66ma Settimana Internazionale
di Musica
Sacra di Monreale
Maestri napoletani alle corti d’Europa
nel Secolo dei Lumi
Antonio Florio, direttore
Valentina Varriale, soprano
Cappella Neapolitana
Duomo di Monreale
mercoledì 16 ottobre 2024, ore 21
Ingresso libero fino a disponibilità
di posti
Antonio DuniMatera 1700 - Scwerin
1766
Salve Regina, per soprano e archi
Salve regina (Largo)- Ad te
clamamus (Andante) – Eia Ergo (Largo) – Et
benedictum
Sinfonia per archi in sol maggiore
Allegro ma non presto-Largo
Andante-Allegro ma non presto
Sinfonia per archi in si bemolle
maggiore
[Allegro] – Andante - Allegro
Davide Perez
Napoli 1711 - Lisbona
1778
Salmo “Nisi Dominus”, per soprano e
archi
Niccolò Jommelli
Aversa 1714 -
Napoli 1774
Veni Sponsa Christi, per soprano e
archi
Antonio Duni
Matera 1700 - Scwerin
1766
Sinfonia per archi in fa maggiore
[Allegro] – Andante – Allegro assai
Fratello maggiore di Egidio Romualdo,
Antonio Duni (
nell'immagine a destra), dopo aver studiato con Nicola Fago presso il
Conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli, girò per tutta
l’Europa da Treviri a Osuna, dove fu maestro di cappella e
insegnante di musica presso il Duca di Osuna, e a Madrid, dove
conobbe il celebre cantante castrato Farinelli. In seguito fu anche a
Parigi, Mosca, Riga e Schwerin, dove sarebbe morto nel 1766. A
differenza del fratello minore che si distinse nel genere
dell’opéra-comique, Antonio, invece, si dedicò alla musica sacra
e a quella strumentale. Non si conoscono, purtroppo, con precisione
né la data né le circostanze in cui egli scrisse i lavori a noi
tramandatici tra cui riveste una certa importanza la Salve
Regina per soprano e archi, che consta di 4 ariette, delle quali la
prima Salve regina (Largo) si svolge sui primi versetti
dell’antifona mariana, la seconda approfondisce la parte del testo
dell’Ad te clamamus (Andante), la terza quella relativa ad Eia
ergo (Largo) e la quarta, caratterizzata da un particolare uso
del pizzicato, dell’Et benedictum. Della produzione di questo
compositore, tanto interessante quanto sfuggente, ci sono state
tramandate cinque sinfonie, di cui le tre in programma, per soli
archi, mentre le altre due presentano un organico che prevede la
presenza di due oboi e due corni. Formalmente strutturate secondo il
modello delle Sinfonie avanti l’opera fissato da
Alessandro Scarlatti nello schema Allegro-Adagio-Allegro, queste
sinfonie mostrano le notevoli capacità contrappuntistiche di Duni e
si segnalano per i vigorosi tempi veloci e per i cantabili movimenti
centrali lenti.
Nonostante il suo nome oggi sia quasi
del tutto dimenticato, Davide Perez (
a siistra, in una incisione di Francesco Bartolozzi) fu uno dei compositori italiani
più importanti di musica seria e di musica sacra del Settecento
europeo. Dopo aver studiato presso il Cnonservatorio di Santa Maria di
Loreto a Napoli, Perez entrò al servizio del Principe di Aragona,
Baldassarre Naselli, la cui nomina a maggiordomo maggiore del re
Carlo di Borbone favorì anche il compositore napoletano il quale
poté debuttare sulle scene della città natale con il suo dramma per
musica La nemica amante che fu interpretato da Caffarelli e
da Angelo Monticelli prima a Palazzo reale per l’onomastico del
sovrano, poi al teatro di S. Bartolomeo. Dal 1752 Perez svolse la sua
attività in Portogallo dove divenne maestro della Cappella Reale e
maestro di musica della principessa ed erede al trono Maria I che,
una volta diventata regina nel 1777, lo nominò “Cavaliere
dell’Ordine del Cristo” e dove gli furono tributati solenni
funerali a spese della corona.
La vocazione operistica di Perez
informa anche la struttura melodica della sua produzione sacra di cui
un esempio è il salmo Nisi Dominus per soprano e archi,
una pagina, comunque, di intenso raccoglimento religioso.
Nato ad Aversa, ma formatosi presso i
Conservatori di Sant’Onofrio e della Pietà dei Turchini di Napoli,
Niccolò Jommelli (
nella incisione a destra), dopo aver svolto l’attività di maestro di
cappella presso il Marchese d’Avalos, nel 1740 si trasferì a Roma
dove trovò protezione presso il cardinale Benedict York i cui buoni
auspici aprirono al compositore campano le porte dei teatri.
Diventato un operista di successo, Jommelli, in seguito, fu a
Bologna, a Napoli e a Venezia, dove fu maestro di cappella presso
l’Ospedale degli Incurabili, per fare ritorno, nel 1750, a Roma,
dove ottenne la nomina di maestro coadiutore in S. Pietro, che
mantenne fino al 1753. È proprio a questo periodo che risale la
composizione di molta musica sacra, tra cui Veni Sponsa Christi,
per soprano e archi, della quale Jommelli fece due versioni: una
in la maggiore, oggi in programma, e una in do maggiore,
composte, rispettivamente, nel 1751 e nel 1752. Il testo
dell’antifona al Magnificat nell’VIII modo, tratta
dall’antifonale monastico, che recita Veni, Sponsa Christi, /
accipe coronam, /quam tibi Dominus / præparavit in æternum (Vieni,
Sposa di Cristo, / ricevi la corona / che il Signore ti ha preparato
per l’eternità), è realizzato da Jommelli nella forma dell’aria
bipartita con un breve preludio strumentale, a cui seguono la prima
parte dell’aria, un breve interludio, la seconda parte dell’aria
e un postludio. Dal punto di vista stilistico questo lavoro si
distingue per l’influenza della scrittura operistica nella parte
vocale, con l’uso di colorature, e per la presenza del ritmo
lombardo nella terza e nella settima battuta.
Riccardo Viagrande