui i 4 musicisti, oltre ad esibirsi, parleranno approfonditamente del loro singolare approccio alla musica classica ed in particolare a Mozart. 
Suonare Mozart con i sassofoni? - ci raccontano infatti i musicisti del Kebyart - Prendere la musica del compositore salisburghese e suonarla sull'altoparlante del quartetto di sassofoni è una vera e propria dissonanza temporale. Quando Mozart morì nel 1791, mancava ancora mezzo secolo prima che il belga Adolphe Sax presentasse al pubblico un nuovo strumento, il sassofono. Tuttavia, non è irragionevole azzardare che, per quanto Mozart fosse innovativo e fantasioso - scrisse persino per l'armonica a bicchieri - avrebbe sicuramente scritto per questo strumento se lo avesse conosciuto. Mettendo insieme due elementi apparentemente slegati come Mozart e il sassofono, si aprono improvvisamente porte su mondi sonori affascinanti e stimolanti che ci permettono di scoprire nuovi colori e sfumature in un compositore di cui è fatto quasi tutto. Del resto, cosa sarebbe la consonanza senza la dissonanza? È la dialettica tra le due che conferisce alla musica la sua magia.  Il primo quartetto per sassofono del celebre clarinettista e compositore Jörg Widmann si basa sull'idea del capriccio. Egli stesso li definisce “brevi pezzi molto diversi tra loro che esplorano le possibilità dei quattro sassofoni: dall'iniziale Ascensió cromatica in quarto di tono, attraverso due pezzi rumoristici, un valzer e due corali, fino alla Zirkusparade finale, dalla serietà più sacra alla commedia più esuberante”.


I quattro talentuosi musicisti del quartetto di sassofoni Kebyart condividono non solo la passione per la musica da camera, ma anche il desiderio di portare una ventata di freschezza nella musica classica. Loro caratteristica è l’approccio  creativo e aperto al repertorio, che comprende letteratura originale, arrangiamenti propri e nuove opere commissionate da compositori come Jörg Widmann, Mauricio Sotelo o David Philip Hefti. I Kebyart si esibiscono regolarmente nelle principali sale da concerto europee come il Musikverein di Vienna, il Concertgebouw di Amsterdam, la Philharmonie di Parigi, la Elbphilharmonie di Amburgo, la Wigmore Hall o la Tonhalle di Zurigo. Hanno inoltre suonato in festival come Lockenhaus, Hindsgavl, Heidelberger Frühling, Festival de Perelada... Le loro collaborazioni con artisti di spicco come Nicolas Altstaedt, Xavier Sabata e Dénes Várjon, nonché con orchestre come la Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin, la BarcelonaSymphony Orchestra, la Junge Deutsche Philharmonie e l'Orchestra della Radiotelevisione Spagnola, arricchiscono ulteriormente il loro suono. Impegnato nell'eccellenza musicale, Kebyart è stato costantemente affiancato da rinomati musicisti e gruppi di musica da camera come il Cuarteto Casals, Rainer Schmidt (Hagen Quartet), Hatto Beyerle (Alban Berg Quartet), Cuarteto Quiroga e i pianisti Anton Kernjak e Claudio Martínez-Mehner. Come ambasciatori del marchio, Kebyart suona i parissassoofoni Selmer e utilizza accessori Vandoren.



TCBO: A 50 ANNI DALLA MORTE DI ŠOSTAKOVIČ, PIETARI INKINEN DIRIGE LA QUINTA SINFONIA DEL COMPOSITORE RUSSO. In programma anche un’altra Quinta Sinfonia: quella del finlandese Jean Sibelius

 

Immerge il pubblico nell’ascolto di due quinte sinfonie a confronto il concerto della Stagione Sinfonica del Teatro Comunale di Bologna diretto da Pietari Inkinen: quella di Dmitrij Šostakovič, nel cinquantenario della morte del compositore russo, e quella di Jean Sibelius, omaggio di Inkinen alla sua terra attraverso una figura divenuta simbolo musicale dell'identità nazionale finlandese.
Mercoledì 12 marzo alle 20.30 all’Auditorium Manzoni, il Direttore principale della Deutsche Radio Philharmonie Saarbrücken Kaiserslautern e Direttore musicale della KBS Symphony Orchestra di Seul torna sul podio bolognese dopo aver già diretto, lo scorso anno, una pagina di Šostakovič: il Concerto n. 1 per violoncello e orchestra op. 107, con Ettore Pagano come solista.
Šostakovič scrisse la Sinfonia n. 5 in re minore op. 47 nel 1937, in seguito agli attacchi del regime nei confronti delle tendenze formalistiche della sua opera Lady Macbeth del Distretto di Mcensk, che lo costrinsero anche a ritirare la sua Quarta Sinfonia, terminata nel 1936. La Quinta venne quindi presentata per un concerto a Leningrado - diretto da Evgenij Mravinskij e dedicato alla Decade della musica sovietica - e venne particolarmente apprezzata dal regime.
Fu la visione di sedici cigni durante una passeggiata ad ispirare Sibelius nella creazione della Sinfonia n. 5 in mi bemolle maggiore op. 82. Da lì, il celebre “tema dei cigni” e il conseguente appellativo dell’opera come “Sinfonia dei cigni”, commissionata dal governo finlandese per festeggiare i cinquant’anni del compositore, e completata faticosamente da Sibelius tra il 1912 e il 1919.
Pietari Inkinen ha diretto alcune delle compagini europee più rinomate, dalla Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam alla Gewandhausorchester di Lipsia, dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia all’Orchestre Philharmonique de Radio France.

UN TRIO DI TALENTI PER IL DOPPIO CONCERTO DI BRAHMS, CON LA DIREZIONE DI THOMAS GUGGEIS AL SUO DEBUTTO A SANTA CECILIA.

 
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
 
Stagione 2024-2025
 
Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone
Sala Santa Cecilia
Giovedì 13 marzo ore 19.30
venerdì 14 marzo ore 20.30
sabato 15 marzo ore 18
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
direttore Thomas Guggeis
violino Sayaka Shoji
violoncello Ettore Pagano
 
Brahms
Concerto per violino e violoncello in la minore op. 102
Liszt
Les Préludes, poema sinfonico
Richard Strauss
Tod und Verklärung
 
Debutta a Santa Cecilia Thomas Guggeis, allievo di Daniel Barenboim nonché tra i direttori più brillanti della sua generazione. Classe 1993, Guggeis (che, fra le altre cose, è laureato anche in fisica quantistica) nonostante la giovane età ha saputo dar prova di una maestria degna del più maturo direttore d’orchestra: per il suo debutto nella Sala Santa Cecilia (Auditorium Parco della Musica), fissato giovedì 13 marzo alle ore 19.30 (con repliche venerdì 14 marzo ore 20.30 e sabato 15 marzo ore 18) sceglie di confrontarsi con l’ultima creazione sinfonica di Brahms, il Doppio Concerto, accanto a musiche di R. Strauss e Liszt. A condividere il palco con lui, la violinista Sayaka Shoji (a sinistra, nella foto di Claude Truong-ngoc) e il violoncellista Ettore Pagano. Di origine giapponese ma trasferitasi a tre anni a Siena, nonché vincitrice del prestigioso Concorso Paganini a sedici anni, Shoji si destreggia tra musica e arti visive, creando nel 2007 un progetto sperimentale di musica-visiva, Synesthesia, in cui ha esposto dipinti a olio e opere di video arte.
Il giovanissimo violoncellista Pagano (n. 2003) è stato insignito proprio in questi giorni del 44° Premio della Critica Musicale “Franco Abbiati”, un riconoscimento che segna un ulteriore tassello sulla strada costellata di concorsi e vittorie del musicista, di cui si ricorda il XVIII Kachaturian International Competition e il secondo premio (più due premi speciali) al prestigioso Enescu Cello Competition di Bucarest.
A causa di motivi personali, il violinista Daniel Lozakovich è costretto a cancellare la sua presenza al concerto; al suo posto si esibirà Sayaka Shoji.
 
Molte grandi carriere nel mondo della musica sono nate in maniera fortuita, per sostituzioni all’ultimo minuto che hanno portato a inaspettati debutti: così è stato anche per il giovane Thomas Guggei (nella foto a destra)s, che nel 2018 ha diretto con successo l’Orchestra della Staatsoper di Berlino, sostituendo un collega con poche ore di preavviso. All’epoca era assistente musicale di Barenboim (conosciuto anche grazie all’intercessione di Antonio Pappano), di cui da molti è considerato l’erede. Ma Guggeis così commenta questo giudizio: «Grazie al suo esempio, ho imparato il mestiere di direttore come uomo prima ancora che come musicista. […]  Malgrado apprezzi il suo stile, non corrisponde però al mio. Non si tratta solo di una questione generazionale: sono cresciuto in un’epoca in cui il ritorno a prassi esecutive dimenticate ha scosso alle radici le convezioni» (intervista per il Teatro Alla Scala). Come direttore, Guggeis non si limita a una riproduzione e ricerca di un bel suono, ma ambisce a comunicare idee vive e vivide nel presente.
Il programma si aprirà con il Doppio Concerto di Brahms, uno dei capolavori della musica romantica nonché importante sfida interpretativa per i due solisti Shoji e Pagano, che debutta in questa occasione con l’Orchestra di Santa Cecilia. La seconda parte del concerto sarà dedicata a due grandi opere sinfoniche: I preludi di Liszt e Morte e Trasfigurazione di Richard Strauss. Quest’ultima, tra le composizioni sinfoniche più note di Strauss, intende ritrarre l’artista morente assalito dai ricordi di una vita che riaffiorano: l’innocenza dell’infanzia, la lotta e il raggiungimento dei suoi obiettivi, e infine la sospirata trasfigurazione.



ELEKTRA, LA FORZA DEL MITO E DELL’OPERA IN UN NUOVO SPETTACOLO AL TEATRO FILARMONICO

 
Elektra è l’opera shock di inizio ‘900 e punto di non ritorno di Richard Strauss: la potenza del mito degli Atridi riletta all’epoca di Freud, della scoperta dell’inconscio e della ridefinizione dei conflitti familiari. Una storia al femminile, quella di Elektra, la sorella Crisotemi e la madre Clitennestra, in una notte da incubo in cui la maledizione del sangue genererà altro sangue. Tutto raccontato da un tessuto orchestrale iridescente e incessante che si fa voce di tutte le emozioni. Domenica 16 marzo alle 15.30 l’opera va in scena al Teatro Filarmonico -l’unico precedente nei 50 anni di storia di Fondazione Arena risale al 2003-, in un allestimento tutto nuovo firmato dal giovane regista Yamal das Irmich e con la direzione dell’esperto maestro Michael Balke, alla guida della folta Orchestra areniana, di un cast di eccellenze internazionali come Lise Lindstrom, Anna Maria Chiuri, Soula Parassidis, Thomas Tatzl e molti giovani talenti in una inedita versione orchestrale per la prima volta in Italia. Repliche mercoledì 19 marzo alle 19, venerdì 21 alle 20, domenica 23 alle 15.30.
Il bavarese Richard Strauss (1864-1918), ex enfant prodige e affermato compositore sinfonico, aveva già scandalizzato la società dell’epoca con un torbido ed efficace adattamento di Salome da Oscar Wilde; vide il successo di Elektra, la tragedia di Sofocle riscritta dai versi e dalla sensibilità decadente del letterato Hugo von Hofmannsthal, e decise di rivestirla di musica nuova. La loro prima collaborazione (la prima di sei capolavori, tra cui Il Cavaliere della rosa e La Donna senz’ombra) debuttò a Dresda nel 1909, con uno shock per il pubblico: limite estremo di un certo modo di fare musica e teatro, esempio eccelso di Literaturoper e di espressionismo, che però non abbandona mai il canto e la melodia ma li porta ai limiti dell’umano, per tensione drammatica, organico strumentale, estensione vocale, densità di suono e di Leitmotiv.
Elektra è un’opera potente, che unisce concisione e approfondimento psicologico, con una protagonista in scena per tutta la durata dell’atto unico, al centro di un turbine di emozioni e contrasti: tutto si svolge la notte, molto tempo dopo l’uccisione di Agamennone da parte della moglie Clitennestra. Da allora i tre figli rimasti sono divisi: Oreste è lontano ed è creduto morto, la bella Crisotemi vorrebbe dimenticare e tornare a vivere, mentre Elektra vive in uno stato di lutto e dolore ossessivi, quasi disumani. Nel cortile della reggia di Micene, afflitta dall’orribile assassinio del padre che desidera vendicare, Elektra si scontra con le ancelle e la madre, la quale mantiene il potere col debole Egisto, ostentando una sicurezza che non ha, consumata dal senso di colpa e dagli incubi. Tutto si sbloccherà con la visita di due sconosciuti messaggeri: tra loro, sotto mentite spoglie, Oreste, giunto per vendicare il delitto di Agamennone con altro sangue.
Per questo ruolo titanico serve una protagonista di rango, come soprano e attrice: a Verona sarà Lise Lindstrom (nella foto a destra), specialista del ruolo, già applaudita anche in Arena, come Anna Maria Chiuri che vestirà i panni della tormentata Clitennestra. Crisotemi, voce lirica, è affidata a Soula Parassidis, al debutto veronese come il baritono Thomas Tatzl quale Oreste e il tenore Peter Tantsits quale Egisto. Completano il folto cast giovani artisti emergenti della scena internazionale: Nicolò Donini (Precettore), Anna Cimmarrusti (Confidente), Veronica Marini (Caudataria), Leonardo Cortellazzi e Stefano Rinaldi Miliani (Servi), Raffaela Lintl (Sorvegliante), Lucia Cervoni, Marzia Marzo, Anna Werle, Francesca Maionchi e Manuela Cucuccio (Ancelle). I servi e la corte di Micene sono voci fuori scena, affidate al Coro di Fondazione Arena di Verona diretto da Roberto Gabbiani. 
La densissima e lussureggiante strumentazione è realizzata dall’Orchestra di Fondazione Arena guidata da Michael Balke (nella foto a sinistra - direttore dell’anno agli Opus Klassik Awards 2020 e già sul podio veronese per Salome nel 2018). Per l’occasione, per la prima volta in Italia, si utilizzerà la nuovissima versione orchestrale di Richard Dünser (edita in Italia da Ricordi), che adatta lo smisurato organico straussiano (il quale richiederebbe un’orchestra di oltre 120 elementi) alle forze e all’acustica di un teatro d’opera oggi, quale è il Filarmonico, rendendo giustizia ed equilibrio sonoro alle trasparenze e alle elaborazioni tematiche originali di Strauss, altrimenti perdute nella semplice riduzione d’organico.
Per un’opera che ha segnato un’epoca (dopo Elektra, Strauss si sarebbe malinconicamente rivolto alla Vienna aurea del Settecento, rinunciando per sempre agli esiti di violenza sonora qui raggiunti), il nuovo allestimento di Fondazione Arena sottolinea gli sconvolgimenti sociali che hanno contraddistinto l’epoca di scrittura di Elektra, la fine del “vecchio mondo” degli imperi e la fragilità del potere tra le due guerre mondiali. In questo tempo, più sociale che politico, si colloca la reggia di Micene, i suoi delitti e segreti, secondo il giovane regista Yamal das Irmich, che firma la produzione con le scenografie di Alessia Colosso, i costumi di Eleonora Nascimbeni e il disegno luci di Fiammetta Baldiserri.
«Elektra è figlia del suo tempo – dichiara il regista (nella foto a destra) – un tempo di scoperte e inquietudini (tra cui la psicanalisi di Freud, la teorizzazione del complesso di Edipo e della sua declinazione al femminile, di Elettra appunto). Dalle ceneri del vecchio mondo austro-tedesco (e maschile) sarebbe nata di lì a poco la fragile Repubblica di Weimar, cornice ideale di questo spettacolo, in cui si avvertirà una sovversione dei ruoli, una presa di coscienza e una nuova libertà per la donna, che finalmente può votare, tagliarsi i capelli, ballare, diventare imprenditrice. Ed Elektra è una storia di tre donne diverse, in conflitto tra loro e con loro stesse, in un mondo al limite, una realtà instabile in un momento sociale e storico di cruciale passaggio di poteri: Clitennestra si muove in un presente angosciante, non è in grado di fare la pace col passato e, quindi, di aprirsi al futuro, futuro che invece Crisotemi vuole abbracciare mentre Elektra rimane fissa a guardare il passato. Una ricerca continua, perfettamente dipinta dalla musica di Strauss, in perenne movimento».

DIEGO FASOLIS TORNA SUL PODIO DEI POMERIGGI MUSICALI PER L’80A STAGIONE 2024/2025 A MILANO E POI A SONDRIO E A RHO PER IL CIRCUITO SINFONICO LOMBARDO

 

Milano, Teatro Dal Verme
giovedì 13 marzo 2025, ore 10 (in anteprima) e ore 20
sabato 15 marzo 2025, ore 17

Circuito sinfonico lombardo
venerdì 14 marzo 2025 ore 20.45 al Teatro Sociale di Sondrio
domenica 16 marzo 2025 ore 17 al Teatro Civico “R. De Silva” di Rho
 
direttore Diego Fasolis
Orchestra I Pomeriggi Musicali
 
Ludwig van Beethoven
(Bonn 1770 – Vienna 1827)
Sinfonia n. 6 in Fa maggiore op. 68 “Pastorale”
 
Wolfgang Amadeus Mozart
(Salisburgo 1756 – Vienna 1791)
Sinfonia n. 40 in Sol minore k550
 

Due capolavori di Beethoven e Mozart caratterizzano i prossimi concerti dell’80a stagione concertistica 2024/2025 dei Pomeriggi Musicali “80 anni suonati” al Teatro Dal Verme di Milano giovedì 13 (ore 10 e ore 20) e sabato 15 marzo (ore 17) con il ritorno sul podio di un direttore sensibile e specialista di questo repertorio come Diego Fasolis.
In programma la Sinfonia n. 6 in Fa maggiore op. 68 “Pastorale” di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n. 40 in Sol minore K550 di Wolfgang Amadeus Mozart che saranno eseguite anche al Teatro Sociale di Sondrio venerdì 14 marzo (ore 20.45) e al Teatro Civico “R. De Silva” di Rho domenica 16 marzo (ore 17) nuove tappe del Circuito Sinfonico Lombardo ideato e organizzato dalla Fondazione I Pomeriggi Musicali di Milano per festeggiare il traguardo degli 80 anni della propria Orchestra.
 
«Il programma del concerto – scrive Raffaele Mellace nelle note di sala – impagina due capolavori straordinari, contrapposti come il giorno e la notte. Pagine nate a vent’anni di distanza, opera di autori tra loro collegati che propongono sguardi sulla vita e sul mondo radicalmente differenti e complementari, a offrire un’esperienza meravigliosa della ricchezza del Classicismo viennese. Scritta nel 1808, simultaneamente alla Quinta, con cui condivise il debutto al Teatro An der Wien, la Sinfonia “Pastorale” ha notoriamente per tema il sentimento della Natura: tema carissimo a Beethoven, che già dal 1800 trascorreva regolarmente i mesi estivi nella campagna attorno a Vienna, poiché “nessuno può amare la campagna quanto io l’amo: infatti boschi, alberi e rocce producono davvero quell’eco che l’uomo desidera udire” […] La natura è per il compositore necessità del cuore, dialogo con un interlocutore in grado di rivelare l’io a se stesso, esperienza religiosa, utopia d’una serenità agognata. […] Esattamente vent’anni prima, nella prodigiosa estate 1788, a tre anni dalla scomparsa precoce, Mozart mise la parola fine alla sua produzione sinfonica con un trittico formidabile: le Sinfonie in Mi bemolle K. 543, in sol minore K. 550 e in Do maggiore “Jupiter” K. 551. Il 25 luglio, in particolare, ultimò il lavoro di mezzo, trenta minuti fra i più celebri della storia della musica occidentale. Già nel 1793 si giudicava questa sinfonia “una delle più belle di questo maestro”: titolo meritato per l’intensità espressiva, l’imprevedibilità armonica, il cromatismo, l’ambiguità del significato e pertanto della collocazione estetica in seno a un classicismo dalle insopprimibili tensioni preromantiche. […] Domina la partitura la cifra del tragico, una malinconia nera che impregna l’invenzione tematica sin dalla sua definizione, in patente in contrasto con le sinfonie sorelle. Nella distratta abitudine all’ascolto della nostra società, il tema inaugurale della sinfonia è svilito a jingle da cellulare, con l’inevitabile conseguenza di annichilire la vibrante tensione tragica che abita quel motivo fascinoso: un inciso ossessivo preparato dall’irrituale attacco in piano delle viole divise e incardinato in un ritmo anapestico che comunica il disagio radicale di un’instabilità irrisolta, l’impossibilità di fermare il piede su un punto d’appoggio sicuro, un dinamismo affannoso, sospinto dall’urgenza d’un determinismo ineluttabile».