Elektra è l’opera shock di inizio ‘900 e punto di non ritorno di Richard Strauss: la potenza del mito degli Atridi riletta all’epoca di Freud, della scoperta dell’inconscio e della ridefinizione dei conflitti familiari. Una storia al femminile, quella di Elektra, la sorella Crisotemi e la madre Clitennestra, in una notte da incubo in cui la maledizione del sangue genererà altro sangue. Tutto raccontato da un tessuto orchestrale iridescente e incessante che si fa voce di tutte le emozioni. Domenica 16 marzo alle 15.30 l’opera va in scena al Teatro Filarmonico -l’unico precedente nei 50 anni di storia di Fondazione Arena risale al 2003-, in un allestimento tutto nuovo firmato dal giovane regista Yamal das Irmich e con la direzione dell’esperto maestro Michael Balke, alla guida della folta Orchestra areniana, di un cast di eccellenze internazionali come Lise Lindstrom, Anna Maria Chiuri, Soula Parassidis, Thomas Tatzl e molti giovani talenti in una inedita versione orchestrale per la prima volta in Italia. Repliche mercoledì 19 marzo alle 19, venerdì 21 alle 20, domenica 23 alle 15.30.
Il bavarese Richard Strauss (1864-1918), ex enfant prodige e affermato compositore sinfonico, aveva già scandalizzato la società dell’epoca con un torbido ed efficace adattamento di Salome da Oscar Wilde; vide il successo di Elektra, la tragedia di Sofocle riscritta dai versi e dalla sensibilità decadente del letterato Hugo von Hofmannsthal, e decise di rivestirla di musica nuova. La loro prima collaborazione (la prima di sei capolavori, tra cui Il Cavaliere della rosa e La Donna senz’ombra) debuttò a Dresda nel 1909, con uno shock per il pubblico: limite estremo di un certo modo di fare musica e teatro, esempio eccelso di Literaturoper e di espressionismo, che però non abbandona mai il canto e la melodia ma li porta ai limiti dell’umano, per tensione drammatica, organico strumentale, estensione vocale, densità di suono e di Leitmotiv.
Elektra è un’opera potente, che unisce concisione e approfondimento psicologico, con una protagonista in scena per tutta la durata dell’atto unico, al centro di un turbine di emozioni e contrasti: tutto si svolge la notte, molto tempo dopo l’uccisione di Agamennone da parte della moglie Clitennestra. Da allora i tre figli rimasti sono divisi: Oreste è lontano ed è creduto morto, la bella Crisotemi vorrebbe dimenticare e tornare a vivere, mentre Elektra vive in uno stato di lutto e dolore ossessivi, quasi disumani. Nel cortile della reggia di Micene, afflitta dall’orribile assassinio del padre che desidera vendicare, Elektra si scontra con le ancelle e la madre, la quale mantiene il potere col debole Egisto, ostentando una sicurezza che non ha, consumata dal senso di colpa e dagli incubi. Tutto si sbloccherà con la visita di due sconosciuti messaggeri: tra loro, sotto mentite spoglie, Oreste, giunto per vendicare il delitto di Agamennone con altro sangue.
Per questo ruolo titanico serve una protagonista di rango, come soprano e attrice: a Verona sarà Lise Lindstrom (nella foto a destra), specialista del ruolo, già applaudita anche in Arena, come Anna Maria Chiuri che vestirà i panni della tormentata Clitennestra. Crisotemi, voce lirica, è affidata a Soula Parassidis, al debutto veronese come il baritono Thomas Tatzl quale Oreste e il tenore Peter Tantsits quale Egisto. Completano il folto cast giovani artisti emergenti della scena internazionale: Nicolò Donini (Precettore), Anna Cimmarrusti (Confidente), Veronica Marini (Caudataria), Leonardo Cortellazzi e Stefano Rinaldi Miliani (Servi), Raffaela Lintl (Sorvegliante), Lucia Cervoni, Marzia Marzo, Anna Werle, Francesca Maionchi e Manuela Cucuccio (Ancelle). I servi e la corte di Micene sono voci fuori scena, affidate al Coro di Fondazione Arena di Verona diretto da Roberto Gabbiani.
La densissima e lussureggiante
strumentazione è realizzata dall’Orchestra di Fondazione
Arena guidata da Michael Balke (nella foto a sinistra - direttore dell’anno
agli Opus Klassik Awards 2020 e già sul podio veronese
per Salome nel 2018). Per l’occasione, per la prima
volta in Italia, si utilizzerà la nuovissima versione
orchestrale di Richard Dünser (edita in Italia da Ricordi), che
adatta lo smisurato organico straussiano (il quale richiederebbe
un’orchestra di oltre 120 elementi) alle forze e all’acustica
di un teatro d’opera oggi, quale è il Filarmonico, rendendo
giustizia ed equilibrio sonoro alle trasparenze e alle elaborazioni
tematiche originali di Strauss, altrimenti perdute nella semplice
riduzione d’organico.
Per un’opera che ha segnato un’epoca (dopo Elektra, Strauss si sarebbe malinconicamente rivolto alla Vienna aurea del Settecento, rinunciando per sempre agli esiti di violenza sonora qui raggiunti), il nuovo allestimento di Fondazione Arena sottolinea gli sconvolgimenti sociali che hanno contraddistinto l’epoca di scrittura di Elektra, la fine del “vecchio mondo” degli imperi e la fragilità del potere tra le due guerre mondiali. In questo tempo, più sociale che politico, si colloca la reggia di Micene, i suoi delitti e segreti, secondo il giovane regista Yamal das Irmich, che firma la produzione con le scenografie di Alessia Colosso, i costumi di Eleonora Nascimbeni e il disegno luci di Fiammetta Baldiserri.
«Elektra è figlia del suo tempo – dichiara il regista (nella foto a destra) – un tempo di scoperte e inquietudini (tra cui la psicanalisi di Freud, la teorizzazione del complesso di Edipo e della sua declinazione al femminile, di Elettra appunto). Dalle ceneri del vecchio mondo austro-tedesco (e maschile) sarebbe nata di lì a poco la fragile Repubblica di Weimar, cornice ideale di questo spettacolo, in cui si avvertirà una sovversione dei ruoli, una presa di coscienza e una nuova libertà per la donna, che finalmente può votare, tagliarsi i capelli, ballare, diventare imprenditrice. Ed Elektra è una storia di tre donne diverse, in conflitto tra loro e con loro stesse, in un mondo al limite, una realtà instabile in un momento sociale e storico di cruciale passaggio di poteri: Clitennestra si muove in un presente angosciante, non è in grado di fare la pace col passato e, quindi, di aprirsi al futuro, futuro che invece Crisotemi vuole abbracciare mentre Elektra rimane fissa a guardare il passato. Una ricerca continua, perfettamente dipinta dalla musica di Strauss, in perenne movimento».
Per un’opera che ha segnato un’epoca (dopo Elektra, Strauss si sarebbe malinconicamente rivolto alla Vienna aurea del Settecento, rinunciando per sempre agli esiti di violenza sonora qui raggiunti), il nuovo allestimento di Fondazione Arena sottolinea gli sconvolgimenti sociali che hanno contraddistinto l’epoca di scrittura di Elektra, la fine del “vecchio mondo” degli imperi e la fragilità del potere tra le due guerre mondiali. In questo tempo, più sociale che politico, si colloca la reggia di Micene, i suoi delitti e segreti, secondo il giovane regista Yamal das Irmich, che firma la produzione con le scenografie di Alessia Colosso, i costumi di Eleonora Nascimbeni e il disegno luci di Fiammetta Baldiserri.
«Elektra è figlia del suo tempo – dichiara il regista (nella foto a destra) – un tempo di scoperte e inquietudini (tra cui la psicanalisi di Freud, la teorizzazione del complesso di Edipo e della sua declinazione al femminile, di Elettra appunto). Dalle ceneri del vecchio mondo austro-tedesco (e maschile) sarebbe nata di lì a poco la fragile Repubblica di Weimar, cornice ideale di questo spettacolo, in cui si avvertirà una sovversione dei ruoli, una presa di coscienza e una nuova libertà per la donna, che finalmente può votare, tagliarsi i capelli, ballare, diventare imprenditrice. Ed Elektra è una storia di tre donne diverse, in conflitto tra loro e con loro stesse, in un mondo al limite, una realtà instabile in un momento sociale e storico di cruciale passaggio di poteri: Clitennestra si muove in un presente angosciante, non è in grado di fare la pace col passato e, quindi, di aprirsi al futuro, futuro che invece Crisotemi vuole abbracciare mentre Elektra rimane fissa a guardare il passato. Una ricerca continua, perfettamente dipinta dalla musica di Strauss, in perenne movimento».
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