Dopo il successo dell’inaugurazione dello scorso lunedì 27 gennaio, suggellato da nove minuti di applausi per la Settima di Mahler diretta da Riccardo Chailly, la Stagione della Filarmonica continua lunedì 17 febbraio alle ore 20 al Teatro alla Scala con il concerto diretto da Gianandrea Noseda (nella foto in alto). Recentemente premiato con l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano, Noseda apre il programma con i Due pezzi per orchestra di Luigi Dallapiccola, preludio novecentesco al Concerto n. 2 in la maggiore per pianoforte e orchestra di Franz Liszt, interpretato da Francesco Piemontesi (nella foto qui a destra) che debutta al Teatro alla Scala.
Nella seconda parte
del programma Noseda propone una propria selezione di brani
orchestrali dalla sinfonia drammatica op. 17 da Roméo et
Juliette di Hector Berlioz. Alla lettura di Berlioz del
classico shakespeariano risponde quella di Prokof’ev.
L’appuntamento di stagione successivo, infatti, è già lunedì
24 febbraio con Riccardo Chailly, che per l’occasione impagina
una sua personale suite dal balletto Romeo e Giulietta di
Sergej Prokof’ev, continuando il percorso di esplorazione della
musica del compositore russo intrapreso in questi anni. Con Chailly
debutta Gautier Capuçon, uno dei più grandi violoncellisti
della sua generazione, impegnato nel Concerto in si min. op. 104 di
Antonín Dvořák. Con Riccardo Chailly e Gautier Capuçon la
Filarmonica si prepara alla prima tournée del 2025, che tra fine
febbraio e inizio marzo tocca le grandi capitali europee della
musica: al Konzerthaus di Vienna (25 febbraio), alla Béla Bártok
National Concert Hall di Budapest (26 febbraio), alle Philharmonie di
Lussemburgo (28 febbraio) e Parigi (1° marzo), a Saragozza (3 marzo)
e all’Auditorio Nacional di Madrid (4 marzo).
A proposito della sinfonia drammatica op. 17 da Roméo et Juliette di Hector Berlioz, Elisabetta Fava scrive sulle note di sala: «Proprio questa capacità di teatralizzare l’orchestra rende possibile al suo Roméo et Juliette, lavoro ibrido per eccellenza, il miracolo di ripercorrere la vicenda di Shakespeare rendendola palpabile attraverso la sola dimensione uditiva. […] da questa selezione emerge con particolare vivezza la straordinaria inventiva timbrica di Berlioz, il carattere avanzato e atipico della sua scrittura orchestrale, che solo nel Novecento poté trovare eredi. Di Beethoven coglie l’indifferenza al “bel” suono; della modernità anticipa la capacità di evocare spazi concreti attraverso il montaggio timbrico e la dislocazione degli strumenti, come farà Mahler. Berlioz stesso nella prefazione esalta il ruolo di queste sezioni puramente strumentali: “e nelle scene celebri del giardino e del cimitero il dialogo fra gli amanti, gli ‘a parte’ di Giulietta e gli slanci appassionati di Romeo non sono cantati, se infine i duetti d’amore e di disperazione sono affidati all’orchestra, [...] è perché la concretezza delle parole cantate” avrebbe necessariamente limitato la sua fantasia; mentre “la lingua strumentale [è] più ricca, più varia, meno condizionata e, per la sua stessa vaghezza, incomparabilmente più potente”».
Il confronto con il Novecento avviene con i Due pezzi per orchestra, che Luigi Dallapiccola scrisse avendo in mente due dei grandi affreschi realizzati da Piero della Francesca per il ciclo sulla Storia della vera Croce ad Arezzo.
A proposito della sinfonia drammatica op. 17 da Roméo et Juliette di Hector Berlioz, Elisabetta Fava scrive sulle note di sala: «Proprio questa capacità di teatralizzare l’orchestra rende possibile al suo Roméo et Juliette, lavoro ibrido per eccellenza, il miracolo di ripercorrere la vicenda di Shakespeare rendendola palpabile attraverso la sola dimensione uditiva. […] da questa selezione emerge con particolare vivezza la straordinaria inventiva timbrica di Berlioz, il carattere avanzato e atipico della sua scrittura orchestrale, che solo nel Novecento poté trovare eredi. Di Beethoven coglie l’indifferenza al “bel” suono; della modernità anticipa la capacità di evocare spazi concreti attraverso il montaggio timbrico e la dislocazione degli strumenti, come farà Mahler. Berlioz stesso nella prefazione esalta il ruolo di queste sezioni puramente strumentali: “e nelle scene celebri del giardino e del cimitero il dialogo fra gli amanti, gli ‘a parte’ di Giulietta e gli slanci appassionati di Romeo non sono cantati, se infine i duetti d’amore e di disperazione sono affidati all’orchestra, [...] è perché la concretezza delle parole cantate” avrebbe necessariamente limitato la sua fantasia; mentre “la lingua strumentale [è] più ricca, più varia, meno condizionata e, per la sua stessa vaghezza, incomparabilmente più potente”».
Il confronto con il Novecento avviene con i Due pezzi per orchestra, che Luigi Dallapiccola scrisse avendo in mente due dei grandi affreschi realizzati da Piero della Francesca per il ciclo sulla Storia della vera Croce ad Arezzo.
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