Un'improvvisa indisposizione impedisce a Fabio Armiliato di andare in scena al Carlo Felice di Genova


Colpito da un’indisposizione, il tenore Fabio Armiliato si trova costretto a rinunciare per l’intera produzione dell’opera Turandot, e lo comunica tramite una sua personale dichiarazione:

“Carissimi amici mi trovo costretto per indisposizione a dover rinunciare alla produzione di Turandot prevista in questo mese di dicembre al Teatro Carlo Felice.
Ci tenevo tantissimo a prendere parte a questa produzione, perché vedrà il debutto della mia compagna Deniela Dessì nel ruolo del titolo e sono dispiaciutissimo di non poter condividere insieme a tutti Voi, in questa circostanza, ancora una volta tutte quelle forti emozioni che mi legano così profondamente al teatro della mia città. Approfitto di questo comunicato per porgere a tutti Voi, i miei più affettuosi auguri di Buon Natale e di un Felice Anno 2013 con l’auspicio di potervi riabbracciare al più presto a partire già dalla prossima stagione teatrale.
Con tutto il mio affetto. Fabio Armiliato.”

Il ruolo del Principe Calaf sarà sostenuto da Mario Malagnini.

venerdì 21 dicembre 2012

Al Valli di Reggio Emilia il BARBIERE DI SIVIGLIA con la dinamica regia di Micheletto



IL BARBIERE DI SIVIGLIA

TEATRO VALLI
Venerdì 18 gennaio 2013, ore 20.00; domenica 20 gennaio 2013, ore 15.30

musica di Gioachino Rossini

Il conte d’Almaviva Enrico Iviglia
Don Bartolo Filippo Polinelli
Rosina Natalia Gavrilan
Figaro Christian Senn
Don Basilio Simom Lim
Berta Na Hyun Yeo
Fiorello/ Un ufficiale Davide Pelissero

Orchestra e Coro dell'Accademia del Teatro alla Scala

direttore Francesco Angelico
maestro del coro Alfonso Caiani
regia e scene Damiano Michieletto
regia ripresa da Eleonora Gravagnola
costumi Carla Teti
disegno luci Alessandro Carletti

Allestimento scenico del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Coproduzione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Comunale di Modena in collaborazione con Accademia del Teatro alla Scala.

La stagione prosegue il 18 e 20 gennaio 2013 con Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, una coproduzione I Teatri di Reggio Emilia e Teatro Comunale di Modena, con Orchestra e Coro dell’Accademia del Teatro alla Scala, direttore il giovanissimo Francesco Angelico.
Nella più celebre delle sue opere buffe, Rossini mette in scena gli ‘assalti’ amorosi escogitati dal Conte di Almaviva e dal suo aiutante tuttofare, il barbiere Figaro, per espugnare la casa del vecchio don Bartolo e sposare la giovane Rosina. Il barbiere di Siviglia si concentra sulla comicità dello scontro fra l’irrefrenabile vitalità dei giovani innamorati e le ridicole velleità dei vecchi tutori. Con questa produzione de Il barbiere di Siviglia, prosegue la proficua collaborazione de I Teatri con l’Accademia del Teatro alla Scala, già avviata con successo lo scorso anno con L’occasione fa il ladro sempre di Rossini: gli interpreti dell’opera, infatti, si sono formati o si stanno formando tutti presso questa prestigiosa Accademia.
"I personaggi sono come esplosi nelle loro caratteristiche fisiche e caricaturali - spiega Michieletto - ecco perciò dei costumi fantastici - firmati da Carla Teti - di pura immaginazione, con marcati riferimenti a tratti animaleschi, quasi da Commedia dell'Arte."
Una regia ricca di fantasia dove gli spazi sono sempre evocati, mai rappresentati. Un palcoscenico dove oggetti normali e semplici diventano l'ingrediente unico della scenografia, trasformandosi e 'animandosi' come i passeggeri del treno...
"L'ouverture inizia con un viaggio, in treno - continua il regista - un viaggio che sembra partire in modo normale, senza nessun imprevisto, ma ad un certo punto il ritmo del treno comincia a crescere, cresce, cresce, prende il volo e tutti i tranquilli passeggeri vengono catapultati involontariamente nell'opera diventando i protagonisti di questa surreale dimensione. Il leit motiv del viaggio costituisce la cornice narrativa entro la quale respira il libretto dell'opera, animato da invenzioni sceniche che sfiorano una dimensione circense e dove tutto quello che avviene è sostenuto da una visione coreografica delle relazioni»."

Marcelo Alvarez è ANDREA CHENIER al Regio di Torino, in scena dal 15 al 30 gennaio



Andrea Chénier, “dramma di ambiente storico” di Umberto Giordano, torna – dopo dieci anni – al Teatro Regio dal 15 al 30 gennaio 2013 con un allestimento del Regio firmato dal regista Lamberto Puggelli. Per l’occasione il maestro Renato Palumbo, acclamato da pubblico e critica per il sicuro segno drammatico che imprime alle sue conduzioni operistiche, tornerà a dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio dopo aver concluso la scorsa Stagione con Un ballo in maschera.
L’allestimento, originariamente pensato per il Carlo Felice di Genova è stato totalmente rivisto e ricostruito dai Laboratori di scenografia del Teatro Regio, tanto che entrerà a far parte degli spettacoli “made in Regio” dedicati al grande repertorio del melodramma avendo un impianto semplice e allo stesso tempo di grande effetto. Un allestimento visivamente accurato e fedele al testo, tradizionale e intelligente, firmato da un maestro del teatro italiano: Lamberto Puggelli. In questa edizione la regia originaria è curata da Salvo Piro, le scene sono di Paolo Bregni, i costumi di Luisa Spinatelli, abituale collaboratrice di Puggelli,  le luci di Bruno Ciulli.
Protagonisti sulla scena del Teatro Regio: Marcelo Álvarez, Alberto Mastromarino e Micaela Carosi.
Nel 1948 Umberto Giordano morì ricco e famoso, ma la sera della prima di Andrea Chénier, il 28 marzo 1896, nessuno avrebbe scommesso sul suo successo. Entrato nel 1890 nella schiera di musicisti dell’editore Sonzogno, si era lasciato contagiare dalla febbre verista debuttando a Roma con Mala vita: l’opera ottenne molti e vivi consensi ma la sua seconda prova, Regina Diaz, fu un fiasco. L’editore allora decise di concedere al musicista un’ultima opportunità prima di revocargli la mensilità: se Andrea Chénier fosse caduta, Giordano avrebbe cambiato mestiere. In ansia per il suo futuro, il musicista iniziò a lavorare all’opera sul poeta francese André Chénier, di cui nel 1894 cadeva il centenario della morte. Il suo librettista, l’ormai affermato Luigi Illica, gli preparò un testo molto ben documentato, come dichiarò lo stesso poeta: «Quello dello Chénier è lavoro lungo per le ricerche storiche». Il libretto risultò lunghissimo perché ricco di dettagli concernenti la moda e la cultura francese del periodo rivoluzionario: il compositore dunque dovette provvedere al suo snellimento per rendere l’azione più agile. Giordano colse gli spunti offerti dal testo per inserire effetti sonori tesi a creare uno sfondo storicamente attendibile alla vicenda amorosa dei protagonisti: canti rivoluzionari come il Ça ira!, la Carmagnola e la Marsigliese risuonano in sottofondo per collegare le diverse scene e per mettere in prospettiva l’azione principale. Il segreto del successo è nella capacità di Giordano di tenere avvinto l’ascoltatore attraverso una tensione continua: a questo scopo, il canto non procede linearmente ma a ondate melodiche di grande intensità che creano un forte effetto drammatico. Anche l’orchestra ha un ruolo importantissimo perché amplifica i gesti dei personaggi e l’azione scenica e provvede a creare un senso di continuità tra gli episodi.
L’opera è articolata in quattro quadri: il primo è una sorta di prologo che presenta le situazioni, sia di natura storica, sia sentimentali, che faranno scatenare la tragedia. Il primo quadro è ambientato nel 1789, durante la Rivoluzione francese, presso il castello dei conti di Coigny. Qui il valletto Gérard sovrintende di malavoglia ai preparativi di una festa poiché la condizione di servo gli risulta ormai insostenibile; la sua amarezza scompare alla vista della figlia della contessa, Maddalena, di cui è innamorato. Presto arrivano gli ospiti: tra gli invitati c’è Andrea Chénier, poeta libero e rivoluzionario. Stuzzicato da Maddalena, Chénier recita una lode alla patria che commuove profondamente la ragazza. Gérard, ispirato dal poeta, fa irrompere nella festa una folla di emarginati e poi getta la livrea.
Gli altri quadri si svolgono nel 1794, durante il Terrore, a Parigi, dove si aggirano le spie di Robespierre. Una di queste insegue il controrivoluzionario Chénier per consegnarlo alla giustizia e parallelamente cerca Maddalena per portarla da Gérard, diventato un esponente della rivoluzione. Chénier dovrebbe fuggire, ma lo trattiene il desiderio di conoscere la donna misteriosa che gli scrive lettere disperate. Una notte la donna si svela: è Maddalena, da tempo innamorata del poeta e perseguitata perché nobile. Il loro incontro è interrotto dall’arrivo di Gérard, che costringe gli amanti alla fuga. Successivamente Chénier è catturato e Gérard scrive una pesante accusa per condurre alla ghigliottina il suo rivale in amore. Maddalena si presenta a Gérard e offre il suo corpo pur di salvare il poeta; l’uomo, commosso, vorrebbe aiutarla ma ormai è troppo tardi: Chénier è condannato a morte e ogni trattativa è vana. Nel finale, Maddalena e Chénier, grazie all’aiuto di Gérard, si rivedono e affrontano insieme la morte.
Nel presente allestimento, vestirà i panni del poeta Chénier Marcelo Álvarez, l’acclamato tenore argentino che è stato più volte applaudito in questo ruolo per l’intensità con cui lo interpreta. L’antagonista, Gérard, sarà il baritono Alberto Mastromarino, cantante specializzato, oltre che nel repertorio verdiano, anche in quello verista, contribuendo alla riscoperta di opere poco rappresentate. La bella Maddalena è interpretata da Micaela Carosi che in questo ruolo ha debuttato all’Opéra Bastille destando l’entusiasmo di pubblico e critica. Completano il cast: Giovanna Lanza (Bersi), Anna Malavasi (La contessa), Chiara Fracasso (Madelon), Gabriele Sagona (Roucher), Federico Longhi (Mathieu) Gianluca Floris (Incredibile), Matteo Peirone (Fléville), Scott Johnson (Fouquier Tinville), Luca Casalin (L’abate, poeta), Fabrizio Beggi (Schmidt), Franco Rizzo e Marco Tognozzi (Dumas), Gheorghe Valentin Nistor e Vladimir Jurlin (Il maestro di casa).
Maestro del Coro è Claudio Fenoglio.
Nel corso delle nove recite si alterneranno nei ruoli dei protagonisti: Gustavo Porta (Andrea Chénier), Silvio Zanon (Gérard) e Chiara Taigi (Maddalena).
Andrea Chénier sarà presentata al pubblico da Giovanni Gavazzeni nell’Incontro con l’Opera che si terrà al Piccolo Regio Puccini mercoledì Gennaio alle ore 17.30.
Si segnala, inoltre, mercoledì 23 gennaio alle ore 15.30 nella Sala Caminetto del Teatro Regio la conferenza dal titolo Andrea Chénier e la rivoluzione francese. Realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino (Dipartimento Studi Politici), la conferenza prevede gli interventi: Chénier poeta neoclassico di Lionello Sozzi, Chénier tra storia e creazione artistica di Mario Tesini, Il teatro della Rivoluzione di Chiara Bongiovanni, La giustizia della Rivoluzione di Pier Paolo Portinaro, inoltre letture dall’opera poetica di André Chénier.
La diretta radiofonica su Rai-Radio3 avrà luogo mercoledì 23 gennaio alle ore 20.
Biglietteria del Teatro Regio, piazza Castello 215 - Tel. 011.8815.241/242 - e-mail: biglietteria@teatroregio.torino.it. Info - Tel. 011.8815.557 e www.teatroregio.torino.it.

Un NABUCCO intimo firmato da Stefano Poda al Teatro Verdi di Padova il 23 e il 27 dicembre



A pochi giorni dall'inizio dei festeggiamenti per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, la Stagione lirica di Padova mette in scena Nabucco, nuovo progetto Li.Ve., organizzato in collaborazione con la Regione del Veneto e le amministrazioni comunali di Bassano del Grappa e Rovigo e, per la prima volta, con la Fondazione Teatro G. Verdi di Trieste. Due le recite in programma al Teatro Verdi di Padova: domenica 23 dicembre, ore 18.00, e giovedì 27 dicembre, ore 20.45. La Stagione Lirica di Padova è promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e realizzata con il sostegno della Regione Veneto e della Fondazione Antonveneta. 
Opera manifesto del nostro Risorgimento, capace di tradurre in musica lo spirito nazionale nel senso più nobile del termine, "Nabucco" definisce un modo nuovo di intendere il teatro lirico italiano, più attento alle espressioni individuali, ai grandi quadri e alla storia del passato come strumento per indagare e comprendere meglio le proprie origini. Verdi impone così un modello culturale capace di forgiare generazioni di musicisti e di cittadini. é questa la grandezza di una partitura che mostra ancora ai nostri giorni un'incredibile attualità.
Nabucco sarà presentato in un nuovo allestimento firmato da Stefano Poda, regista che ha all'attivo più di settanta spettacoli, caratterizzati da uno stile inconfondibile, peculiare, visionario, fortemente ancorato al contemporaneo. A Poda, ormai di casa al Teatro Verdi, saranno affidati, oltre alla regia, scene, costumi, luci e coreografia. Antonello Allemandi, tra i più attivi direttori italiani in campo internazionale, guiderà Orchestra e coro della Fondazione Teatro G. Verdi di Trieste. Maestro del coro sarà Paolo Vero. 
Nabucodonosor, opera in quattro parti su libretto di Temistocle Solera, liberamente tratto dall'omonimo dramma di Anicet-Bourgeois e Francis Cornue, debuttò il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala di Milano, nonostante una "travagliata gestazione". All'inizio, infatti, venne respinto da un Giuseppe Verdi in uno dei periodi peggiori della sua vita, sul punto di abbandonare la musica per la perdita dei due figli e della moglie Margherita, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro. 
L'opera sarà interpretata da un cast internazionale. Nabucco sarà interpretato dal celebre baritono messicano Carlos Almaguer, apprezzato per il timbro intenso, già ospite dei più importanti teatri del mondo, dal Covent Garden di Londra, al Metropolitan di New York, alla Staatsoper di Vienna. La schiava Abigaille sarà il soprano rumeno Sorina Monteanu, conosciuta per il suo modo versatile di cantare, dal 2006 membro dell'Opera Nazionale Rumena di Bucharest. Zaccaria sarà il basso Askar Abdrazakov, mentre Fenena sarà il mezzosoprano bresciano Romina Tommasoni, vincitrice nel 2012 del Concorso lirico internazionale Corradetti. Il giovane tenore albanese Armaldo Kllogjeri sarà Ismaele. Completano il cast Christian Faravelli nel ruolo del Gran sacerdote di Belo, Massimiliano Chiarolla come Abdallo, e Silvia Celadin nel ruolo di Anna.



Ritorna TURANDOT al Teatro Carlo Felice



Domenica 23 dicembre 2012 alle ore 18.00, con replica giovedì 27 alle ore 20.30 e domenica 30 alle ore 15.30, al Teatro Carlo Felice ritorna “Turandot”, l’estremo capolavoro pucciniano. L’allestimento è quello classico, applauditissimo, del Teatro Carlo Felice, con la regia di Giuliano Montaldo, ripresa da Fausto Cosentino, e le scene di Luciano Ricceri, i costumi di Elisabetta Montaldo Bocciardo, le luci di Luciano Novelli, le coreografie di Giovanni Di Cicco. Sul podio, Donato Renzetti, direttore di fama internazionale, che dirigerà l’opera, lasciata incompiuta da Puccini, con il tradizionale completamento di Franco Alfano. 

Il libretto racconta una fiaba “cinese”, ambientata a Pechino, che i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni trassero dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi (1762). La protagonista, Turandot, è un’algida principessa che dispensa morte per due terzi dell’opera. Sciolta solo, nel suo gelo sentimentale, dal Principe Ignoto Calaf, l’unico che, novello Edipo, è in grado di risolvere gli enigmi da lei proposti. Tra personaggi di grande rilievo drammaturgico, come quelli dei due protagonisti, e altri più leggeri, come le macchiette quasi fumettistiche dei tre ministri dell’imperatore, Ping, Pang e Pong, uno spazio a sé si conquista la figura di Liù, la dolce schiava che sacrifica la vita per il bene dell’amato principe Calaf. L’opera, che ha sempre esercitato su tutti, amanti e non di Puccini, un fascino quasi stregonesco, per via delle sue inesauribili invenzioni musicali e orchestrali, andò in scena per la prima volta alla Scala il 25 aprile 1926. Sul podio, Toscanini, che fermò l’esecuzione dopo la scena del sacrificio di Liù; laddove Puccini, cioè, aveva interrotto la composizione per l’aggravarsi della malattia che lo avrebbe portato alla morte di lì a poco. 

Questa produzione vedrà il debutto di Daniela Dessì nel ruolo della “Principessa di ghiaccio”, affiancata dal marito, Fabio Armiliato, nel ruolo del  Principe Calaf.  Roberta Canzian sarà Liù. Completano il cast Ramaz Chikviladze (Timur), Francesco Verna (Ping), Enrico Salsi (Pang), Manuel Pierattelli (Pong), Massimo La Guardia (L’Imperatore Altoum), Fabrizio Beggi (Un Mandarino).

Al termine della prima recita, in scena per l’occasione alle ore 18.00, gli abbonati del turno A e tutti coloro che hanno acquistato il biglietto per assistere allo spettacolo potranno partecipare all’esclusiva Cena di Gala organizzata nella Sala Paganini, vestita a festa per l'occasione, dove gli ospiti saranno accolti in un ambiente raffinato e professionale per festeggiare insieme agli artisti e scambiarsi gli Auguri di Natale nell’atmosfera magica del Teatro, degustando i piatti tipici della cucina ligure e i pregiati vini della nostra regione.

Gli spettatori interessati a partecipare alla Cena di Gala, al costo di euro 65,00, potranno rivolgersi alla biglietteria del Teatro Carlo Felice  dal martedì al venerdì dalle ore 11 alle ore 18 e il sabato dalle ore 11 (per informazioni telefonare al numero 010.53.81.334).

mercoledì 19 dicembre 2012

LA BELLA ADDORMENTATA della Compagnia dell'Opera di Kiev chiude la stagione 2012 del Teatro Verdi di Trieste


Il tutto esaurito registrato dalle sei recite del "Barbiere di Siviglia", andato in scena al "Verdi" di Trieste con una presenza complessiva di pubblico che ha raggiunto le 8000 unità, conferma che quest’opera di Rossini, considerata la quintessenza dell’opera buffa, è e resta ancora ai nostri giorni uno dei capolavori tra i più amati del repertorio lirico italiano. I due cast che si sono alternati sul palcoscenico del Teatro Verdi hanno riscosso applausi entusiastici come da tempo non accadeva, e lo sottolinea anche la critica giornalistica. Lo spettacolo, che è stato coprodotto con la  Fondazione dell’Opera di Roma è pronto a trasferirsi per l’ultima recita, l’11 dicembre al Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone.
Non ancora terminata l’eco di questo grande successo, il "Verdi" di Trieste si accinge ad ospitare, in perfetto clima natalizio tradizionalmente dedicato all’appuntamento con la danza classica, uno dei più prestigiosi spettacoli del repertorio della Compagnia dell’Opera di Kiev: "La bella addormentata" balletto in tre atti su coreografia di Marius Petipa,  arricchita con frammenti coreografici di F. Lopukhov e Y. Grigorovic, su musica di Caikovskij.
Considerato l’apogeo del balletto classico, lo spettacolo debutta il 14dicembre e si replica il 15 ( doppia rappresentazione ), 16, 18, 19dicembre.
Per questo balletto, il grande coreografo francese Petipa non si limitò a redigere la trama e a comporre le coreografie, ma intervenne con numerose richieste e indicazioni anche sulla musica del compositore russo che fece scorrere con grande fervore la sua vena melodica secondo le esigenze espresse da Petipa. Fu un connubio artistico tra i più fertili il cui frutto fu una grande "musica per balletto" che da un lato contribuì, al pari della coreografia, al perdurante successo della versione originale del balletto, e dall’altro, garantì l’identità del soggetto in tutte le altre versioni a venire. Lo spettacolo, che si avvale delle scene e costumi di Maria Levitzkaia, è presentato dal Balletto dell’Opera di Kiev, anche in questa edizione, nella più rigorosa tradizione russo-sovietica, in una versione cioè fedele all’originale una delle più prestigiose e antiche compagnie di danza russe.
E’ noto che questo Balletto può dar luogo a diverse letture metaforiche: il parallelismo tra la corte di re Florestano e la corte dello zar Alessandro III; la vicenda di Aurora, in cui si alternano le due prime ballerineKaterina Hanjukova (14.12, 15.12 – h 20-30, 18.12) e Katerina Kuhar (15.12 – h15-00, 16.12, 19.12) come metafora della natura che muore e rinasce, nel ciclo delle stagioni e nel ciclo del giorno, addormentandosi durante l’inverno e durante la notte e risvegliandosi a primavera, con l’aurora; la femminilità, rappresentata nei tre momenti della nascita, dell’adolescenza e l’età adulta; e infine la metafora della lotta del Bene, personificato nella Fata dei Lillà, contro il Male, personificato nella maga CarabosseMa al di là delle diverse letture connaturate al genere della fiaba, "La Bella addormentata" è e resta, in primo luogo la storia di una principessa, un soggetto così appropriato al linguaggio aulico e nobile della danza accademica. Infatti, in questo che è considerato il balletto classico per eccellenza ("il balletto dei balletti", come amava ripetere Nureyev), la protagonista, la principessa Aurora, è il perno narrativo e coreografico che convoglia su di sé ogni azione, conformemente alla "filosofia" di tutto il balletto ottocentesco dalla Silfide (1832) al Lago dei cigni(1895), che vuole la prima ballerina protagonista della parte più nobile e più complessa, sempre al centro della scena e dell’attenzione del pubblico.

La Bella Addormentata è considerato ancora oggi uno dei più prestigiosi balletti del repertorio dellaCompagnia del Teatro dell’Opera di Kiev il cui team creativo si ampliò nel Novecento, in particolare negli anni successivi alla guerra e da allora, il suo Corpo di Ballo divenne una delle più grandi Compagnie europee di danza. Dal 1950 si presentò sulla scena internazionale in tournée in Europa, America e Asia, riscuotendo sempre un grande successo.  Oggi il Balletto dell’Opera di Kiev è diretto da Denys Matvienko,  fino a poco tempo fa uno dei maggiori solisti della Compagnia.
Lo spettacolo, con cui si chiude la Stagione 2012 del "Verdi", si avvale della presenza dell’Orchestra del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste diretta dal M° Mykola Diadiura, direttore musicale del Balletto dellOpera di Kiev.

martedì 18 dicembre 2012

Un TROVATORE notturno e malinconico al Teatro Comunale di Bologna chiude la stagione 2012




IL TROVATORE
Dramma in quattro parti. Libretto di Salvatore Cammarano. Dal dramma El Trovador di Antonio García-Gutiérrez
Musica di Giuseppe Verdi

Interpreti

Il conte di Luna
Roberto Frontali (18,23,27,29)
Luca Salsi (20,22,30)
Leonora
Maria José Siri(18,23,27,29)
Anna Pirozzi
(20,22,30)
Azucena
Andrea Ulbrich(18,23,27,29)
Anna Malavasi(20,22,30)
Manrico
Roberto Aronica(18,23,27,29)
Ji Myung Hoon (20,22,30)
Ferrando
Luca Tittoto
Ines
Elena Borin
Ruiz
Cristiano Cremonini
Un vecchio zingaro
Michele Castagnaro
Un messo
Enrico Picinni Leopardi
Direttore
Renato Palumbo
Regia
Paul Curran
Regia ripresa da
Oscar Cecchi
Scene e costumi
Kevin Knight
Luci
Bruno Poet
Luci riprese da
Andrea Oliva
Maestro del Coro
Lorenzo Fratini

Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Allestimento Teatro Comunale di Bologna
in coproduzione con Teatro delle Muse di Ancona e Circulo Portuense de Opera di Porto
Ultima produzione della stagione 2012, il dramma in quattro atti e otto quadri che oscurò in men che non si dica la fama di quello in prosa di Gutierrez, è un misto di passioni come l’amore, la gelosia, la vendetta e l’odio: Manrico e il Conte di Luna, innamorati della stessa donna – Leonora – si fronteggiano fino alla morte come nemici, senza sapere di essere fratelli. Custode del segreto è la zingara Azucena che per vendicare il torto subito in giovinezza lascia che si compia un fratricidio. L’azione si svolge nella cornice di una Spagna medievale e notturna.

CENERENTOLA di Prokofiev per un Natale al Massimo.



In prossimità delle festività natalizie, sul palcoscenico del Teatro Massimo, torna come sempre la danza con un titolo fra i più noti e legati al mondo delle favole e dell’infanzia: venerdì 20 dicembre debutterà infatti “Cenerentola” di Sergej Prokof'ev in una versione coreografica firmata dal Luciano Cannito per il Corpo di ballo del Teatro Massimo.
La prima assoluta del balletto “Cenerentola” di Sergej Prokof'ev ebbe luogo il 21 novembre 1945 al Teatro Bolshoi di Mosca, coreografia di Rostislav Zakharov, libretto di Nicolai Volkov. Interessante la motivazione trascritta dal grande compositore russo: «Intendo comporre un balletto con variazioni, adagi, pas de deux etc. Cenerentola non la vedo soltanto come personaggio fiabesco, è anche una persona reale, di sentimenti profondi, in carne e ossa, che vive in mezzo a noi. L'essenziale che voglio esprimere con la musica è il poetico amore tra Cenerentola e il Principe: il nascere e il fiorire dei sentimenti, gli ostacoli al loro sogno e la sua successiva realizzazione». In questa ottica Prokof'ev comincia la composizione nel 1940 e, a causa della guerra, riesce a orchestrarla solo nel 1944. Dal debutto a oggi si sono susseguite numerose versioni nelle quali ciascun coreografo ha messo in luce diversi aspetti della favola, fra le più antiche della tradizione prima orale, poi trascritta da celebri narratori come Perrault, i fratelli Grimm, Gozzi e Tieck.

“I grandi balletti, anzi, i grandi titoli di balletto, affascinano e stimolano l’immaginazione, ci riportano a mondi fatti di magia, di sogno, di fantasia” – sottolinea Luciano Cannito. “La mia “Cenerentola” è Cenerentola. Intendo dire la favola di una ragazza, angustiata da due antipaticissime sorellastre e da un’insopportabile matrigna, che sogna il suo Principe azzurro e che per la sua bontà, dedizione e umiltà, alla fine questo principe riesce ad incontrarlo davvero e addirittura a sposarlo, aiutata naturalmente da tutti gli eventi positivi e da tutte le fatine buone del mondo, che ripagano sempre chi soffre e fa del bene. Stilisticamente questa “Cenerentola” è uno dei balletti più “classici” che io abbia mai realizzato e non è stato un caso. Il linguaggio classico-accademico è qui infatti utilizzato come citazione di se stesso. Come del resto fa la partitura di Prokoviev, all’apparenza classica e narrativa, ma in realtà satura di sonorità moderne, novecentesche. Un pizzico di follia, comicità e divertimento espresso da molti personaggi, probabilmente rende vicina questa mia versione di “Cenerentola” più alla famosissima Cinderella di Frederick Ashton, che alle tante versioni realizzate negli ultimi 25 anni”.

Due le coppie di protagonisti, la prima formata da Ana Sophia Scheller e Jean Sebastien Colau; la seconda da Soimita Lupu e Amilcar Moret Gonzalez.
Ana Sophia Scheller è argentina e ha cominciato lo studio della danza al Teatro Colon di Buenos Aires. Quindi è entrata nella scuola e nel 2004 nella compagnia del New York City Ballet di cui è “principal dancer” dal maggio 2012. Francese, Jean Sebastien Colau ha studiato invece presso la Scuola dell’Opéra di Parigi, è poi entrato a far parte del corpo di ballo, quindi è stato etoile del Leipzig Ballet e dell’Opéra de Nice.
In alcune repliche il ruolo di Cenerentola sarà affidato invece a Soimita Lupu che fa parte del Corpo di Ballo del Teatro Massimo; al suo fianco, nel ruolo del Principe, Amilcar Moret Gonzalez noto ballerino che ha affiancato alla carriera teatrale anche quella televisiva,.
Il Corpo di Ballo sarà quello del Teatro Massimo come l'Orchestra diretta per l’occasione da Roberto Tolomelli; le scene sono di Maurizio Varamo, i costumi di Roberta Guidi di Bagno, le luci di Claudio Schmid.
giovedì 20 dicembre, ore 20.30 Turno Prime
venerdì 21 dicembre, ore 16 Turno S2
venerdì 21 dicembre, ore 21.30 Turno C
sabato 22 dicembre, ore 16 Turno B
sabato 22 dicembre, ore 21.30 Turno F
domenica 23 dicembre, ore 17.30 Turno D

Ispirazioni zingaresche nel Lied romantico

Martedì 18 dicembre, alle 20:30 presso la sala Alda Merini dello Spazio Oberdan di via Vittorio Veneto 2, a Milano, Ispirazioni zingaresche nel Lied romantico, Lieder di Liszt, Ciaikovskij, Dvorak e Brahms ispirati alla cultura popolare zingaresca eseguiti dai soprano Anna Laura Longo e Lucia Mazzaria, con Alessandro Pierfederici al pianoforte. Il concerto è promosso dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano in collaborazione con l’Associazione Culturale Musicaemozioni.

La tradizione popolare zingaresca affonda le sue radici nella storia e nella cultura dell’Ungheria che, nel suo vasto territorio, sino al 1919 comprendeva, oltre all’etnia magiara, anche influssi di altri popoli tra cui I Rom (o zingari), il cui patrimonio di musica e folklore è confluito, durante il Romanticismo, nella musica colta occidentale. Si rivalutano così un insieme di radici autentiche e fiabesche dell’Est Europa, ricchissime e molto suggestive. Ne riprendono lo spirit l’ungherese Liszt, il ceco Dvorak, iil tedesco (ma viennese d’adozione) Brahms, pur nel solco della tradizione classica, con melodie, ritmi e colori vivaci, creando piccoli capolavori di una cultura legata al mondo della natura, del soprannaturale e divinatorio, in una consonanza di grande energia espressiva.

F. Liszt “Die Drei Zingeuner”, Soprano Anna Laura LongoP.I. Ciaikovski “Lied der Zigeuner” (canto della zingarella, op. 60 n. 7) Soprano Anna Laura LongoR. Schumann “Zigeunerliedchen” (Piccolo canto zigano, op.79 n. 7- n.8) Soprano Lucia MazzariaJ. Brahms “Acth Zigeunerlieder” (Otto canti zingareschi- aus op. 103 bearbeitet) Soprano Anna Laura LongoA. Dvorak “Zigeunermelodien” (Canzoni gitane, op. 55) Soprano Lucia MazzariaAl pianoforte Alessandro Pierfederici

Anna Laura Longo
, nata a Milano, figlia d’arte, si diploma in canto presso il Conservatorio della città. Debutta negli anni novanta in Gala lirici nella Sala Grande del Conservatorio G. Verdi con l’Orchestra Sinfonica di Milano. Esordisce al Festival di Valle d’Itria, in Romeo et Juliette di C. Gounod.
Classificata come soprano pucciniano nei concorsi nazionali vinti, inizia ad esibirsi nelle più famose istituzioni liriche italiane ed estere, sempre in ruoli principali, spaziando dal settecento al verismo. Tra le opere maggiormente eseguite: ”Boheme”, “Turandot”, ”La Rondine”, “Così fan tutte”, “Nozze di Figaro” e “Don Giovanni”. È anche sensibile interprete del repertorio barocco e sacro. Ha affrontato diversi ruoli, come protagonista, del repertorio contemporaneo, alcuni dei quali rappresentati di recente in prima mondiale.

Lucia Mazzaria, cantante triestina, debutta giovanissima al Teatro La Fenice di Venezia con il ruolo di Mimì ne “La Boheme”. Intraprende quindi una carriera internazionale che la vede su tutti i palcoscenici più importanti del mondo, dal Teatro alla Scala di Milano, alla Staatsoper di Vienna, al Metropolitan di New York. Le opere maggiormente interpretate: “Boheme”, “Turandot” (anche nel ruolo titolo), “Simon Boccanegra”, “Otello”, “Messa di requiem” di G. Verdi ecc. Il suo excursus vocale le ha permesso negli anni di affrontare un vastissimo repertorio dal Settecento mozartino al verismo più spinto, nonché Wagner e Hindemith. Appassionatasi di Liederistica tedesca tiene abitualmente numerosi concerti in Italia e all’estero.

Alessandro Pierfederici, musicista e scrittore, diplomato in Pianoforte e Composizione nei Conservatori italiani e in Direzione d’orchestra a Vienna, svolge attività internazionale di docente di corsi e Master Class, pianista accompagnatore di cantanti lirici e direttore d’orchestra. Si è esibito in Francia (Parigi, Salle Pleyel), Irlanda (Dublino, National Concert Hall), Isole Canarie, Grecia, Stai Uniti e Giappone nonché in molte città d’Italia, ed ha lavorato presso numerosi teatri lirici, festival, concorsi e corsi di perfezionamento nazionali ed internazionali. Nel 2011 ha pubblicato il suo primo romanzo “Ritorno al tempo che non fu”.

sabato 15 dicembre 2012

La Bohème ritrovata





E' datato 19 giugno 1893 l'autografo di Giacomo Puccini rinvenuto a Lucca, che riscrive la storia di uno dei successi più grandi del compositore lucchese, ancora oggi tra i più eseguiti nel mondo: La Bohème. Il foglio, scritto sul fronte e sul retro, presenta gli schizzi del maestro per il I atto dell'opera e alcuni che verranno invece utilizzati nel III quadro, in cui si parla della malattia mortale di Mimì. Schizzi in cui, a fianco di brani che verranno poi scartati, si trovano già tantissime idee di quella che diventerà la Bohème che conosciamo oggi e che datano la prima stesura dell'opera un anno prima di quanto si era pensato sino ad ora. L'autografo verrà dato in comodato gratuito per 10 anni alla Fondazione Giacomo Puccini e sarà esposto nella Casa natale del Maestro, finalmente riaperta al pubblico nel settembre 2011 dopo essere stata acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e affidata in gestione alla stessa Fondazione Puccini, sotto la direzione di Gabriella Biagi Ravenni. Il manoscritto verrà presentato al pubblico sabato 15 dicembre al Teatro del Giglio di Lucca. All'incontro, alle ore 17.30, parteciperanno Virgilio Bernardoni, presidente dell'edizione nazionale delle opere di Giacomo Puccini e Dieter Schickling, autore di Giacomo Puccini. Catalogue of the Works, entrambi membri del Comitato scientifico della Fondazione Puccini, Bruno Bartoletti, direttore d'orchestra, e Nicola Luisotti, direttore musicale dell'Opera di San Francisco e del Teatro San Carlo di Napoli, entrambi membri dell'Albo d'oro del Museo Casa natale.
La storia del documento è lunga e nota solo in parte. Di sicuro sappiamo che Puccini aveva l'abitudine di donare i suoi autografi. Almeno dall'inizio del Novecento, sapeva anche che si trattava di doni preziosi economicamente, e li dava in occasioni che gli stavano particolarmente a cuore. Nel 1905, per esempio, in Argentina si prestò a firmare tantissimi autografi, proprio come i divi di oggi, perché fossero messi all'asta per beneficienza. Il documento ritrovato adesso, invece, fu donato a qualcuno, tanti anni dopo la sua stesura, con un biglietto di ringraziamenti firmato da Puccini, che è rimasto attaccato all'autografo per anni con una graffetta che ha lasciato su entrambi - lo spartito e il biglietto - un segno di ruggine. Finché, di recente, i due documenti sono stati separati ed oggi appartengono a due collezionisti diversi. L'autografo è di proprietà di Antonio Giuseppe Naccarato, professore di Anatomia Patologica presso il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia all'Università di Pisa, da sempre grande cultore di tutto quanto è storico, mentre il biglietto è stato donato da Naccarato all'amico Angelo Rinaldi, direttore territoriale del Monte dei Paschi per la Provincia di Lucca. Adesso, dopo tanti anni, il foglio e il biglietto torneranno insieme, in mostra da gennaio 2013 presso la Casa natale di Puccini, a Lucca.
"Della Bohème, sino ad oggi – spiega Gabriella Biagi Ravenni - si conoscevano pochissimi abbozzi. Del I atto c'è un altro documento - una bozza del libretto oggi conservato al museo Illica di Castell'Arquato - su cui Puccini aveva tracciato qualche idea, ma sicuramente è posteriore al testo ritrovato. Così come due schizzi del IV quadro, datati con sicurezza 1895. Sappiamo inoltre che in quello stesso periodo, Puccini, portava avanti in contemporanea un altro progetto La lupa di Giovanni Verga, che poi abbandonò nell'estate del 1894, dopo un viaggio in Sicilia. E per questo si era sempre creduto che solo allora si fosse messo a comporre la Bohème. L'autografo offerto al Museo, invece, anticipa tutto di un anno. Nel giugno del 1893, dopo aver ricevuto da sole due settimane, da Illica e Giacosa, la stesura del primo atto dell'opera, Puccini si era messo a scrivere subito per fissare le idee che gli venivano. E non solo aveva già in mente la melodia, ma anche l'armonia e, in certi casi, addirittura la strumentazione".
Nonostante la Manon Lescaut, rappresentata per la prima volta nel febbraio del 1893 al Teatro Regio di Torino, gli avesse portato un discreto successo, Puccini continuava a sentirsi profondamente bohémienne. Dunque i personaggi che andava a rappresentare gli piacevano particolarmente. Il primo atto si apre alla vigilia di Natale, quando il pittore Marcello, che sta dipingendo il Mar Rosso, e il poeta Rodolfo cercano di scaldarsi con la fiamma di una caminetto che mantengono acceso bruciando le proprie sedie e, addirittura, il poema scritto da Rodolfo.
"I temi bohémien – suggerisce la Biagi Ravenni - ci sono già tutti: sul fronte del foglio, sotto ad una sequenza di note, si legge 'leitmotif di Rodolfo. Oppure di Mimì. Buono ma credo vecchio'. Ed è interessante che quel brano, nella partitura definitiva, non l'abbia utilizzato. La prima intuizione, insomma, era stata quella giusta".
I brani passati nell'opera e quelli abbandonati vanno ancora studiati ed è quindi presto per trarne valutazioni definitive. Nella presentazione di sabato 15 dicembre, Bernardoni e Schickling faranno una prima descrizione del manoscritto, mettendolo a confronto con gli altri pochi abbozzi conosciuti sino ad oggi e alla partitura definitiva. Analisi che verrà proposta leggendo gli schizzi al pianoforte.
Un buon esempio è l'ultimo schizzo, tempo di valzer. Sicuramente Puccini pensò a usare un tempo di danza nel primo quadro (sia per i bohémiens, sia per l'accenno a Benoît che va al Mabille), ma poi non lo userà. Ci sarà poi un valzer nel II quadro. E l'abbozzo Tempo di valse sembra la base del brano del III quadro dove si parla della malattia mortale di Mimì. Il valzer (simbolo sonoro massimo dell'età borghese) con Bohème entra nell'immaginario pucciniano come fatto compositivo di prima importanza. Questa è una delle grandi novità della Bohème ritrovata.
Luisotti e Bartoletti, invece, un direttore emergente ed uno emerito, racconteranno se, e quanto, gli studi filologici siano utili anche agli interpreti. Da gennaio 2013, poi, l'autografo e il biglietto saranno in mostra presso la casa natale del compositore.

La Bohème ritrovata
Un autografo inedito che riscrive la storia dell'opera di Giacomo Puccini
Casa natale di Giacomo Puccini
Corte San Lorenzo 9, 55100 Lucca
Tel. +39 0583 584028
da novembre a marzo, ore 11-17
da aprile a ottobre ore 10-18
chiuso il martedì, eccetto i festivi, e il 25 dicembre
Ingresso 7 euro, ridotto 5