“La Vestale”, celebre tragédie-lyrique di Gaspare Spontini, concentrata in 60 minuti, va in scena al Teatro Moriconi di Jesi dal 16 al 18 marzo per giovani spettatori (e non solo). Lo spettacolo musicale, adatto a tutti, è dedicato ad un pubblico di famiglie nella recita di domenica ore 17, e ad un pubblico – per la prima volta - intergenerazionale nelle recite di lunedì e martedì ore 10 dove saranno presenti bambine e bambini delle scuole primarie e secondarie di I grado e anziani, ospiti delle case di riposo e dei centri diurni.
Grazie alla rielaborazione musicale della partitura spontiniana a cura di Gianluca Piombo, la regia e drammaturgia di Lorenzo Giossi anche protagonista in scena come attore/narratore, l’opera viene proposta in una versione agile, della durata di circa un’ora, dal titolo “C’era una volta… Giulia, la Vestale”, con tre cantanti – il soprano Louise Guenter nel ruolo di Giulia, il tenore Matteo Straffi in Licinio, e il baritono Alexander Ilvakhin nella parte di Cinna e del Sommo Sacerdote – e lo stesso Gianluca Piombo alla direzione. Suona il Time Machine Ensemble, realtà nata nel 2019 dalla volontà di Fondazione Pergolesi Spontini, Casa Musicale Sonzogno e Italian Touch, e composta da giovani solisti con l’obiettivo di realizzare progetti di riscoperta di grandi autori del Novecento o nuovi concept originali di spettacolo dedicati alla musica d’oggi. Lo spettacolo è in coproduzione con il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca.
In “C’era una volta Giulia… la Vestale”, un giovane archeologo trova, durante una campagna di scavo, un prezioso reperto. Un bassorilievo con rappresentato un tempio, una sacerdotessa, un generale romano e un sacro fuoco… le note immortali di Spontini animano il marmo e i personaggi prendono vita iniziando a raccontare e a cantare la loro storia: un grande amore impossibile, il sacro fuoco di Vesta che non doveva spegnersi mai, un destino crudele e l’inaspettato finale…
“Se noi andiamo alla ricerca di ciò che in fondo anima l’opera lirica – racconta il regista Lorenzo Giossi –, ci troviamo davanti a storie di tutti i giorni con amori, amicizie e difficoltà da superare; il tutto condito da una forte dose di avventura. Soprattutto l’avventura e il raggiungimento di una condizione di felicità caratterizzano l’opera a fondo storico. Nel nostro caso siamo catapultati nell’antica Roma con un amore impossibile e un magico fuoco che non si deve spegnere mai all’interno di un tempio! Pensando ai bambini e ai ragazzi ho immaginato un parallelo con i film di avventura, animali fantastici, 007 e al celeberrimo Indiana Jones alle prese con un magico tesoro. La storia di Giulia destinata a essere una sacerdotessa della dea Vesta che deve vegliare il sacro fuoco e che non può concedersi al soldato romano che la ama, genera un’operazione quasi di spionaggio all’interno di questo inquietante santuario fatto di corridoi e formule religiose. I due innamorati sono destinati a stare insieme, ma il sacro fuoco non deve spegnersi o per Giulia è la morte! Solo l’intervento soprannaturale di un fulmine può risolvere le cose. Immaginiamoci quindi di entrare in uno di quei bassorilievi bianchi che vediamo all’interno delle attuali rovine romane e di trovare una striscia che racconti questa avventura: una sorta di Jumanji dell’epoca. A un certo punto i personaggi scolpiti si animano e ci raccontano la loro storia portandoci nel loro mondo. La piccola figura del tempio si ingrandisce, si colora, prende vita e cambia di situazione in situazione: basta aprire uno sportello o toccare un pezzettino di quel marmo che subito siamo catapultati in un’altra stanza…”
(foto di Marzo Pozzi)
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