Teatro del Maggio Musicale Fiorentino,
presentazione del volume
“Il Maggio Musicale Fiorentino per
Giacomo Puccini. Un’antologia”
a cura di Manuel
Rossi
(Edizioni Edifir, 2024)
21 febbraio 2025, foyer di
galleria, alle 17.30
Dopo Emanuele Luzzati (2022) e Franco
Zeffirelli (2023), il Maggio Musicale Fiorentino celebra Giacomo
Puccini dedicandogli un volume in cui sono raccolti e narrati dieci
degli spettacoli che hanno segnato la storia del Maggio a partire
dalla celeberrima Turandot con le scene e i costumi di Umberto
Brunelleschi, sino a un’altra «Principessa di gelo»: quella,
certamente non meno celebrata, messa in scena nel 1997 da Zhang Yimou
e nuovamente ripresa, con uguale successo, ancora nell’86° Maggio
Musicale, l’ultima edizione del Festival in ordine di tempo.
Una selezione per tentare una narrazione della fortuna dell’opera di Giacomo Puccini lungo il Novecento, attraverso quegli spettacoli che hanno maggiormente segnato la storia del Maggio Musicale, in un rapporto non scontato ma imprescindibile, come dimostrano gli oltre 170 allestimenti fiorentini di titoli pucciniani, con un risultato superato solo dal maestro e gigante di sempre – Giuseppe Verdi.
Una selezione per tentare una narrazione della fortuna dell’opera di Giacomo Puccini lungo il Novecento, attraverso quegli spettacoli che hanno maggiormente segnato la storia del Maggio Musicale, in un rapporto non scontato ma imprescindibile, come dimostrano gli oltre 170 allestimenti fiorentini di titoli pucciniani, con un risultato superato solo dal maestro e gigante di sempre – Giuseppe Verdi.
Ecco che, al netto dei numeri, la rilettura dell’opera
pucciniana trovò a Firenze uno dei suoi luoghi d’elezione, proprio
a partire da quell’assunto che voleva il Festival come un luogo
dedicato alla riscoperta dei grandi capolavori anche attraverso un
rinnovato dialogo tra le arti visive e la musica. Ed è proprio
seguendo questa lunga scia che nel grande mare magnum del Puccini al
Maggio sono stati selezionati dieci allestimenti – fittamente
ricostruiti e discussi attraverso i saggi di Maria Alberti, Daniele
Galleni, Michele Girardi, Didier Pieri, Manuel Rossi e interviste a
Pier Luigi Pizzi e Zubin Mehta – che sono sembrati particolarmente
rilevanti per tratteggiare una storia dell’interpretazione
pucciniana a Firenze, prendendo le mosse proprio dalla Turandot del
riscatto di Umberto Brunelleschi (1940), per poi passare a quella
messa in scena da Luigi Squarzina e Pier Luigi Pizzi nel 1971,
giungere alla doppia Fanciulla del West – Malaparte/Soffici nel
1954 e Bussotti venti anni dopo – le pittoriche Madama Butterfly
(1979) e Manon Lescaut (1985) allestite da Pier Luigi Samaritani, il
“Trittico” cinematografico del 1983 per poi giungere al doppio
punto di svolta rappresentato dalla Tosca «fascista» di Jonathan
Miller (1986) seguita pochi anni dopo da Bohème (1994), anch’essa
posposta nel tempo.
Una fitta rassegna che può fungere anche
da cartina al tornasole per comprendere quanto lungo il Novecento sia
mutata la percezione e la fruizione delle opere di Giacomo Puccini,
in una più ampia e doverosa riabilitazione culturale e intellettuale
che pare procedere parallelamente a quella critica e musicologica.
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