A dirigere l'Orchestra del Teatro Massimo è il maestro Carlo Montanaro, che vanta una vasta esperienza nel repertorio pucciniano su palcoscenici di primo piano e già direttore musicale dell’Opera di Varsavia mentre a dirigere il Coro e il Coro di voci bianche del Teatro Massimo è il maestro Salvatore Punturo.
Il ritorno de La Bohème nell’allestimento del Teatro Massimo, vanta un cast di grandi voci che si alterneranno nei ruoli principali: Mimì, cuore drammatico e lirico dell’opera, sarà interpretato da Anastasia Bartoli, da Hasmik Torosyan e dalla palermitana Jessica Nuccio, che si alterneranno nelle repliche. Per il ruolo di Musetta si alternano i soprani Hasmik Torosyan, Francesca Benitez e Jessica Nuccio. E due delle artiste, Hasmik Torosyan e Jessica Nuccio, si cimenteranno nell’impegno di interpretare entrambe le complesse figure femminili dell’opera: Mimì e Musetta. Rodolfo è il tenore messicano Arturo Chacón-Cruz e nelle repliche è José Simerilla Romero. Nel ruolo di Marcello i baritoni Giulio Mastrototaro e Francesco Vultaggio; George Andguladze è Colline; Diego Savini e Daniele Muratori Caputo si alternano nel ruolo di Schaunard. Completano il cast Giuseppe Esposito (Benoît/Alcindoro), Francesco Polizzi / Gianmarco Randazzo (Parpignol), Federico Cucinotta (Un doganiere), Antonio Barbagallo (Sergente dei doganieri), Carlo Morgante (Un venditore di prugne).
La bohème, opera in
quattro quadri, debuttò il primo febbraio del 1896, al Teatro
Regio di Torino con la direzione dell'allora giovane ma già
autorevole Arturo Toscanini. L'accoglienza che l’opera ricevette
alla sua prima assoluta fu sorprendentemente fredda e in gran parte
negativa, soprattutto se paragonata all'enorme successo che avrebbe
raggiunto in brevissimo tempo. Nonostante l'accoglienza
iniziale, l'opera iniziò a guadagnare rapidamente popolarità e dopo
le prime repliche a Torino, e in particolare dopo le produzioni a
Palermo e a Roma, il successo divenne travolgente tanto che l’opera
venne considerata nel giro di pochi anni un
capolavoro, entrato stabilmente nel repertorio internazionale, e
tra le opere più eseguite e amate di sempre.
Temi
portanti del dramma sono la fine della giovinezza, la fragilità
della vita e la libertà dell’amore, racchiusi in
una storia semplice ma di grande potenza
emotiva. Rodolfo e Mimì sono uniti da un
amore assoluto quanto fragile vivendo di sogni e speranze giovanili
che si infrangono di fronte alla povertà e alla morte. Il finale è
tra i più toccanti e commoventi della storia del melodramma: dal
gesto di Rodolfo che brucia nella stufa i suoi scritti per
scaldarsi, al sacrificio di Colline che vende il cappotto,
la sua "Vecchia zimarra" (simbolo della fine della
spensieratezza) fino a Mimì, fragile come i fiori
finti da lei creati, che si spegne piena d’amore per Rodolfo,
un amore "grande come il mare".

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