Secondo appuntamento della
Stagione lirica 2012-2013 della Fondazione Teatri di Piacenza: domenica 16 alle
ore 15,30 (Turno A), martedì 18 alle ore 20,30 (Turno B) e giovedì 20 dicembre sempre
alle ore 20,30 (fuori abbonamento), - (anteprima generale il 14 dicembre alle
ore 15,30) -le luci del Municipale si accenderanno su Le nozze di Figaro di
Wolfgang Amadeus Mozart. Nuovo allestimento della Fondazione Teatri di
Piacenza in collaborazione con l'Accademia Cubec (Centro Universale del Bel
Canto) di Mirella Freni, l'opera è la prima di una serie di felici
collaborazioni tra Mozart e Lorenzo Da Ponte, che ha portato anche alla
creazione del Don Giovanni e Così Fan Tutte.
Rappresentata
per la prima volta al Municipale nella Stagione lirica 1988-1989, Le nozze
di Figaro, così come le altre opere mozartiane, fu poco rappresentata sulle
scene del Municipale. Basti pensare che la prima opera del genio salisburghese,
ad essere rappresentata, fu Così fan
tutte nel dicembre del 1961. Le opere di Mozart, infatti, come del resto
tutta la musica del Settecento, sono state fino al secondo dopoguerra, di rara
esecuzione. Una scelta che ha accomunato Piacenza alla maggior parte dei nostri
teatri dove la tradizione del melodramma ottocentesco italiano ha prevalso
negli ultimi due secoli. E’ importante rilevare, invece, che oggi la cosiddetta
trilogia mozartiana sia divenuta ormai di largo ‘consumo’ e, specialmente le Nozze
e Don Giovanni, sono fra le opere più gradite al pubblico più giovane.
Basata sulla
commedia di Beaumarchais, l'opera fu scritta da Mozart in gran segreto (la commedia era stata vietata
dall'Imperatore Giuseppe II, poiché attizzava l'odio tra le varie classi
sociali). Egli impiegò sei settimane per completarla (famoso è il finale del
secondo atto, scritto in un giorno, una notte e un successivo giorno di lavoro
continuato). Eppure fu solo dopo aver convinto l'Imperatore della rimozione
delle scene politicamente più discusse che questi diede il permesso di
rappresentare l'opera. Inoltre, la scena finale del terzo atto, che comprendeva
un balletto e una pantomima, si dovette scontrare con un divieto imperiale di
rappresentare balli in scena. Racconta Da Ponte, nelle sue Memorie, che lui e Mozart, non intendendo rinunciare al finale come
l'avevano concepito, invitarono l'imperatore ad assistere a una prova, dove
eseguirono quel pezzo muto. L'imperatore subito ordinò che la musica fosse
reinserita. Così Le nozze di Figaro,
finita di comporre il 29 aprile del 1786, fu messa in scena al Burgtheater di
Vienna il 1 maggio dello stesso anno. L'opera ottenne un successo strepitoso,
al punto che l'imperatore dovette emanare un decreto per limitare le richieste
di bis, in modo che le repliche non durassero troppo. Ancor più grande fu il
successo a Praga, dove (a detta di Mozart) "non si suona, non si canta,
non si sente altro che Figaro."
Ad attirare Mozart verso la commedia di Beaumarchais fu certo la forza
vitalisticolibertaria in essa contenuta (Le nozze di Figaro sono l’unica
opera matura di Wolfgang senza “figura paterna”, senza “istanza superiore”), ma
anche, e forse ancor più, la vis ludico-parodica che da essa sprigiona quasi
incontenibile. Il meccanismo a orologeria della folle journée segue un
movimento inarrestabile, pieno di travestimenti, colpi di scena, false piste,
oggetti-feticcio (come dice Jean Starobinski): la romance di Cherubino, il
nastro, il brevetto da ufficiale, il biglietto dettato da Susanna alla
Contessa, la spilla. Il tutto smontando e rimontando congegni arcinoti. Ma non
va dimenticato, anche, il senso di sfida implicito nella scelta mozartiana.
Come emerge nella prefazione del libretto pubblicato per la prima
rappresentazione, Mozart e Da Ponte erano perfettamente consapevoli «di offrire
[al pubblico] un quasi nuovo genere di spettacolo», ovvero di creare una nuova
forma operistica in cui il dinamismo scenico di Beaumarchais sarebbe stato
tradotto in termini musicali secondo modalità del tutto inedite. Basti pensare
a che cosa diventa, nelle mani di Mozart, il tipico “finale a catena”
dell’opera buffa italiana riformulato nelle 939 battute del suo debordante e
travolgente finale del secondo atto. La sfida venne dunque lanciata al modello
dell’opera buffa italiana incarnata allora soprattutto da Paisiello. Nel 1784
aveva avuto infatti molto successo, a Vienna, Il re Teodoro in Venezia
di Giovanni Battista Casti per la musica, appunto, di Giovanni Paisiello; un
soggetto nuovo e attuale, ispirato al Candide di Voltaire. Ma lo stesso
Paisiello era l’autore di un fortunatissimo Barbiere di Siviglia (primo
volet del trittico di Beaumarchais), composto per il teatro di San Pietroburgo
nel 1782 e rappresentato a Vienna l’anno successivo. È evidente dunque che
scegliendo Le nozze di Figaro (secondo volet dello stesso trittico) Mozart
volle misurarsi col collega italiano e con il genere italianissimo dell’“opera
buffa”. Ne uscì quel «nuovo genere di spettacolo» che scosse dalle fondamenta
il teatro musicale di fine Settecento.
Lo spettacolo in scena al
Municipale è un nuovo allestimento della Fondazione Teatri di Piacenza, per la
regia di Rosetta Cucchi, coprodotto insieme alla Fondazione Teatro Comunale di
Modena e Baltimora Opera House (USA). Il cast
comprende il basso Valeriu Caradja (Il
Conte di Almaviva), il soprano Nozuko
Teto (La Contessa di Almaviva),
il soprano Ruzan Mantashyan (Susanna), il basso Simone Alberghini (Figaro), il soprano Annalisa Stroppa (Cherubino), il soprano Barbara Aldegheri (Marcellina),
il basso Fumitoshi Miyamoto (Bartolo), il tenore Matteo Lippi (Basilio/Don
Curzio), il soprano Sara De Matteis (Barbarina) e il basso Felipe Correia Oliveira (Antonio).
Aldo
Sisillo dirige l’Orchestra Regionale
dell’Emilia Romagna, il maestro del coro Corrado Casati il Coro del Teatro
Municipale di Piacenza.
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